lunedì 2 giugno 2014

Il fattore sociale è stata l’arma vincente —  Loris Caruso

Lista Tsipras. Ora occorre creare una struttura organizzativa nuova, che sia una sintesi tra partiti e movimenti
Il 4% rag­giunto dall’Altra Europa è un risul­tato molto impor­tante. L’ultima volta che la sini­stra aveva supe­rato il quo­rum in un’elezione di rile­vanza nazio­nale era il 2006. Ce l’ha fatta, que­sta volta, nella situa­zione forse più dif­fi­cile. In una crisi radi­cale dei par­titi a sini­stra del Pd. Con un nome e un sim­bolo nati a tre mesi dalle ele­zioni. Con la dif­fi­coltà di dover coin­vol­gere in poco tempo sog­getti diversi e in parte con­flit­tuali tra loro. All’interno di una pola­riz­za­zione media­tica in cui era dif­fi­cile inse­rirsi. Un suc­cesso, quindi, per niente scon­tato. Dovuto prin­ci­pal­mente a tre fattori.
La grande mobi­li­ta­zione e pre­senza ter­ri­to­riale di cui la sini­stra, nelle sue diverse com­po­nenti di par­tito, asso­cia­tive, di movi­mento, è ancora capace. Il fatto di aver costruito un’esperienza diversa dai recenti e fal­li­men­tari car­telli elet­to­rali, più ricca, non limi­tata ai ceti poli­tici, aperta al con­tri­buto di sog­getti sociali e sin­goli indi­vi­dui. La pre­senza di due par­titi, Rifon­da­zione e Sel, che hanno dato un con­tri­buto deter­mi­nante sia nella rac­colta delle firme che nella cam­pa­gna elet­to­rale, e che sono dotate di elet­to­rali esi­gui ma piut­to­sto stabili.
In tutte le ini­zia­tive elet­to­rali della Lista tor­nava la domanda: cosa suc­cede dopo il 25 mag­gio? I pro­mo­tori hanno già annun­ciato che si andrà avanti. Final­mente, alla pros­sima sca­denza elet­to­rale, non si dovrà ripar­tire da zero. È neces­sa­rio, allora, valo­riz­zare gli aspetti più impor­tanti emersi in que­sti mesi, pro­vare a supe­rarne i limiti ed evi­tare gli errori sto­rici che hanno carat­te­riz­zato i rap­porti tra le sini­stre poli­ti­che e sociali.
C’è, prima di tutto, una fra­gi­lità strut­tu­rale, la stessa da cui sono ori­gi­nate tutte le ten­sioni, le divi­sioni e le scis­sioni della sini­stra radi­cale negli ultimi vent’anni: il rap­porto con il centro-sinistra. Il pro­blema riguarda soprat­tutto Sel. La riu­nione della pre­si­denza nazio­nale non ha chia­rito del tutto la dire­zione che pren­derà que­sto par­tito, soprat­tutto quando si avvi­ci­ne­ranno le pros­sime sca­denze elet­to­rali. Sarebbe impor­tante scio­gliere que­sto nodo – che sto­ri­ca­mente, appunto, è quello deter­mi­nante — il prima pos­si­bile. Le sini­stre hanno spesso vis­suto il rap­porto con il Pds-Ds-Pd come una guerra di reli­gione, basata sulla divi­sione tra il «sem­pre e comun­que sì» e l’«assolutamente no». Sul piano locale, dalle ammi­ni­stra­tive alle regio­nali, forse si potrà pro­vare ad essere laici, vedendo, di situa­zione in situa­zione, se e dove ci saranno le con­di­zioni per instau­rare con il centro-sinistra con­fronti pro­gram­ma­tici, e lasciando in ogni caso l’ultima parola a una con­sul­ta­zione degli atti­vi­sti e dei mili­tanti. La demo­cra­ti­cità dei pro­cessi, soprat­tutto su scelte deter­mi­nanti, è l’unica garan­zia per la con­ti­nuità di un’esperienza basata sulla con­ver­genza tra iden­tità e tra­di­zioni orga­niz­za­tive eterogenee.
Sul piano nazio­nale, invece, è dav­vero illu­so­rio pen­sare che il Pd di Renzi si lasci mini­ma­mente con­di­zio­nare da sini­stra, essendo la can­cel­la­zione di ogni trac­cia della sini­stra una delle sue mis­sion fon­da­men­tali. Par­ti­co­lare non irri­le­vante: non sem­bra affatto inte­res­sato alla rico­stru­zione di un centro-sinistra. Non a caso i media ne esal­tano la con­ti­nuità con il pro­getto di Vel­troni. Lo stesso ragio­na­mento vale per una parte con­si­stente dell’elettorato del Pd, che ha già dimo­strato molte volte – da ultimo que­sta volta – di essere sostan­zial­mente ina­mo­vi­bile e di non riu­scire a resi­stere al richiamo del voto utile. Non è pre­va­len­te­mente in quella dire­zione che si può pen­sare di espan­dere il pro­prio con­senso. Sarà invece molto più impor­tante capire come arri­vare a quei 3/5 di elet­to­rato — in buona misura popo­lare – costi­tuito dall’insieme di M5S e astensionismo.
Ma adesso, per for­tuna, le pro­spet­tive imme­diate non sono di natura elet­to­rale. Si può pro­vare a impo­stare un pro­getto di lungo periodo, che cre­sca e si radi­chi magari len­ta­mente, ma pro­gres­si­va­mente, in modo cumu­la­tivo, senza che even­tuali scon­fitte o arre­tra­menti ne met­tano in discus­sione le ragioni di fondo, e senza l’assillo di rag­giun­gere quo­rum ed eleg­gere per­so­nale poli­tico
Va supe­rata, e tutti i pro­mo­tori ne sono con­sa­pe­voli, la strut­tura orga­niz­za­tiva un po’ auto­cra­tica che l’emergenzialità dell’esperimento elet­to­rale ha in qual­che modo impo­sto. Sarà impor­tante costruire forme orga­niz­za­tive inclu­sive, che garan­ti­scano nello stesso tempo il mas­simo della par­te­ci­pa­zione pos­si­bile e la capa­cità di essere effi­caci sia nella presa di deci­sione che nella costru­zione dell’iniziativa col­let­tiva. L’Altra Europa ha visto l’adesione di forze sociali impor­tanti o di alcune loro com­po­nenti, come il col­let­tivo Link, il Par­tito Pirata, espo­nenti del movi­mento per l’acqua e dell’Arci, i tanti can­di­dati che hanno rap­pre­sen­tato lotte sociali e ter­ri­to­riali. La par­te­ci­pa­zione attiva di que­sti sog­getti è un fatto ine­dito e molto rile­vante, che parla di un pro­cesso sto­rico di pos­si­bile muta­mento del rap­porto tra azione sociale e poli­tica con­ven­zio­nale: movi­menti e forze sociali stanno comin­ciando, soprat­tutto a livello locale, ad assu­mere un ruolo di inter­vento diretto nella seconda. La forma-partito e la forma-movimento pos­sono con­ta­mi­narsi a vicenda, con­tri­buendo a creare una nuova forma dell’azione col­let­tiva che superi i limiti sto­rici di entrambe. È neces­sa­rio, in que­sta dire­zione, allar­gare ulte­rior­mente il campo delle forze sociali con cui ragio­nare su una pro­spet­tiva poli­tica comune, che sia costruita da subito come ini­zia­tiva aperta, plu­rale e basata su rela­zioni pari­ta­rie. Tutti – chi ha pro­mosso l’Altra Europa e chi, auspi­ca­bil­mente, arri­verà — devono par­tire sullo stesso piano, e tutti devono potersi sen­tire garanti degli obiet­tivi e della sta­bi­lità del progetto.
Si può lavo­rare, per esem­pio, all’idea di una sorta di «Con­ven­zione nazio­nale anti-liberista», un movi­mento, al con­tempo poli­tico e sociale, di auto­di­fesa della società dall’uso che le classi diri­genti stanno facendo della crisi? Il pro­getto dell’«Altra Europa» vivrà – vista la dispa­rità di forze con gli avver­sari – se oltre che un’organizzazione poli­tica riu­scirà ad essere una coa­li­zione sociale, che ha nella difesa dei ceti popo­lari e dei ser­vizi pub­blici il pro­prio scopo prin­ci­pale. E vivrà se avrà ambi­zioni ege­mo­ni­che, per­ché il vero mino­ri­ta­ri­smo con­si­ste nel pen­sare che solo altri pos­sano vincere.

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