Un dato è certo: nel nuovo Europarlamento il gruppo più a sinistra nell’emiciclo (Gue/Ngl) sarà molto più grande che nella legislatura precedente. In una tornata elettorale contraddistinta dall’avanzata dei populisti xenofobi, il risultato della «galassia Tsipras» rende il quadro un po’ meno fosco. Un fatto politico che i media mainstream tendono consapevolmente a occultare, o a falsificare mettendo destra e sinistra alternativa nello stesso sacco euroscettico. Ma che è necessario tenere in considerazione, per molte ragioni, tra le quali una delle più importanti è che tale dato permette di capire meglio il clima politico nei Pigs, i Paesi sottoposti – in varia misura – ai «piani di salvataggio» targati troika (Commissione Ue, Bce, Fmi).
Il vento della sinistra, infatti, soffia decisamente dalla «periferia»: la delegazione più numerosa (in termini assoluti) del gruppo sarà quella spagnola (10 membri), seguita da quella greca (8). E se si considera la quantità di deputati in relazione alla popolazione, spicca l’exploit degli irlandesi (4 sul totale di 11), e va registrata la buona performance portoghese (3 su 21). La risposta all’austerità, dunque, non arriva da destra, ma da quelle forze che si sono battute negli ultimi anni contro il massacro dei diritti sociali. Con eccezione del Portogallo, alla crescita delle sinistre di opposizione corrisponde un arretramento dei socialisti, spesso e volentieri artefici insieme ai conservatori dei disegni neoliberali orchestrati da Bruxelles, Francoforte (e Berlino): clamoroso è il già notissimo caso greco, ma significativo appare anche l’indebolimento del Psoe in Spagna.
Nei Paesi centrali dell’Unione, Germania e Francia, le forze della sinistra alternativa hanno sostanzialmente mantenuto le posizioni che avevano: la Linke (al 7,4%) manda 7 deputati a Strasburgo, il Front de Gauche (al 6,3%) ne invia 4. La guida della resistenza all’austerità è dunque appannaggio delle «periferie», ma la forza – in termini assoluti – della Linke consente di mantenere un equilibrio «centro-periferia» necessario a far sì che la critica alle politiche dominanti non assuma toni da crociata «anti-tedesca». Gli assetti di potere nella Ue potranno essere alterati davvero solo dalla spinta delle sinistre «periferiche», quella greca in testa, ma l’alternativa alle attuali politiche non potrà fare a meno del contributo delle «vittime della crisi» che abitano numerose anche il Paese geo-economicamente dominante, la Germania. Strati sociali che la Linke riesce, anche se con fatica, a rappresentare.
Le forze che, dopo questo voto, comporranno il Gruppo della Sinistra unitaria/Sinistra verde nordica (è questo il significato per esteso di Gue/Ngl) sono omogenee nel loro rifiuto dell’austerità e dell’Europa della tecnocrazia, ma diverse per storia, profilo ideologico, e forma organizzativa — e per il dettaglio non trascurabile che non tutte sono inquadrate nel Partito della Sinistra europa (Se) di Tsipras. Oltre alla differenza che è inscritta nel nome del gruppo (la «Sinistra verde nordica» comprende, ad esempio, il Ps olandese, anch’esso premiato dalle urne), va considerato che nella «Sinistra unitaria» convivono forze che vogliono «un’altra Ue» insieme a organizzazioni che criticano alla radice il processo d’integrazione. Spesso, come nel caso di Grecia e Portogallo, si tratta di partiti diversi dello stesso Paese: le tesi sull’Ue di Syriza (al 26%) non sono quelle dei comunisti ortodossi del Kke (6%), e lo stesso vale per il Bloco de Esquerda (4,6%) e il Pcp (12,7%). Punti di vista distinti (e talvolta distanti) che si ritrovano nelle varie correnti di Izquierda unida, della Linke e del Pcf. Forze che, pertanto, sono interessate a mantenere «unito nelle differenze» il Gue.
Cifre definitive sulla consistenza di ciascun gruppo parlamentare ancora non ci sono, perché di molti neoeletti ancora non si conosce l’affiliazione: la competizione per diventare terza forza a Strasburgo è, dunque, ancora aperta. Oltre al contributo italiano — sperato ma in dubbio fino all’ultimo — a fare vincere la medaglia di bronzo alla sinistra potrebbero rivelarsi decisivi, alla fine, gli spagnoli di «podemos», l’autentica sopresa del voto iberico di domenica (8%). Dei 10 deputati in arrivo dalla Spagna, la metà sono loro: combattivi indignados che nel giro di pochi mesi, sotto l’abile regia del giovane politologo e mediattivista Pablo Iglesias, hanno costruito — prevalentemente attraverso la rete — un capolavoro politico.
Forti del risultato acquisito, i partiti che formano il Gue/Ngl dovranno ora porsi il difficile problema di riuscire a penetrare nella terra incognita dell’Europa centro-orientale che fu realsocialista: le sfide del futuro si chiamano Polonia, Ungheria e Romania.
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