sabato 10 maggio 2014

La scommessa della Sinistra Europea di Paolo Ferrero


La scommessa della Sinistra Europea
Oggi festeggiamo il decennale della nascita del Partito della Sinistra Europea. Il 9 maggio del 2014, 10 partiti europei ( tra cui la LInke, il Partito Comunista Francese, Izquierda Unida, il Sinaspismos, il Bloco de Izquerra) diedero vita a Roma al Partito della Sinistra Europea. Sono orgoglioso di poter affermare che Rifondazione Comunista fu decisiva per la costruzione del partito europeo e non a caso Fausto Bertinotti fu eletto primo presidente del partito stesso. Oggi, a distanza di 10 anni il Partito della Sinistra Europea raggruppa ben 30 partiti di tutta Europa e ha candidato Alexis Tsipras a Presidente della Commissione Europea, con la prospettiva di costruire un gruppo della sinistra unita che sia il terzo per dimensioni nel Parlamento Europeo.
Il Partito della Sinistra Europea nasceva su due intuizioni:
In primo luogo l’idea che i poteri economici si stavano riorganizzando su scala europea e che quindi per essere efficace la sinistra non poteva rimanere rinchiusa nei confini nazionali. Che l’Europa non fosse più un problema di politica estera ma fosse diventato un problema di politica interna è stata l’intuizione feconda che ci ha guidati alla formazione del partito europeo.
Parallelamente la sinistra europea si è costituita con l’intenzione di costruire un soggetto della trasformazione che a partire dal conflitto di classe fosse in grado di abbracciare il complesso delle contraddizioni prodotte dal capitalismo maturo. Così il femminismo e l’ambientalismo divennero punto fondamentale della nostra proposta politica.
Dieci anni fa eravamo sull’onda del movimento altermondialista che dalle giornate di Genova aveva saputo rovesciare la brutale repressione poliziesca in proposta politica di trasformazione. Siamo stati i primi a denunciare i guasti della globalizzazione neoliberista in nome di un neoumanesimo che mettesse i diritti delle persone prima dei profitti delle multinazionali.
A Distanza di dieci anni il bilancio del nostro lavoro è duplice. Da un lato molto positivo per quanto riguarda la capacità di costruire una organizzazione diffusa e ramificata in tutta Europa, con forti legami con le organizzazione sindacali e con i movimenti sociali.
Dall’altra non possiamo che prendere atto che in Europa – a differenza dell’America Latina – non siamo riusciti a rovesciare le politiche neoliberiste e i governi che le hanno espresse: il neoliberismo ha vinto in Europa ed ha determinato non solo la crisi economica ma un vero e proprio imbarbarimento dei rapporti sociali.
In questo quadro è riemersa in Europa una destra nazionalista e razzista e sono sorti movimenti populisti che danno voce al disagio sociale ma hanno sostituito le rivendicazioni di classe e democratiche con l’estremizzazione urlata del senso comune. Quel senso comune che sovente non è null’altro che il sottoprodotto dell’egemonia culturale neoliberista propagandata dai mass media. Movimenti populisti quindi del tutto incapaci di prospettare una alternativa e la strada attraverso cui perseguirla.
Le nuove sfide per il Partito della Sinistra Europea si devono quindi misurare con gli effetti prodotti dalla crisi economica in un contesto in cui il liberismo ha prodotto la crisi ma continua a comandare. Il punto fondamentale con cui misurarsi oggi è quindi l’efficacia della lotta contro l’austerità in un contesto in cui riemergono i nazionalismi e i populismi.
Questa sfida la affrontiamo a partire a un impianto politico e culturale molto solido, che ci permette di dire e fare le stesse cose a Berlino come ad Atene e di avere come candidato a Presidente della UE Alexis Tsipras, cioè un rappresentante di quei PIGS così denigrati dal pensiero mainstream. Questa sfida ci chiede:
In primo luogo rafforzare la sinistra europea e costruire a livello europeo un movimento politico di massa contro le politiche di austerità e per l’alternativa.
In secondo luogo utilizzare il residuo potere degli stati nazionali per boicottare attivamente le politiche di austerità a partire dalla disobbedienza dei trattati. A Renzi e Grillo diciamo che il problema non è di battere i pugni sul tavolo a Bruxelles – litigando magari sul fatto che i pugni debbano essere battuti forte e fortissimo - ma di disobbedire ai trattati rifiutandosi unilateralmente di applicare le politiche di austerità.
Solo la costruzione di un movimento di massa europeo contro l’austerità e il rifiuto degli stati nazionali di proseguire nell’applicazione di queste politiche possono produrre la forza sufficiente a modificare le politiche europee e il modo di funzionare dell’Europa. Per uscire dalla crisi non serve ne continuare ad applicare i trattati ne uscire dall’euro e dall’Unione Europea pensando di salvarsi con una politica autarchica. Per battere un capitalismo che si è riorganizzato a livello globale occorre una organizzazione europea e il pieno esercizio della sovranità democraticanazionale: le due cose insieme.
La vicenda dell’Ucraina e del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) ci parlano di una contesa enorme sul futuro dell’Europa. In Ucraina gli USA stanno soffiando sul fuoco della guerra civile perché vogliono costruire una nuova cortina di ferro tra Europa e Russia. Gli Usa vogliono costruire un nuovo muro non a Berlino ma ai confini tra Ucraina e Russia. Per questa via vogliono allargare ad est la Nato e vogliono distruggere le relazioni economiche tra Europa e Russia anche al fine di obbligare l’Europa ad accettare il TTIP che trasformerebbe l’Europa in una provincia dell’impero. Noi siamo contrari ad una Europa atlantica in un mondo nuovamente diviso in due blocchi: il blocco occidentale e il blocco Russo-cinese. Questo nuovo mondo bipolare sarebbe un mondo destinato inevitabilmente a ricostruire un equilibrio del terrore e il rischio di una guerra nucleare. Noi vogliamo un mondo multipolare e per questo siamo contrari al TTIP e vogliamo un’Europa indipendente che possa dialogare in pace e costruire rapporti di cooperazione con la Russia, con i paesi del Sud del Mediterraneo, con gli Usa , America latina, la Cina e lì’India. Vogliamo un’Europa del welfare e della giustizia sociale e nello stesso tempo vogliamo una Europa non allineata, perché questa è la condizione affinché l’umanità si possa incamminare su una strada di giustizia e di pace. Queste sono le sfide della sinistra Europea nel prossimo decennio e sono sicuro che saremo in grado di affrontarle a testa alta.

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