sabato 5 aprile 2014

SULLA BUFALA DEL CORRIERE DELLA SERA di Piemme

4 aprile. USCITA DA DESTRA DALL'EURO E USO ANTIPOPOLARE DELLA SVALUTAZIONE MONETARIA. 

Qui accanto il Corriere della sera del 2 aprile. Titolone a tutta pagina "Tanti disoccupati come nel '77". In realtà oggi i senza lavoro sono 3,3 milioni, il che fa un tasso del 13%, mentre nel 1977 era solo il 6,5, esattamente la metà. In verità se ai disoccupati ufficialmente registrati (quelli in cerca di lavoro) aggiungiamo gli "inoccupati", siamo al doppio, alla bella cifra di più di sei milioni e mezzo di italiani. La redazione del Corriere si è subito scusata coi lettori per la plateale cazzata e l'ha buttata in grammatica: la preposizione era sbagliata.

Dobbiamo crederci? O si tratta piuttosto di un maldestro tentativo di manipolazione della storia? La seconda che hai detto. 
Diciamola tutta, siamo in presenza dell'ennesimo sforzo di difendere l'ordine eurista esistente, di fare credere ai cittadini, tanto più in vista delle elezioni europee, che quando l'Italia aveva la "liretta" le cose non andavano meglio, che anzi andavano peggio. Che insomma l'euro e il mercato unico europeo non hanno alcuna colpa per la catastrofe che viviamo.
Tabella n. 1

Qui accanto la tabella (dati ISTAT) sull'andamento del tasso di disoccupazione ufficiale. Una tabella istruttiva, per almeno tre ragioni.
(1) Si può vedere molto chiaramente come lo scoppio della grande crisi finanziaria del 2008, e la recessione che ne è seguita, abbia fatto impennare il tasso di disoccupazione. Niente di nuovo sotto il cielo.
(2) In secondo luogo risulta evidente come il regime della moneta unica, invece di essere una barriera contro la recessione, avendo sottratto al Paese ogni effettiva autonomia decisionale in fatto di politiche economiche, abbia aggravato la crisi.
(3) C'è tuttavia un terzo elemento da segnalare. La tabella n.1 ci mostra come il tasso di disoccupazione, che nel 1990 era all'8,8%, soprattutto a partire dal 1992 schizza in alto, fino all'11,3% del 1997, per poi scendere in picchiata negli anni successivi.

Ci sono quindi due ulteriori riflessioni da svolgere. 
(a) Il 1992 fu l'anno della svalutazione della lira e dell'uscita dallo 
Tabella n. 2
Sme. Il Pil (vedi tabella n.2) grazie anzitutto a politiche mercantilistiche votate alle esportazioni, aumentò, ma appunto crebbe in misura più che proporzionale l'esercito industriale di riserva (disoccupati).  La "crescita" avvenne, ma col crollo del "monte salari", ovvero a spese della classe proletaria ed a tutto vantaggio delle classi capitalistiche.  Questo serva da monito a chi non vuol ammettere che il ritorno puro e semplice alla sovranità monetaria può ben coniugarsi con politiche liberiste antipopolari ad esclusivo vantaggio del capitale.
(b) Il secondo fattore importante è che il calo del tasso di disoccupazione dopo il 1997 (si era in dirittura d'arrivo per l'euro) oltre che dalla positiva congiuntura economica internazionale aveva una ragione specifica: le radicali misure di flessibilità del mercato del lavoro (Pacchetto Treu) adottate dal governo Prodi (con il consenso del Prc e dei sindacati) nel giugno 1997.
Serva l'esperienza storica, a far ricredere gli amici che sbuffano quando noi si chiede sì l'uscita dall'euro, ma "da sinistra". La riconquista della sovranità monetaria, se non è accompagnata da radicali misure di difesa dei diritti sociali dei lavoratori, di severe restrizioni alla libertà di movimento dei capitali, di salvaguardia della democrazia e della sovranità popolare; se insomma è pilotata da forze liberiste, può concludersi in un vantaggio ad esclusivo vantaggio del capitale.
Nb. Come insegnano le esperienze dei governi Amato, Ciampi e Prodi, politiche di destra e liberiste possono ben essere perseguite da governi di "sinistra". Per dire che di fronte al collasso della moneta unica l'uscita a destra dall'euro potrebbe essere gestita da un governo a guida Pd. Per concludere: politiche liberiste possono essere portate avanti dai partiti della classe dominante, sia di sinistra che di destra. Mentre non è mai stato vero il contrario, ovvero che forze di destra e liberiste, possano perseguire politiche a vantaggio del lavoro salariato.

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