domenica 9 settembre 2012

Bersani/Vendola, è una alleanza che rinuncia al futuro di Franco Russo, Gli Altrionline


Gli Altri ha fin dalla nascita seguito, con sguardo trepido, Sel nella convinzione che avrebbe rappresentato il nucleo di una Sinistra radicale e libertaria, capace di superare tutti gli ismi – minoritarismo, identitarismo, estremismo, comunismo… − che hanno finora affossato la nascita di un soggetto politico capace di prospettare un’alternativa al capitalismo globalizzato e alla sua ideologia, il liberismo. Le riconosco il coraggio di aver scritto nel suo simbolo “libertà” rompendo una vecchia tradizione del movimento operaio che ha sempre preferito ignorarla lasciandola al campo avverso, come se gli ideali della sinistra non avessero al centro sì la liberazione dallo sfruttamento ma proprio per rendere libere le persone nel realizzare il proprio progetto di vita, base delle diversità individuali e barriera contro il collettivismo comunitario.
Già l’inserimento nel simbolo di un “Con Vendola” nega questa tensione libertaria perché ripropone non solo la personalizzazione del partito ma soprattutto un processo di identificazione delle singole persone in e con un leader secondo la altrettanto vetusta tradizione del movimento operaio che ha focalizzato le sue speranze di emancipazione e libertà nell’azione e nel carisma di un “capo”, chiamato al sovrumano compito di incarnare un processo storico e collettivo di milioni di persone. La negazione della liberazione e della libertà.
Sel, fin dalla nascita, si è posta il compito di essere uno strumento per condizionare il Pd per spostarlo su posizioni di sinistra, in campo economico sociale ecologico, e in quello internazionale ed europeo. Nell’ultima Assemblea nazionale l’orizzonte politico e culturale è stato quello del centrosinistra e del rapporto con il Pd. E rispetto alle settimane precedenti, quando sembrava che Sel avesse accettato perfino l’alleanza di governo post-elettorale con l’Udc, l’Assemblea nazionale ha detto che Casini “non fa parte di questa partita né prima né dopo il voto”. Sembrerebbe una forte correzione di rotta perché rompe con lo schema proposto da Bersani: alleanza elettorale dei progressisti, e alleanza di governo post-elettorale con i moderati. Oggetto del contendere il “montismo”, cioè la continuità che i mercati e l’Unione Europea chiedono nelle politiche di austerità e di riforme strutturali, cioè le liberalizzazioni e privatizzazioni nei servizi pubblici, la flexsecurity e la contrattazione decentrata per porre fine al contratto collettivo nazionale, la competitività del sistema economico. Eppure a ben guardare anche questo tema rientra nella dialettica interna al Pd, dove albergano le anime del modernismo e quelle del riformismo di ispirazione ambedue liberiste: non a caso sono tutte e due al vertice del Pd, rappresentate proprio dal vicesegretario Letta e dal segretario Bersani. Non voglio derubricare questa dialettica a un gioco delle parti, perché sono in ballo relazioni con la Cgil, con l’associazionismo, con settori di provenienza Pci, dunque siamo in presenza di sensibilità politiche tra loro differenti. Certo in Bersani c’è un elemento tattico che non va sottaciuto né sottovalutato: solo in nome di una certa discontinuità politica può accedere a Palazzo Chigi, dunque una qualche differenziazione con Monti deve pure alimentarla e farla alimentare.
Il punto però non è questo. E’ la prospettiva del centrosinistra a prescindere dall’alleanza con Casini che va esaminata, perché oggi più di ieri il centrosinistra si deve muovere nei binari tracciati dall’Ue sotto la sferza dei mercati finanziari e della crisi del debito sovrano. Anche Hollande aveva promesso la revisione dei Trattati e si è accontentato di un Patto per la crescita, allegato all’ultimo Consiglio europeo in cui le politiche di austerità sono rimaste al centro dell’agenda europea. Ecco si tratta di mettere in discussione l’agenda europea come definita nei Trattati − da quello EuroPlus del marzo 2011 al Fiscal Compact, che ha imposto tra l’altro la modifica dell’art. 81 della Costituzione, alle procedure del semestre europeo che accentrano nella tecno-oligarchia di Bruxelles e della Bce le politiche di bilancio.
Il Pd ha votato, divenendo anzi l’alfiere europeo, tutti i Trattati che negli ultimi 24 mesi hanno ridisegnato la governance europea. Sel sceglie di allearsi con il Pd, la cui linea è di costruire il “centrosinistra europeo” (come lo definisce D’Alema). Si vuole chiedere al Pd di ridiscutere i Trattati che ha votato in Parlamento? In questa posizione si coglie una certa arroganza e un certo illusionismo. L’arroganza di far rimangiare al Pd voti che hanno segnato le tappe della definizione dell’agenda europea del suo governo, se mai vincerà le elezioni, e della sua legittimazione agli occhi dei mercati e delle élites dirigenti europee. L’illusionismo è di credere e far credere che Sel, forte solo della sua alleanza, potrà aprire la via alla modifica dei Trattati. Tutti sanno, e per primo lo sa Bersani (si veda la sua intervista a Il Sole24ore del 9 agosto), che qualsiasi governo nei prossimi anni dovrà attuare l’agenda europea, sotto il ricatto della crisi del debito sovrano. Vuole Sel davvero aprire la via la cambiamento? Allora deve elaborare un’agenda europea alternativa, ma certo non potrà farlo con il Pd.
Un ultimo punto, non secondario. Ancora nel documento del 31 agosto Sel rivendica un progetto di legge elettorale che dia potere agli elettori di scegliere i rappresentanti e le coalizioni di governo, richiamandosi al mattarellum, quindi a un sistema elettorale maggioritario, che affidava agli elettori il compito primario di investitura del governo. È Sel che ha trasformato la cultura del Pd o è Sel che si è acconciata alla communis opinio che le elezioni servono ad eleggere il governo e non la rappresentanza? Anche questa è una torsione verso posizioni che esaltano la governabilità a scapito della rappresentanza democratica. Sulla questione “governo” si è infranta la sinistra, occorre più consapevole modestia intellettuale per affrontarla, figuriamoci per risolverla.

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