Spese militari. Altro
che tagli! Il programma degli F35 rivisto solo dell'1,1% (un aereo).
Rischi sulle detrazioni per il coniuge a carico, la super Tasi, i colpi
agli enti locali (1,4 miliardi) e il blocco dei contratti pubblici fino
al 2020
Nei giorni scorsi sui giornali si è diffusa la leggenda
metropolitana della riduzione di 6 miliardi del programma sugli F35
per finanziare il taglio dell’Irpef. Si parlava addirittura di un
dimezzamento del numero degli aerei da acquistare e costruire. Quello
che prevede Renzi — in uno dei 10 tweet, l’unico dei dieci non
commentato e presentato sbrigativamente — è una piccola
“revisione” della spesa di 150 milioni di euro per gli F35: cioè il
costo di un aereo (su 90) e mezza ala di un secondo. In sostanza un
ridicolo taglio dell’1,1% dello stanziamento previsto per
i prossimi anni di 14 miliardi.
Una presa in giro che il primo ministro potrebbe retwettare con il seguente hashtag #bufalarenzif35. Tra l’altro, nel tweet della conferenza stampa l’ex sindaco non ha usato la parola riduzione, ma revisione: che concretamente potrebbe anche voler dire uno spostamento della spesa nel 2015.
D’altronde «la pubblicità è l’anima del commercio», anche di
quello politico ed elettorale. Berlusconi firmava i contratti in
tv e disegnava con il pennarello mappe di autostrade e gallerie,
Renzi usa mezzi più trendy: la volta scorsa con le
slide, nella conferenza stampa di ieri con un po’ di tweet a sicuro
effetto, ma di scarsa sostanza. Forse alcuni quotidiani oggi
scriveranno: «Renzi taglia gli F35». Ma è, appunto, una bufala.
Quanto poi al decreto di riduzione dell’Irpef è vero che porta
sicuramente beneficio ad alcuni milioni di italiani. Non si sa per
quanto. Renzi promette che sarà una misura strutturale, ma al momento
è una tantum: tanto è vero che i soldi in busta paga non vengono
messi stabilmente con le detrazioni (come si prevedeva in questi
giorni) ma con un bonus, come gli estemporanei «bonus bebè»
e tanti altri dell’era berlusconiana. Vedremo poi cosa succederà
con la legge di stabilità 2015.
Mettere «più soldi nelle tasche degli italiani» è positivo (se
siano 10 milioni, come dice Renzi, o un po’ di meno come dicono gli
istituti di ricerca lo vedremo), anche se ci sono un po’ di «ma», da
ricordare. Il decreto non porta un euro in più a incapienti,
disoccupati, «false» partite Iva (cioè dipendenti di fatto)
e pensionati. Il decreto, poi, beneficia una parte importante dei
lavoratori del pubblico impiego che però hanno avuto il blocco
contrattuale negli ultimi cinque anni e ce l’avranno fino al 2017 (e
forse fino al 2020). Gli 80 euro nemmeno coprono i mancati aumenti
contrattuali di questi anni e dei prossimi tre. Poi va ricordato
che nel disegno di legge sul lavoro di Poletti c’è una norma che
prevede la cancellazione delle detrazioni per i coniugi a carico (a
favore di un indefinito fondo per l’occupazione femminile)
e questa –se verrà approvata — comporterà la vanificazione del
70–80% dei benefici delle riduzioni Irpef. Da non dimenticare che la
nuova Tasi –per chi è proprietario di casa– comporterà una
maggiore spesa media di 3–400 euro annuali.
Infine dal punto di vista macroeconomico il finanziamento della
riduzione delle tasse attraverso una riduzione della spesa pubblica
non ha alcun effetto espansivo sull’economia: cioè non aumenteranno
la domanda e i consumi. Lo dice il Def appena approvato che
certifica con un miserrimo + 0,1% l’effetto di questa misura sulla
crescita. È molto probabile –come succede puntualmente da anni con
i dati del ministero dell’Economia– che queste previsioni saranno
riviste al ribasso e l’effetto potrebbe avere, purtroppo, segno
negativo.
A proposito di coperture, le riduzioni della spesa pubblica non
hanno fortunatamente incluso i tagli alla sanità, ma prevedono
comunque un taglio di 1,4 miliardi di euro agli enti locali e alle
regioni: significa meno servizi e prestazioni per i cittadini.
E le entrate (comunque una tantum) dalla tassazione delle banche
per la rivalutazione delle quote di Bankitalia, sono state tutte
conteggiate, anche se maggiori, sul 2014 e quindi sono risorse che
non ritroveremo più nel 2015 e nel 2016, come inizialmente previsto.
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