martedì 3 febbraio 2015

Ventimila miliardi di lire di Renzo Massarelli

La trasformazione in autostrada della E45 rappresenta l'opera più costosa custodita nei cassetti, per ora, dell'Anas. Per scriverla in lire ci vogliono tredici zero. Solo il progetto del ponte di Messina gli può stare alla pari. Non ci vuol molto, quindi, a capire che si tratta, di conseguenza, del più grande affare, per un sacco di gente, dei tempi nostri. Solo gli ingenui possono pensare che una cifra con la quale si potrebbero sistemare tutte le emergenze legate alla sicurezza del disastrato territorio italiano non possa essere squisitamente attraente per i soliti prìncipi, valvassori e valvassini che imperano nel ristretto mondo delle grandi opere pubbliche e che, quindi, solo per questo, diventa la priorità italiana, l'occasione che non si può perdere.
C'è chi ci ricorda che si tratta di un investimento privato, a parte un paio di miliardi che non entreranno nelle casse dello stato per via di graziosissimi sgravi fiscali. Si tratta allora di un investimento che si misura con le regole del libero mercato? Mica tanto. A parte i proventi del pedaggio esistono nel contratto delle voci che garantiscono a chi costruisce la copertura di eventuali perdite. Paga lo stato, cioè noi, prima con il pedaggio e poi con le tasse. Si lavora con la garanzia del guadagno, comunque.  Sembra il solito miracolo dei pani e dei pesci dove tutti mangiano e nessuno paga, una storia di duemila anni fa. Invece è storia dei giorni nostri. I coraggiosi capitani d'impresa costruiscono l'autostrada più lunga d'Italia dopo quella del Sole senza rischiare nulla.
Il problema della E45 tutta nuova e larga il doppio è uscito dalle assemblee dei soliti e mai troppo amati ambientalisti grazie a una iniziativa del comune di Perugia che ha invitato i cittadini a discuterne nel corso di un consiglio comunale straordinario, il cosiddetto "Consiglio Grande". Così, per la prima volta, il giorno dopo, abbiamo potuto ascoltare persino la voce del Pd, non quella delle istituzioni, ma proprio del partito, quello di Piazza della Repubblica dove si ripetono i soliti concetti di sempre. Il progetto rappresenta una importante occasione di sviluppo e di rilancio del territorio, rompe l'atavico isolamento dell'Umbria, dovrà rispettare la sempre invocata sostenibilità ambientale. Vogliono un'autostrada vera e propria ma la vogliono anche rispettosa del territorio. "Non sproporzionata". Al botteghino non hanno ancora spiegato che le autostrade sono tutte uguali e non è previsto un modello speciale per la valle del Tevere o per la straordinaria zona del Monti Martani. Un'autostrada è un'autostrada e basta. Il Pd la vuole o no? Certo che la vuole, però salvaguardando il territorio, senza aggravio di traffico, anche di mezzi pesanti, senza che si ingolfi il transito sulle strade laterali e liberando gli abitanti dei comuni interessati dal lungo serpentone dal pagamento del pedaggio. La botte piena e la moglie ubriaca. Perché no?
Il Pd è forza di governo. Bene, vada al ministero dei lavori pubblici e ponga la questione. Cioè, provi a spiegare perché i veneti, i romagnoli, i laziali sono meno uguali, come cittadini italiani, degli umbri. Poi spieghino che l'Umbria è una regione isolata pur con i due vecchi raccordi autostradali e con tre superstrade in costruzione da qualche tempo che la collegano con il mare delle Marche, il famoso quadrilatero, e con quello della Toscana, la Due Mari, appunto. Poi spieghino ancora che le merci prodotte in Umbria in Umbria restano per gran parte. Di quale sviluppo parlano i nostri giovani politici? Naturalmente la necessità di non massacrare l'ambiente e le valli più straordinarie di questa regione resta sempre sullo sfondo. Sono cinquanta anni che non facciamo che lamentarci per il nostro isolamento e non ci siamo accorti di essere una delle regioni più ricca di strade ma con i salari più bassi d'Italia. Le vere risorse dell'Umbria, il suo equilibrio naturale, il territorio e l'agricoltura e anche, certo, la vitalità del settore manifatturiero sono questioni troppo serie per essere lasciate nelle mani di una classe dirigente che vuole tutto e il contrario di tutto, quindi, non sa cosa vuole. Dentro questo dilemma ci sono tutti, la sinistra e la destra. Non tutte le strade portano a Roma, una volta, forse. Adesso vanno verso lidi sconosciuti e misteriosi dove c'è di tutto, e non sempre i veri interessi di questo paese.

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