Lo slogan "No Taxation without Representation" (nessuna tassazione senza rappresentanza) fu utilizzato nel 1775 dalla Virginia per sancire l'illegittimità delle tasse decise da Londra nelle situazioni in cui era assente la rappresentanza parlamentare dei cittadini. 240 anni dopo Renzi cambia verso a questo principio: taxation without representation
Avremo il governo della minoranza
di Gianni Ferrara
Si deve insistere senza rassegnarsi. Senza remore
va qualificata l’enormità della contraddizione tra i principi
della Costituzione, tra la minima concezione della democrazia e la
legge elettorale approvata in sostituzione del porcellum
riproducendone però sfacciatamente le incostituzionalità
accertate dalla Corte. Incostituzionalità che riveste
e imbelletta. Nulla e nessuno però può nascondere che l’italicum
infrange i fondamenti della democrazia rappresentativa e mira
a dissolverla conculcando il diritto di scegliere chi votare come
proprio rappresentante in Parlamento.
Nelle "20 circoscrizioni elettorali suddivise nell’insieme in 100 collegi plurinominali" i capilista,
se la lista che capeggiano otterrà seggi, risulteranno
automaticamente eletti senza essere stati votati. Così i deputati
“nominati” dai capipartito risulteranno tanti quante saranno le
liste che otterranno seggi. Quelle che di seggi ne conquisteranno
uno solo, lo troveranno già scelto.
L’italicum rinnega poi il principio di uguaglianza prevedendo il “premio di maggioranza”,
un dispositivo che prescrive nientemeno che la falsificazione
della volontà dal corpo elettorale mediante la manipolazione del
risultato dei voti espressi.
In qualsiasi pluralità umana la maggioranza dei voti si identifica nella loro metà più uno. Il
“premio di maggioranza” non è attribuito a chi questi voti li ha
acquisiti ma a chi non li ha acquisiti. Lo si conferisce ad una
minoranza, a quella che ottiene un solo voto in più di ciascuna altra.
Si traduce quindi in un privilegio per una delle minoranze
rispetto a tutte le altre. Privilegio che comporta
disconoscimento di voti validi e sottrazione di seggi alla
maggioranza reale, reale perché composta dalla somma delle liste
votate, esclusa la minoranza privilegiata. Quella a cui il corpo
elettorale ha negato di diventare maggioranza ma contro la volontà
popolare ne acquista il potere. Un’assurdità, una illogicità
manifesta.
L’italicum è vorace. Non solo assegna 340 seggi alla lista che ottiene il 40 per cento dei voti
(88 in più di quanti le spetterebbero). Ma, al secondo turno, che
interviene se nessuna lista ha ottenuto il 40 per cento dei voti al
primo turno, col ballottaggio tra le due liste più votate,
attribuisce comunque questi 340 seggi, perciò anche ad una lista
che di voti ne può aver avuto il 35 per cento, il 30, il 20 …
L’italicum, comunque, dissolve la democrazia rappresentativa stravolgendo
la forma di governo e declassando il ruolo del Presidente della
Repubblica. Perché trasforma l’elezione al Parlamento in elezione
del “primo ministro, capo del governo”, la doppia denominazione che
definiva la forma di governo vigente in Italia dal 3 gennaio 1925 al
settembre 1943.
L’inventore dell’italicum, il politologo D’Alimonte, sostiene
che il mostriciattolo che ha inventato realizza l’elezione diretta
del premier ma non modifica la forma parlamentare di governo.
Affermandolo o finge di non saperlo o ignora che la forma
parlamentare di governo si identifica nella responsabilità del
governo nei confronti del parlamento, organo della rappresentanza
politica che esprime la sovranità popolare. Rappresentanza cui
l’elezione diretta del premier sottrae tutti i poteri trasferendolo
proprio al premier e renderlo anche dominus nelle elezioni degli
organi di garanzia, Presidente della repubblica, Corte
costituzionale, Csm.
Questa radicale mutazione della forma di governo nel suo opposto
e questa oscena mistificazione di una qualche ipotesi di
democrazia si connettono poi con la cosiddetta “riforma” del
Parlamento che maschera, col superamento del bicameralismo
paritario, l’eliminazione (della sede) di un contropotere allo
strapotere del capo del governo nel regime che Renzi sta costruendo,
quello dell’autoritarismo.
Va detto senza ambagi. L’italicum distorce l’arma indefettibile dei cittadini, il voto. Svuota
la rappresentanza politica. Asservisce il Parlamento al
governo. Soffoca la sovranità popolare. Investe di tutto il potere
una persona sola. Il testo di questa legge dovrà ora superare il
controllo della promulgazione che deve essere quanto mai severo. Lo
sia. In pericolo è la democrazia italiana.
Per pochi eletti
di Andrea Fabozzi
Un terzo dell’emiciclo vuoto, 334 deputati favorevoli, molti meno della maggioranza di governo eppure
sufficienti per approvare la nuova legge elettorale. Che non è una
riforma della Costituzione ma cambierà nella sostanza la forma di
governo con l’elezione diretta del presidente del Consiglio, al
quale sarà garantito il controllo dell’unica camera politica
destinata a sopravvivere. Si voterà per l’esecutivo e non più per la
rappresentanza parlamentare.
Alle sei e venti del pomeriggio l’aula di Montecitorio
chiude un decennio di tentativi di modifica della legge Calderoli
licenziando un quasi clone, simile nel merito — premio di
maggioranza e "nominati" — e identico nel metodo. Berlusconi nel
2005 non aveva messo la fiducia, ma anche quella legge elettorale fu
approvata solo dalla maggioranza di governo. Con qualche voto in
meno alla camera, 323 (e l’opposizione anche allora fuori), solo perché
non c’era il super premio di maggioranza, introdotto proprio dal
Porcellum e confermato adesso dall’Italicum.
La legge da oggi è alla firma di Mattarella, al
quale si sono rivolti alcuni deputati di minoranza, soprattutto i 5
stelle dall’aula di Montecitorio, per chiedergli di non firmarla.
Mentre il coordinamento per la democrazia costituzionale che
ha raccolto le firme contro l’Italicum dopo un incontro — un po’
tardivo, ieri — con la presidente della camera, cercherà di far
arrivare il suo appello anche al Quirinale. In settimana si
riuniranno i giuristi che intendono portare la nuova legge davanti
alla Corte Costituzionale, come già il Porcellum, ed è avviata la
discussione sul quesito referendario con il quale cominciare
a raccogliere le firme per l’abrogazione.
Nessuno realmente crede che Mattarella possa non firmare,
ma è possibile che il capo dello stato debba in qualche modo
accennare allo squilibrio dell’Italicum, che serve ad eleggere solo
la camera dei deputati ma è legge dello stato prima della
cancellazione del senato elettivo. A questo dovrebbe rispondere la
clausola di salvaguardia che prevede l’entrata in vigore della
nuova legge elettorale solo nel luglio 2016. Nulla però garantisce
che per quella data la revisione costituzionale sia compiuta (anzi,
le convulsioni nel Pd e la rottura del Nazareno suggeriscono il
contrario).
La possibilità che il senato debba essere eletto con un’altra legge
— il Consultellum, cioè proporzionale senza premio ma con alte
soglie e una preferenza — è il primo problema dell’Italicum,
soprattutto perché espone la legge a quella "irragionevolezza" che
per la Consulta è criterio di illegittimità: una volta scelto il
sistema proporzionale, il legislatore lo può piegare per esigenze
di governabilità ma la distorsione diventa inutile se non c’è
garanzia che al senato ci sia una maggioranza omogenea con quella
della camera. Anche il secondo problema dell’Italicum ha a che fare con
i rischi di costituzionalità: riguarda la violazione
dell’uguaglianza tra candidati di una stessa lista: il capolista
"blindato" non ha bisogno delle preferenze, tutti gli altri sì. La
tutela del primo in lista concessa a Berlusconi e le
pluricandidature regalo per Alfano moltiplicano il rischio del
voto al buio: l’elettore che indica una o due preferenze lo fa invano
se il suo partito non risulta il vincitore delle elezioni,
e contribuisce a eleggere il capolista, persino in un altro
collegio o circoscrizione.
Un altro problema della nuova legge riguarda il premio di maggioranza,
che assegna il 15% dei deputati in più a chi raggiunge il 40% al
primo turno, ma assicura il 55% anche al vincitore del
ballottaggio. Che a quel punto può ben essere un partito che
è rimasto al di sotto del 30% al primo turno. Il premio finale, in
definitiva, può risultare più alto di quello assegnato nel 2013 dal
Porcellum; all’obiezione il governo risponde definendo il
ballottaggio un vero e proprio altro turno elettorale — con la
speranza che non ci sia il consueto calo di affluenza tra prima
e dopo.
Al secondo turno votano anche gli elettori di
quelle regioni, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta, che hanno già
scelto i propri rappresentanti con un sistema diverso al primo
turno: il che conferma che si tratta di un’elezione non tanto dei
deputati ma del governo e del capo del governo. Proprio gli eletti in
Trentino e Val d’Aosta, se la legge fosse applicata alla lettera,
rischierebbero di far salire il numero dei deputati oltre la quota
costituzionale dei 630: il governo ha risposto a quest’obiezione
(dei 5 Stelle) con un invito al buonsenso, e con nessuna modifica.
Infine, caso unico, l’Italicum tiene insieme lo sbarramento per le minoranze
e il premio per la (cosiddetta) maggioranza. Il risultato è una
distorsione spinta della proporzionalità che può dar luogo
a risultati "bislacchi". Nel caso — nemmeno tanto limite — di due
partiti sopra il 30%, il primo che sfiora il quorum del 40% senza
raggiungerlo, e tutti gli altri partiti sotto la soglia del 3%, ecco
che il primo partito andrebbe al ballottaggio avendo già
conquistato tutti i 340 seggi in palio e magari qualcuno in più. Al
secondo turno, allora, potrebbe solo perdere.
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