sabato 19 aprile 2014

Più che ai gufi Renzi pensi alle bufale — Giulio Marcon, Il manifesto

Spese militari. Altro che tagli! Il programma degli F35 rivisto solo dell'1,1% (un aereo). Rischi sulle detrazioni per il coniuge a carico, la super Tasi, i colpi agli enti locali (1,4 miliardi) e il blocco dei contratti pubblici fino al 2020
Nei giorni scorsi sui gior­nali si è dif­fusa la leg­genda metro­po­li­tana della ridu­zione di 6 miliardi del pro­gramma sugli F35 per finan­ziare il taglio dell’Irpef. Si par­lava addi­rit­tura di un dimez­za­mento del numero degli aerei da acqui­stare e costruire. Quello che pre­vede Renzi — in uno dei 10 tweet, l’unico dei dieci non com­men­tato e pre­sen­tato sbri­ga­ti­va­mente — è una pic­cola “revi­sione” della spesa di 150 milioni di euro per gli F35: cioè il costo di un aereo (su 90) e mezza ala di un secondo. In sostanza un ridi­colo taglio dell’1,1% dello stan­zia­mento pre­vi­sto per i pros­simi anni di 14 miliardi.
Una presa in giro che il primo mini­stro potrebbe ret­wet­tare con il seguente hash­tag #bufalarenzif35. Tra l’altro, nel tweet della con­fe­renza stampa l’ex sin­daco non ha usato la parola ridu­zione, ma revi­sione: che con­cre­ta­mente potrebbe anche voler dire uno spo­sta­mento della spesa nel 2015.
D’altronde «la pub­bli­cità è l’anima del com­mer­cio», anche di quello poli­tico ed elet­to­rale. Ber­lu­sconi fir­mava i con­tratti in tv e dise­gnava con il pen­na­rello mappe di auto­strade e gal­le­rie, Renzi usa mezzi più trendy: la volta scorsa con le slide, nella con­fe­renza stampa di ieri con un po’ di tweet a sicuro effetto, ma di scarsa sostanza. Forse alcuni quo­ti­diani oggi scri­ve­ranno: «Renzi taglia gli F35». Ma è, appunto, una bufala.
Quanto poi al decreto di ridu­zione dell’Irpef è vero che porta sicu­ra­mente bene­fi­cio ad alcuni milioni di ita­liani. Non si sa per quanto. Renzi pro­mette che sarà una misura strut­tu­rale, ma al momento è una tan­tum: tanto è vero che i soldi in busta paga non ven­gono messi sta­bil­mente con le detra­zioni (come si pre­ve­deva in que­sti giorni) ma con un bonus, come gli estem­po­ra­nei «bonus bebè» e tanti altri dell’era ber­lu­sco­niana. Vedremo poi cosa suc­ce­derà con la legge di sta­bi­lità 2015.
Met­tere «più soldi nelle tasche degli ita­liani» è posi­tivo (se siano 10 milioni, come dice Renzi, o un po’ di meno come dicono gli isti­tuti di ricerca lo vedremo), anche se ci sono un po’ di «ma», da ricor­dare. Il decreto non porta un euro in più a inca­pienti, disoc­cu­pati, «false» par­tite Iva (cioè dipen­denti di fatto) e pen­sio­nati. Il decreto, poi, bene­fi­cia una parte impor­tante dei lavo­ra­tori del pub­blico impiego che però hanno avuto il blocco con­trat­tuale negli ultimi cin­que anni e ce l’avranno fino al 2017 (e forse fino al 2020). Gli 80 euro nem­meno coprono i man­cati aumenti con­trat­tuali di que­sti anni e dei pros­simi tre. Poi va ricor­dato che nel dise­gno di legge sul lavoro di Poletti c’è una norma che pre­vede la can­cel­la­zione delle detra­zioni per i coniugi a carico (a favore di un inde­fi­nito fondo per l’occupazione fem­mi­nile) e que­sta –se verrà appro­vata — com­por­terà la vani­fi­ca­zione del 70–80% dei bene­fici delle ridu­zioni Irpef. Da non dimen­ti­care che la nuova Tasi –per chi è pro­prie­ta­rio di casa– com­por­terà una mag­giore spesa media di 3–400 euro annuali.
Infine dal punto di vista macroe­co­no­mico il finan­zia­mento della ridu­zione delle tasse attra­verso una ridu­zione della spesa pub­blica non ha alcun effetto espan­sivo sull’economia: cioè non aumen­te­ranno la domanda e i con­sumi. Lo dice il Def appena appro­vato che cer­ti­fica con un miser­rimo + 0,1% l’effetto di que­sta misura sulla cre­scita. È molto pro­ba­bile –come suc­cede pun­tual­mente da anni con i dati del mini­stero dell’Economia– che que­ste pre­vi­sioni saranno rivi­ste al ribasso e l’effetto potrebbe avere, pur­troppo, segno negativo.
A pro­po­sito di coper­ture, le ridu­zioni della spesa pub­blica non hanno for­tu­na­ta­mente incluso i tagli alla sanità, ma pre­ve­dono comun­que un taglio di 1,4 miliardi di euro agli enti locali e alle regioni: signi­fica meno ser­vizi e pre­sta­zioni per i cit­ta­dini. E le entrate (comun­que una tan­tum) dalla tas­sa­zione delle ban­che per la riva­lu­ta­zione delle quote di Ban­ki­ta­lia, sono state tutte con­teg­giate, anche se mag­giori, sul 2014 e quindi sono risorse che non ritro­ve­remo più nel 2015 e nel 2016, come ini­zial­mente previsto.

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