Poche cose sono importanti in una democrazia come la
legge elettorale. Eppure in questi giorni la “strana” maggioranza che
sostiene Monti sta varando una nuova legge elettorale, senza alcun
dibattito vero nell’opinione pubblica e circondata dal più assordante
silenzio (ahimé, sembrerebbe anche da parte dei Partiti della sinistra
di opposizione).
La legge elettorale stabilisce, per così dire, le regole del gioco, e
dunque più di qualsiasi altra legge essa dovrebbe tutelare non solo la
maggioranza ma, evidentemente, anche tutte le minoranze, e direi perfino
chi è stato escluso dal Parlamento, a causa della legge elettorale
“porcellum” che si dice unanimente di voler superare. Appartiene alle
vergogne del berlusconismo il fatto che la legge elettorale “porcellum”
sia stata partorita – nel proprio esclusivo interesse – dalla
maggioranza berlusconiana di allora, così come – occorre riconoscerlo –
appartiene alla vergogne del centro-sinistra non aver modificato quella
legge negli anni del Governo Prodi in cui esso (PRC e PdCI compresi) era
maggioranza in Parlamento. E ora si vuole ripetere quell’obbrobrio?
Cioè costruirsi una nuova legge elettorale “su misura”, magari non più
solo su misura della destra berlusconiana ma anche delle altre
componenti (leggi: PD) dell’attuale maggioranza? Fra le “voci” che hanno
accompagnato le trattative fra PdL, PD e UDC per la nuova legge
elettorale (tutti gli altri sono esclusi!) si è giunti perfino ad
ipotizzare un premio di maggioranza “doppio”, per i primi due partiti
(un non-senso politico e giuridico che non esiste in nessun Paese del
mondo), oppure a escludere dallo sbarramento chi avesse dei quozienti
alti in almeno tre Regioni (una norma evidentemente pensata su misura
per la Lega Nord), o il cosiddetto “semi-presidenzialismo” (che in
realtà sarebbe un iper-presidenzialismo) che affiderebbe enormi poteri a
un uomo solo eletto direttamente, in evidente spregio al carattere
parlamentare della nostra Costituzione, o altre porcherie “su misura”
del genere; per questa via si potrebbe arrivare a mettere nella legge
elettorale che valgono di più i voti dati a Partiti che hanno un
segretario con i capelli finti oppure uno semicalvo ma purché abbia un
forte accento emiliano. Per fare un paragone calcistico, produrre con
questi metodi una legge elettorale sarebbe come affidare a un duetto
composto da Moggi e Galliani il potere di nominare gli arbitri e anzi di
decidere anche le regole del campionato. Possiamo accettarlo?
Io penso che se c’è una materia in cui il Presidente della Repubblica
dovrebbe svolgere il suo ruolo di garante della Costituzione, ebbene
tale materia è la legge elettorale! Non spetta al Presidente della
Repubblica fissare il calendario dei lavori parlamentari (come
Napolitano fece nel dicembre 2010, salvando Berlusconi che aveva perso
la maggioranza), né invitare il Parlamento a sbrigarsi a votare le
fiducie o a obbedire alla Banca Centrale Europea; ma credo che
spetterebbe a lui affermare fin d’ora che si rifiuterà di firmare una
legge elettorale che sia in contrasto con la Costituzione, e
specificamente che violi l’art.48 della Costituzione Repubblicana il
quale recita: “Il voto è personale ed eguale, libero e segreto”.
Se noi invece assumiamo, come dobbiamo fare, l’art.48 come nostra
bussola, ne derivano alcune conseguenze, che a me paiono evidenti, e che
ci permettono di orientarci sui quattro principali punti in
discussione: a) il premio di maggioranza, b) lo sbarramento, c) le
preferenze; esaminaiamoli partitamente.
a) Il premio di maggioranza; questo è, direi “per definizione”, la
violazione del carattere “uguale” del voto previsto dall’art.48. Se un
voto presenta una maggiore (chiamiamola così) vis electiva o capacità di
eleggere rispetto a un altro voto, insomma se un voto vale di più di un
altro, ecco che il carattere “uguale” del voto degli elettori va a
farsi benedire.
Ricordo che il premio di maggioranza fu introdotto dalla legge
fascista Acerbo per chi superasse il 25% dei voti, e che esso consentì a
Mussolini di avere una maggioranza schiacciante di deputati pur senza
avere la maggioranza dei voti. Il premio di maggioranza era previsto
dalla “legge truffa” del ’53 (battuta dal movimento democratico), ma
rispetto al “porcellum” e alle proposte attuali la “legge truffa” era
rose e fiori, giacché essa richiedeva almeno che ne fruisse chi avesse
riportato il 50% più uno dei voti (e per questo la “legge truffa” non
scattò); ora si vorrebbe invece addirittura rendere maggioritario in
Parlamento il partito “primo arrivato” che non ha riportato però la
maggioranza dei voti. Esattamente come ha fatto la fascistissima legge
Acerbo. Il premio di maggioranza viene motivato, da un’ossessiva e
pressoché unanime campagna di stampa, con l’esigenza della
“governabilità”. Non è questa la sede per valutare teoricamente questo
concetto (che a me appare intrinsecamente anti-democratico); mi limito a
far notare che – antidemocratico o no che sia – si tratta comunque di
un concetto truffaldino e insostenibile: potrebbe infatti darsi che il
Partito che riporta più voti, avendo così diritto al premio di
maggioranza (“almeno del 15%!”, si dice che abbia detto Bersani,
convinto di aggiudicarselo) non sia però in grado di formare attorno a
sé una coalizione maggioritaria e debba perciò stare all’opposizione; in
questo caso (niente affatto impossibile: ipotizziamo che il PD “arrivi
primo”, ma che la somma di Berlusconi, Lega e UDC sia maggioritaria, o,
viceversa, che Berlusconi arrivi primo, ma che la somma PD, UDC, IdV sia
maggioritaria) ecco che il premio di maggioranza a chi “arriva primo”
impedirebbe la costituzione di un Governo, invece di favorirla.
Poiché il nostro infelice Paese sembra avere la memoria corta (e il
monopolio borghese dei mass media serve efficacemente a garantire queste
“dimenticanze”), mi permetto di ricordare che proprio il premio di
maggioranza del “porcellum”, combinato con lo sbarramento delle liste
che non avevano raggiunto il 4% dei voti, fu ciò che consentì il Governo
di Berlusconi (Vedi Tabella).
Tabella 1: L’effetto deformante
della volontà popolare operato dal premio di maggioranza e dallo
sbarramento nelle elezioni politiche del 2008.
Partiti | Percentuale voti | Seggi con il “porcellum” | Seggi con la proporzionale | Differenza fra volontà popolare e seggi assegnati |
Pdl | 37,4 | 272 | 241 | + 31 |
Lega | 8,3 | 60 | 53 | + 7 |
Mpa | 8 | 7 | + 1 | |
Totale coalizione Berlusconi | 45,7 | 340 seggi (pari al 55% dei seggi) | 301 seggi (15 seggi meno della maggioranza) | + 39 |
Pd | 33,2 | 211 | 214 | - 3 |
IdV | 4,4 | 28 | 28 | 0 |
Udc | 5,6 | 36 | 36 | 0 |
Sinistra arcobaleno | 3,1 | 0 | 20 | -20 |
Destra | 2,4 | 0 | 15 | -15 |
Altri (Svp, etc.) | 3 | 3 | 0 |
b) Lo sbarramento; per questo punto vale dunque quanto detto in
precedenza: si tratta di una violazione palese del principio di
eguaglianza del voto sancito dall’art.48: il mio voto non è più eguale
al tuo se il mio – per ipotesi – non può eleggere nessuno. Ma è anche
una violazione del carattere libero del voto, giacché se io sono
costretto a scegliere un Partito sicuro di superare il 4% dei voti, per
non rischiare di vedere annullato il mio potere di eleggere, ecco che
anche la libertà del mio voto (non solo la sua uguaglianza) è
conculcata. Quanti bravi compagni (bravi si fa per dire…) hanno votato
nel 2008 per il PD dei Calearo o delle Binetti perché si sono sentiti
“costretti” a farlo dal “porcellum”, in contrasto con le loro più
profonde convinzioni? Vogliamo rifarci? Non si rende conto il PD che,
riproponendo tale miserabile trucchetto, questa volta otterrebbe solo un
aumento inaudito delle astensioni o del voto a Grillo?
Faccio notare che grazie allo sbarramento ci sono stati nel 2008 ben
3.578.000 voti espressi, pari al 10% degli elettori (sarebbero il terzo
partito italiano!), che non hanno avuto alcuna rappresentanza
parlamentare. Una vergogna. Ora propongono di portare la soglia al 5%. E
perché mai? Perché non al 7% o al 2% o al 13%? Forse perché le liste
che il PD vuole tenere fuori dal Parlamento sono ora date dai sondaggi
attorno al 4%? E se la FdS fosse data al 5% lo sbarramento sarebbe
portato al 6%? Ma può essere questa una motivazione per una legge
elettorale di un paese che si dice democratico? E faccio ancora notare
che il 5% dei voti corrisponde circa a due milioni e mezzo di voti.
Perché due milioni e mezzo di cittadini/e non debbono poter avere una
rappresentanza parlamentare? L’unico sbarramento che non è
contraddittorio con la nostra Costituzione è quello fisiologico, vigente
fino al 1992, cioè quello rappresentato dal quoziente necessario per
eleggere un deputato (il numero dei voti validi totali diviso per il
numero dei parlamentari da eleggere).
In questo caso si dice ossessivamente (con la potenza di fuoco dei
media) che questo serve a evitare la cosiddetta “frammentazione”.
Argomento del tutto risibile. Intanto mi permetto di dire che se
l’elettorato vuole “frammentare”, cioè produrre con il suo voto un
Parlamento in cui siano rappresentati molti Partiti, non si vede quale
mamma o quale papà debbano impedirglielo, e in base a quale criterio
democratico ciò possa avvenire. Democrazia è dove gli elettori giudicano
il potere e non dove il potere giudica gli elettori. Ma soprattutto
l’esperienza dimostra (ancora una volta: basterebbe un po’ di memoria)
la falsità di questo argomento. Con la proporzionale, fino al 1992-3
c’erano in Parlamento 8 o 9 Partiti; con il premio di maggioranza e lo
sbarramento il loro numero era salito e oscillava fra i 30 e i 40! E il
motivo è presto detto: per sfuggire alla tagliola dello sbarramento e
per contribuire a far scattare il premio di maggioranza si è costretti a
presentarsi al voto tutti assieme appassionatamente, poi, dopo le
elezioni, le differenze riemergono e ci si scinde formando direttamente
in Parlamento il proprio partitino, si chiami questo la “Dc di Rotondi” o
l’MPA di Lombardo o FLI di Fini o l’API di Rutelli o il Partito
radicale o i Repubblicani o i “responsabili” o il come-si-chiama dei
vari Scilipoti, De Gregorio, Sgarbi, Misiti, etc. E poi hanno il
coraggio di parlare della “frammentazione” causata dalla proporzionale!
c) Le preferenze. E veniamo all’ultimo problema aperto, le
preferenze. Se c’è una cosa che è apparsa odiosa e intollerabile del
“porcellum” all’opinione pubblica democratica questa è stata senza
dubbio l’abolizione delle preferenze, cioè l’affidamento alla segreterie
dei Partiti del potere di nominare i parlamentari. Bastava essere messo
in lista nella posizione giusta e l’elezione era assicurata. Così, come
Caligola elesse al Senato il proprio cavallo, Berlusconi elesse con
questo sistema al Parlamento i suoi famuli e le sue veline (e alla
Regione Lombardia la Minetti) senza che nessun elettore li abbia mai
votati nominativamente. Tutti, almeno nel centro-sinistra, hanno
condannato per anni questo sistema oltraggioso; ma ora si dice che sia
proprio il PD la parte più decisa a voler conservare questo obbrobrio.
Il compromesso sarebbe nominare un 75% dei parlamentari e lasciar
scegliere agli elettori (bontà loro!) il restante 25%, o variare queste
percentuali ma garantendo comunque che le segreterie dei Partiti possano
nominare una bella quota di parlamentari (per ipotesi: quelli fra i
loro che hanno più necessità dell’immunità parlamentare?). Anche in
questo caso l’argomento propagandistico addotto, e ripetuto fino alla
nausea, è il voler evitare la corruzione legata alle campagne elettorali
individuali e al possibile “voto di scambio”; ma con questo
ragionamento, vagamente razzista, tanto vale abolire le elezioni, dato
che gli elettori possono essere corrotti. E non possono essere dei
corrotti e dei corruttori quelli che li nominano? Di nuovo, l’esperienza
di questa Legislatura ci dimostra, con la forza inoppugnabile dei
fatti, che non c’è stato Parlamento più corruttibile e più corrotto di
questo dei “nominati” che non sono passati per la preferenza nominativa
degli elettori. La corruzione elettorale non si sconfigge limitando il
potere di scelta delgi elettori ma, ad esempio, sancendo la
ineggelibilità (anzi: la incandidabilità) almeno dei condannati, e
magari, già che ci siamo, applicando una volta per tutte la inapplicata
legge sul limite massimo per le spese elettorali.
Una variante di questa posizione è rappresentata dalla reintroduzione
dei collegi uninominali, in cui quello che arriva prima prende tutto e
il secondo, fosse anche con il 49,9% dei voti, non prende niente. È
evidente il carattere antidemocratico di questo sistema, su cui potremmo
argomentare a lungo: basterà dire che può accadere (come in effetti è
accaduto in Gran Bretagna, l’unico Paese al mondo che usa un tale
sistema) che un Partito abbia la maggioranza dei voti ma tuttavia
ottenga una minoranza di seggi, così come può accadere (di nuovo: in
Gran Bretagna è successo) che un Partito con il 20% dei voti, ma sparsi
su tutto il territorio, non abbia nessun seggio, perché arriva sempre
secondo, mentre hanno seggi dei micro-partiti locali capaci di arrivare
primi in qualche collegio. Ma l’obiezione fondamentale è un’altra: chi
sceglie i nomi da candidare nel collegi, e per ipotesi nel collegi
“sicuri”? Di nuovo, evidentemente, le segreterie dei Partiti (e creda
chi vuole crederci alla favoletta delle primarie che decidono davvero i
nomi dei candidati!); e così si torna – solo con qualche ipocrisia in
più – a un Parlamento di “nominati”.
Io penso che il Parlamento dei nominati sia – di nuovo – una
violazione della Costituzione, e in modo flagrante dell’art. 67 che
recita: “Ogni parlamentare rappresenta la Nazione ed esercita la sua
funzione senza vincolo di mandato”, a garanzia della altissima dignità e
della assoluta libertà dei parlamentari. Se è del tutto evidente che il
parlamentare eletto in un collegio uninominale rappresenta non la
Nazione ma solo quegli elettori di quel territorio, è ancora più
evidente che il parlamentare nominato (direttamente o indirettamente)
dalla segreteria del Partito non risponde più solo alla propria
coscienza e ai propri elettori ma risponde, evidentemente, a chi lo ha
nominato. A conferma di questa radicale umiliazione della democrazia e
del Parlamento, dobbiamo richiamare alla memoria i comportamenti dei
parlamentari berlusconiani o, almeno questo, è ancora presente alla
memoria di tutti?
Siamo dunque di fronte a rischi gravissimi per la nostra democrazia:
la nuova legge elettorale che stanno preparando, praticamente in
segreto, i Partiti dell’attuale maggioranza (su propria misura e per
tutelare solo i loro discutibili interessi) rischia di introdurre
stravolgimenti irreparabili nel fragile tessuto della democraiza
italiana. C’è qualcosa che noi, tutti e tutte, possiamo fare per
impedire questo esito? È possibile che scenda in campo un movimento
democratico ampio ed unitario per rivendicare una legge elettorale
rispettosa della Costituzione? Rivolgo queste domande ai nostri lettori e
alle nostre lettrici, aspettando risposte.
Certo è che non c’è più molto tempo, anzi non c’è un solo giorno da perdere.
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