sabato 31 maggio 2014

A sinistra scoprono Podemos — Luca Tancredi Barone, Il Manifesto

Spagna. Intervista a Pablo Iglesias, professore e icona della tv, leader della lista anti-casta che ha catalizzato il voto indignados e ottenuto un incredibile 8% alle europee. E 5 deputati a Bruxelles nel Gue
Gli indi­gna­dos son tor­nati. È effi­cace l’incipit dell’Eco­no­mist sull’inaspettato suc­cesso del par­tito Pode­mos (“pos­siamo”) – nato solo a gen­naio di quest’anno – e ben rias­sume il senso di una pic­cola rivo­lu­zione nella poli­tica spa­gnola. Per la prima volta dalla Tran­si­zione alla demo­cra­zia, i due prin­ci­pali par­titi rac­col­gono meno della metà dei con­sensi. La stessa fru­stra­zione che in Fran­cia, in Olanda e in Inghil­terra prende tinte xeno­fobe in Spa­gna si tra­sforma in un impor­tante affer­ma­zione delle forze della sini­stra non socia­li­sta che insieme rag­giun­gono quasi il 25% dei voti. Izquierda Unida (IU) e alleati pas­sano da meno del 4% al 10%, i verdi di Equo otten­gono quasi il 2% dei voti. I tra­di­zio­nali par­titi della sini­stra nazio­na­li­sta anti­ca­pi­ta­li­sta otten­gono un seg­gio – altri tre seggi vanno alla sini­stra cata­lana Esquerra Repu­bli­cana. E, appena affac­cia­tosi sulla scena,Podemos irrompe con ben 5 seggi — quando i son­daggi gliene davano al mas­simo uno — e l’8% dei voti.
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Nata dall’iniziativa della star tele­vi­siva con coda di cavallo, il 35-enne pro­fes­sore di scienze poli­ti­che all’Università di Madrid Pablo Igle­sias (si chiama pro­prio come il padre fon­da­tore del Psoe), la lista Pode­mos è addi­rit­tura arri­vata terza in alcune comu­nità, fra cui quella di Madrid. Segni di un vento nuovo, lo stesso che ha por­tato il 28-enne Alberto Gar­zón a pas­sare dalle piazze del 15M alle Cor­tes di Madrid e che ha agglu­ti­nato entu­sia­smi fra le file di IU. Con cen­ti­naia di cir­coli in tutta Spa­gna e una comu­ni­ca­zione web ele­gante e pulita – che non manca di cer­ti­fi­care le spese soste­nute per la cam­pa­gna – Pode­mos ha l’ambizione dichia­rata di costruire un’alternativa alla “casta” – un’alternativa di sini­stra, che usa con sciol­tezza il lin­guag­gio e lo stile tele­vi­sivo del suo media­tico por­ta­voce. Con poco più di cen­to­mila euro, Pode­mos ha con­qui­stato cin­que seggi (2 donne e tre uomini, tra cui un fisico tetra­ple­gico), che si iscri­ve­ranno tutti, assi­cura Pablo Igle­sias, nel gruppo della Sini­stra Euro­pea. Il mani­fe­sto ha impie­gato quat­tro giorni per riu­scire a par­larci. «Siamo obe­rati di richie­ste», si giustifica.
I son­daggi davano una cre­scita dell’astensionismo. Invece è rima­sto sta­bile. Merito vostro
È ancora pre­sto per fare que­sta valu­ta­zione. Biso­gnerà aspet­tare i dati sulla par­te­ci­pa­zione e sulla com­po­si­zione del voto. Ma, a occhio, abbiamo cer­ta­mente mobi­li­tato molte per­sone che non avreb­bero votato.
Quali saranno le vostre prio­rità all’Eurocamera?
Diremo che non vogliamo essere una colo­nia della Ger­ma­nia. Vogliamo dignità per i paesi del sud. Non è accet­ta­bile che le poli­ti­che eco­no­mi­che che stanno con­dan­nando alla mise­ria una parte delle popo­la­zioni siano decise da orga­ni­smi non demo­cra­tici come l’Fmi o la Bce. Degli 8.000 euro dello sti­pen­dio, noi trat­ter­remo solo l’equivalente di tre salari minimi (3x645 euro, nd). Il resto lo done­remo. Non è accet­ta­bile che un euro­de­pu­tato gua­da­gni più di un chi­rurgo della sanità pub­blica, o di un pro­fes­sore uni­ver­si­ta­rio o di un ispet­tore del lavoro. È neces­sa­rio finirla con le “porte gire­voli” fra poli­tici e con­si­gli di ammi­ni­stra­zione delle grandi imprese. Pro­por­remo di fare un audit del debito che metta gli inte­ressi della gente davanti a quelli delle banche.
Pro­po­nete l’adozione di quella che chia­mate «la diret­tiva Vil­la­rejo», una bat­te­ria di misure dal nome del giu­dice anti­cor­ru­zione, numero tre nella vostra lista.
Il docu­mento è il risul­tato di un pro­cesso di ela­bo­ra­zione col­let­tiva con un metodo aperto a cui hanno par­te­ci­pato e che hanno votato migliaia di per­sone. In sin­tesi, pre­vede un tetto ai salari. La limi­ta­zione dei man­dati par­la­men­tari a due o al mas­simo a tre con ragioni molto giu­sti­fi­cate. E la fine dei pri­vi­legi otto­cen­te­schi, come il tri­bu­nale spe­ciale per i mini­stri. Per non par­lare del re. Le cari­che pub­bli­che devono essere giu­di­cate da tri­bu­nali ordi­nari. La legge è uguale per tutti.
Per­ché avete deciso di pre­sen­tarvi alle elezioni?
Rispetto a IU, noi abbiamo pun­tato su due chiavi fon­da­men­tali. La prima è il pro­ta­go­ni­smo cit­ta­dino. Per le nostre liste si poteva pre­sen­tare e votare qual­siasi cit­ta­dino. Era impor­tante che non fosse una lista decisa da un organo di dire­zione. La seconda è che cre­diamo che l’asse fon­da­men­tale per capire quel che accade non è il gioco destra, cen­tro, sini­stra. Ma la con­trap­po­si­zione cit­ta­dini con­tro elite, cit­ta­dini con­tro casta. La mag­gio­ranza dei cit­ta­dini è d’accordo con quello che pro­po­niamo: una riforma fiscale per­ché paghino i ric­chi, un audit del debito, la fine degli sfratti ipo­te­cari, smet­tere di usare le risorse pub­bli­che a bene­fi­cio dei pri­va­tei Il 15M ha messo in campo una realtà: che esi­ste una mag­gio­ranza sociale che si può con­ver­tire in mag­gio­ranza politica.
Per­so­na­lità di IU come Alberto Gar­zón dicono che sono inte­res­sati a costruire con voi un «Frente Amplio».
Per il momento dob­biamo lavo­rare a un pro­cesso costi­tuente interno a Pode­mos. per poi dare avvio a un per­corso di con­fluenza evi­te­remo le riu­nioni dall’alto. Se la gente vuole, per­ché biso­gnerà con­sul­tarla, magari si sta­bi­li­ranno que­ste col­la­bo­ra­zioni. Però senza scor­cia­toie diri­gi­ste. È chiaro che non pos­siamo fer­marci: dob­biamo costruire una nuova mag­gio­ranza poli­tica di governo
Dicono che siete un par­tito troppo personalizzato.
È vero: il mio pro­ta­go­ni­smo media­tico è stato enorme. Ma per noi, senza il bud­get dei grandi par­titi, uno dei prin­ci­pali mezzi di comu­ni­ca­zione era un ragazzo con la coda che si vedeva in alcuni salotti televisivi.
Dicono anche che vi ispi­rano modelli poli­tici come il Venezuela.
Non si pos­sono impor­tare modelli acri­ti­ca­mente, ma biso­gna impa­rare dai posti dove le cose sono state fatte bene. Il modello edu­ca­tivo fin­lan­dese è una mera­vi­glia, mi piace molto anche che in Fran­cia buona parte delle imprese stra­te­gi­che siano sta­tali. In Ame­rica Latina sono state prese misure molto ragio­ne­voli. Per esem­pio in Ecua­dor c’è stato un audit del debito che è ser­vito per fare una poli­tica redi­stri­bu­tiva. Del Vene­zuela mi piac­ciono i refe­ren­dum revo­ca­tori. Mi pare una que­stione di salute demo­cra­tica che un gruppo di elet­tori possa deci­dere di cac­ciare un poli­tico che non ha rispet­tato le pro­messe. Sono anche state fatte poli­ti­che sociali che hanno esteso i ser­vizi pub­blici a set­tori della popo­la­zione che non lo conoscevano.
Dall’Italia c’è qual­cosa che vor­re­ste copiare?
Siete stati un mio rife­ri­mento poli­tico per molti anni, la mia tesi di dot­to­rato è stata sulle Tute bian­che e la ric­chezza poli­tica ita­liana mi ha sem­pre affa­sci­nato. Ho anche fatto anche l’Erasmus a Bolo­gna. Ma oggi come oggi leg­gere i gior­nali ita­liani mi pro­duce una enorme tristezza.

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