martedì 24 febbraio 2015

Intervista a Fausto Bertinotti: “Landini? Bravo e intraducibile in politichese. Come Podemos e Syriza”




Quella di Landini mi sembra una efficace e brillante individuazione di un percorso di politicizzazione dei movimenti senza dover battere la scorciatoia della formazione del partito politico. E’ una rottura degli schemi tradizionali, non prevede scissioni e percorsi arcinoti che appartengono al passato. Punta ad una coalizione sociale che non ha come obiettivo il consenso, ma invece parte dal consenso sociale e conflittuale e riesce così ad avere una sua vocazione maggioritaria fuori dagli schemi istituzionali in cui Renzi stravince e la sinistra è prigioniera. Un po’ come Syriza in Grecia e Podemos in Spagna ”.
Per Fausto Bertinotti, ex segretario di Rifondazione Comunista avvezzo all’analisi sui movimenti sociali, è semplicissimo leggere l’operazione avviata da Maurizio Landini. Più difficile, ammette l’ex presidente della Camera in questa intervista all’Huffington Post, è spiegarla all’esterno, vale a dire a un dibattito politico che continua a ragionare in termini tradizionali, dimenandosi tra previsioni di scissioni di partiti e nascita di nuovi partiti. Non è così, insiste a dire Bertinotti, guardando agli esempi di Syriza in Grecia e di Podemos in Spagna, utili per inquadrare l’apertura del segretario della Fiom verso la realizzazione di una “coalizione sociale” che includa nuovi e vecchi precari, partite Iva, No Tav, insomma tutte quelle “pulsioni critiche” che esistono in società, sono fondate su bisogni reali e che però sono lasciate fuori da quel “partito di governo” che è il Pd.
Come inquadra l’operazione di Landini?
Penso sia una mossa di grande intelligenza politica e assolutamente condivisibile. E’ la conferma che il segretario della Fiom pensa ad una crescita quantitativa e qualitativa della Fiom e del sindacato dentro quella che lui chiama correttamente ‘coalizione sociale’. È il contrario della trasmigrazione del sindacato al partito. Questa è una sollecitazione datata. Landini è uno dei protagonisti della vita politica e sociale del paese e propone una via rispetto alla mancanza di un soggetto politico, di un partito in grado di interpretare una sinistra che sia protagonista, visto che oggi non lo è. E’ una mossa intelligente aiutata da un paio di vicende come quella greca e quella spagnola.
In che senso e in quali termini l’esperienza di Syriza e quella di Podemos possono concretizzarsi da noi? Possono?
Siamo all’indomani della sconfitta storica del movimento operaio. In questa sconfitta, un soggetto come il sindacato è stato molto manomesso e provato, mentre un altro soggetto – il partito – ha avuto una mutazione genetica perché oggi si configura solo come partito del governo e lascia orfana la sinistra sociale, i movimenti, le pulsioni critiche. Ora, di fronte a questo quadro, la risposta tradizionale sarebbe: facciamo un nuovo partito. Tutta la storia del dopoguerra, anche la mia, si è svolta in questo modo. Cioè: rispetto allo spostamento di una forza politica, alla sua involuzione moderata o alla sua istituzionalizzazione che dir si voglia o ancora rispetto al suo spostamento dalla sinistra al centro, si procedeva con le scissioni, nasceva una realtà alla sua sinistra. Oggi questa storia è impraticabile non si dà più. Quello che è avvenuto è questa trasformazione: non c’è più nulla da scindere. E il problema non è ritrovare la sinistra perduta ma costruire una nuova soggettività nella quale non è detto che la distinzione tra sindacato e partito debba reggere ancora: chi lo sa, non è questo il punto.
Dunque, Syriza e Podemos sono esperimenti trasferibili anche in Italia?
Con Syriza e Podemos è dimostrato che quello di cui hai bisogno è una sinistra che non sia la riedizione di una delle tante sinistre del passato, ma una ‘nuova sinistra’, non una ‘sinistra nuova’.
Qui il lettore aggrotta la fronte: spieghiamo.
Faccio un esempio: quando chiedono al leader di Podemos, Pablo Iglesias, se il suo sia un movimento di sinistra, lui dice che potrebbe rispondere solo più in la nel tempo. Lui dice che viene da Gramsci e da Marx, certo, ma non dice che il suo è un movimento di sinistra. Ecco: questa soggettività nasce da un avvenimento che rimescola tutte le carte e riapre a un protagonista ancora sconosciuto. L’intuizione forte di Landini è operare questa mossa. A chi chiede cosa fa, lui dice il problema che abbiamo è costruire una coalizione sociale per un cambiamento dei rapporti sociali, per una nuova soggettività politica con una forma che non siamo in grado di prevedere ora. E’ la rottura dello schema tradizionale. Di fronte alla mutazione genetica di un partito e all’impotenza delle altre forze in campo, si deve percorrere una strada completamente diversa e Landini coglie questa esigenza, si colloca fuori da un campo in cui si pesta solo l’acqua nel mortaio.
Perché la Grecia ha prodotto Syriza, la Spagna ha prodotto Podemos, mentre l’Italia ha prodotto solo Renzi come fenomeno nuovo della politica?
Viene da rispondere con una battuta. Quando cadi da un punto alto, ti fai molto più male. Noi in Italia negli anni dal ‘68-69 alla fine degli anni ‘70 abbiamo avuto una struttura molto forte di partito, il Pci, un sindacato confederale forte e una stagione totalmente originale che ci ha portato vicinissimi ad un radicale cambiamento. Ancora adesso le classi dirigenti sono impegnate a indebolire il patrimonio di diritti conquistati negli anni ’70: lo hanno messo nel mirino da 35 anni, tanto erano solide quelle conquiste, dallo stato sociale al contratto nazionale, la democrazia partecipata, lo statuto dei lavoratori. Ancora oggi lavorano a demolirle e forse il Jobs Act chiude 35 anni di tentativi di demolizione. Eravamo lì, così in alto: essere sconfitti ad un passo dal cambiamento ha prodotto una lunga scia che ci ha lasciato devastati. Ora con il Jobs Act si conclude quel rovesciamento del conflitto di classe cominciato all’inizio degli anni ‘80 con l’abbattimento della scala mobile, con la sinistra che rimane schiacciata e in parte trasmigra dalla parte dei vincitori.
Dunque, solo dopo il Jobs Act in Italia è maturo il tempo per una ‘coalizione sociale’?
Fuori dal quadro che fin qui ho descritto, non c’è il problema della formazione di un nuovo partito ma di una nuova cultura politica. Landini è il segretario della Fiom e questo suo ruolo lo aiuta a non lasciarsi abbagliare dalle scorciatoie. La costruzione di una nuova soggettività si pone dalla società non dalla politica: per capirlo bisogna indagare la società…
Torno a Syriza e Podemos: può nascere qualcosa di simile in Italia?
Siriza nasce sulla base di una lotta di massa e popolare nel lungo periodo e in una condizione socialmente drammatica. In Grecia quel protagonismo di massa ha prodotto una nuova costruzione con un tessuto fatto di mutuo soccorso come nell’800, con la costruzione di leghe e società di mutuo soccorso. Contemporaneamente hanno scelto come elemento discriminante la lotta alle politiche di austerità e all’oligarchia. Perché è successo? Prima che c’era? I miei amici del Synaspismos e dall’altro lato il Kke, il partito comunista greco che non casualmente è rimasto com’è. Ma il Synaspismos, il suo quadro dirigente, si immerge in questo movimento e nasce la nuova costruzione. Perché Podemos? Perché in Spagna hanno avuto ‘Occupy’ in tradizione spagnola, sono gli indignados che formano Podemos che non è una costola dei socialisti o dei comunisti o di Izquierda Unida. E’ l’innesto su un movimento originale che determina il tutto. Non si tratta del processo tradizionale: dottrina-costruzione del sistema di partito-rapporto con le masse. Adesso il processo è rovesciato.
Vuol dire che in Italia non c’è il ‘movimento originale’?
Anche in Spagna non esisteva fino a un anno prima. Il movimento originale non esiste in Italia, ma stiamo parlando di un fenomeno nuovo che può accadere domani. L’intuizione di Landini è proficua perché è l’idea di una coalizione fatta per quello che si può anticipare, ma è soprattutto un mettersi a disposizione di quello che può crescere da una struttura orizzontale e non verticistica come i partiti tradizionali. Landini vede l’insufficienza del sindacato ma giustamente non individua la via d’uscita attraverso un nuovo ‘patronage’ sui movimenti. Bensì mette la Fiom e il concetto di una sua nuova autonomia a disposizione di quello che potrà nascere dai movimenti di precari, No Tav, partite iva e ciò che si muove in società e fa sì che, quando emergono, abbiano una vocazione maggioritaria che non troverebbero altrimenti. Come mai Syriza e Podemos, pur essendo radicali, hanno una vocazione maggioritaria? Perché non nascono per conquistare il consenso, ma nascono dal consenso sociale e conflittuale. È così vero che queste due formazioni non praticano nessuna delle politiche di alleanza tipica delle vecchie forze di sinistra: quelle si alleavano con il moderato di turno, invece no. Piuttosto Syriza si allea con una formazione che chiameremmo di destra, ma non col Pasok perché la discriminante negativa è con chi ha avuto la responsabilità di governo finora. Questo schema consente a Landini di continuare ad essere com’è: un fortissimo dirigente sindacale che non cambia di pelle, non trasmigra, non fa altro mestiere ma contemporaneamente assume il compito di operare questa nuova politicizzazione dal basso nella forma specifica che questi movimenti possono dare.
Si può fare una previsione sui tempi per la nascita di questa coalizione sociale?
No. Non per reticenza, ma per analisi dei processi è impossibile: dipende dall’intensità, dalla forza dei processi di coalizione sociale, non puoi inventarla, puoi contribuire. Non è un nucleo verticale, non è un partito, nessuno può farla così, oggi men che mai. E però è indispensabile se vuoi fronteggiare una politica economica e sociale che ti schianta anche a livello culturale. L’idea di una coalizione sociale è la formula più allusivamente convincente per il processo da realizzare. E Landini è bravo e coraggioso tanto più che questa allusione così efficace dal punto di vista interno è difficilmente traducibile nel linguaggio politico corrente. Ma l’importante è determinare le forze che si sottraggono al gioco della politica come si esercita ora. Renzi stravince sulla riforma costituzionale e sul Jobs Act perché il campo delle opposizioni è prigioniero di una dimensione separata della politica e questa conclusione di drammatica innovazione restaurativa non trova oppositori perché Renzi ti impriogiona nel terreno istituzionale. La partita si fa fuori da quei giochi: per ricominciare bisogna essere alieni, stranieri.

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