venerdì 23 maggio 2014

"Chi non fa inchiesta non ha diritto di parola". In ricordo di Vittorio Rieser


E' morto Vittorio Rieser, torinese, esponente del movimento studentesco degli anni 60-70 e studioso del movimento operaio. Aveva 75 anni. Fondatore di Quaderni Rossi, e' stato docente di sociologia industriale all'universita' di Modena e ricercatore dell'Ires-Cgil di Torino.
"Ha svolto il suo impegno sindacale con generosita', rigore intellettuale e spirito libertario", ricorda in una nota la Cgil che lo definisce "un intellettuale raffinato". Sabato sara' allestita la camera ardente presso la sede della Cgil torinese, in via Pedrotti dalle 9 alle 11,30. Alle 12 i funerali al Tempio Crematorio del cimitero monumentale.
Con il metodo dell'inchiesta ha studiato e analizzato a fondo le condizioni di vita e di lavoro in fabbrica, la questione operaia e le tematiche relative alla salute e a alla sicurezza in fabbrica. Grande conoscitore del mondo Fiat, uno dei suoi ultimi libri parla della "fabbrica integrata" di Melfi.
"Chi non fa inchiesta non ha diritto di parola". In ricordo di Vittorio Rieser
E’ venuto a mancare il compagno Vittorio Rieser. Vittorio come Romano Alquati e come tanti altri compagni, ricercatori e studiosi – tutti, a vario titolo, ascrivibili alla scuola della composizione di classe – era un serio marxista che non si accontentava di declamare in maniera sclerotica ed ossificata, le glosse filologiche dei classici di Marx. A differenza di quanti si accontentavano di ripetere dogmaticamente la letteratura di Marx ed Engels il compagno Rieser, invece, utilizzava il marxismo rivoluzionario come una scienza per la comprensione e la trasformazione.
Vittorio, e molti come lui, a contatto concreto con le diversificate fenomenologie della lotta di classe, a partire dai primi anni ’60, in pieno boom economico e nei cosiddetti punti alti dello sviluppo capitalistico, iniziò un rigoroso lavoro di scandagliamento e di cartografia delle forme e delle modalità del conflitto operaio.
Un lavoro collettivo e multidisciplinare che non è mai giunto a conclusioni definitive ed inamovibili. Anzi questa con/ricerca ha seguito il corso storico della crisi, le sue ripercussioni dentro ed oltre la classe e nell’insieme della società.
Un lavoro ricco e documentato che, di volta in volta, ha affrontato le varie sfaccettature con cui il capitale, nei suoi continui cicli di ristrutturazione/riconversione a scala globale, trasformando se stesso ha modificato (senza assolutamente superarle) le forme dello sfruttamento e del comando politico e sociale sulla classe operaia ed il proletariato tutto.
Questa enorme intrapresa, spesso condotta assieme a gruppi di studio, collettivi di lavoratori, facoltà universitarie, riviste ed organi della comunicazione antagonista, fondava il suo motore propulsore sul metodo dell’Inchiesta
Tale metodologia scaturiva dalle prime sperimentazioni sul campo che Raniero Panzieri aveva avviato precedentemente e che squadernava agli occhi dei militanti, specie quelli non subalterni al riformismo, una complessità economica e sociale la quale era una caratteristica costitutiva, e per molti aspetti inedita, del moderno sfruttamento/dominio della forza lavoro in un paese a capitalismo maturo.
Una complessità che costituiva un problema – un autentico rompicapo teorico - da affrontare adeguatamente per quanti aspiravano ad una positiva e più avanzata funzione espansiva nel gorgo delle lotte e dei conflitti e non erano appiattiti o alla mera battaglia tradeunionistica o, peggio, alle dinamiche elettoraliste.
Infatti non è un caso che solo coloro i quali hanno mutuato il metodo dell’Inchiesta, le lezioni teoriche e culturali della scuola della composizione di classe hanno potuto assolvere, seppur in parte, ad una attitudine di militanza a tutto tondo, politica o sindacale che sia, non astratta dalla realtà. E' il caso del gruppo di lavoro che produsse nel Duemila "La coscienza di Cipputi" (edizioni Mediaprint) con i risultati di una inchiesta condotta sulla base di centinaia di questionari e interviste tra i lavoratori su tutto il territorio nazionale.
Naturalmente, poi, come tutte le interpretazioni anche il concetto di composizione di classe ha conosciuto, nel movimento ed oltre, una infinità di declinazioni, teorico-politiche, fino ad alcune inaccettabili (almeno a parere di chi scrive) distorsioni che hanno snaturato l’elemento classista a favore di categorie universalistiche post/moderne le quali alludono, al di là del loro evanescente involucro ideologico, all’eterna vigenza di questi maledetti rapporti sociali capitalistici.
I contributi teorici di Vittorio Rieser sono ampiamente disponibili in rete, su libri e riviste e costituiscono, senza ombra di dubbio, utili utensili per quella cassetta degli attrezzi alla quale una qualificata soggettività comunista e/o anticapitalista deve ricorrere continuamente pena lo scadimento in una inutile parodia caricaturale e parossistica del proprio agire.
Siamo quindi debitori politicamente verso Vittorio, come verso tanti altri compagni, ma siamo convinti che il suo lavoro e la sua militanza sono sempre stati informati ad una logica collettiva ed al servizio della lotta per la trasformazione della società.
Ciao Vittorio, che la terra ti sia lieve!
Michele Franco

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