Perfino
Clint Eastwood «stecca» la convention repubblicana più moscia a memoria
d'uomo. Il candidato mormone e il suo vice, idolo del Tea Party, hanno i
forzieri strapieni ma lanciano poche proposte: l'unica è la scommessa
sul fallimento di Barack Obama
Tutto secondo copione alla Convention repubblicana di Tampa che si è
conclusa giovedì notte. Solo che il copione era dozzinale ed è stato
interpretato malissimo: anche dal più grande attore salito sul podio,
Clint Eastwood (82 anni), che ha introdotto il discorso finale del
candidato alla Casa bianca Mitt Romney (65 anni) parlando a un Barack
Obama immaginario, cioè a una sedia vuota. Solo che il grande attore
balbettava, incespicava, il suo script era sconclusionato come quello di
tutta la Convention e il suo intervento è stato stroncato come «un
disastro», «imbarazzante», «bislacco» da tutti i commentatori incluso
persino Chris Wallace della Fox News (il canale di Rupert Murdoch
ferocemente conservatore): «Non ci provo neanche a riferire di questa
performance».
Secondo copione lo stesso Mitt Romney che ha subito messo sul tavolo il tema della sua campagna per i prossimi due mesi: fare di queste elezioni un referendum sulla presidenza Obama, puntando sulle promesse non mantenute. E certo è stato curioso sentire l'«ispettore Callaghan» lamentarsi con Obama perché non ha chiuso la base di Guantánamo. Romney ha confermato tutte le banalità che i politologi ci vanno elargendo da mesi, a cominciare dalla lapalissiana osservazione che le elezioni si giocheranno sul tema dell'economia.
Un copione molto dozzinale
Di sicuro Obama non poteva sperare in un avversario più debole e in un ticket più vulnerabile. Mentre George Bush aveva un'enorme comunicativa (caratteristica questa che all'estero non è mai stata divulgata), il sorriso triste dell'ex alcolizzato, l'umorismo autoironico del figlio di un padre troppo padrone, la capacità di farti sentire che lui lo sapeva di essere considerato il rampollo meno dotato politicamente (nei piani della mamma era il fratello Jeb destinato alla Casa bianca), Romney ha tutta la comunicativa di un bambolone di plastica (sta a Bush come Al Gore stava a Bill Clinton, il politico democratico dotato di maggior comunicativa degli ultimi 30 anni). E anche se l'essere ricco non ha mai nuociuto ai candidati alla presidenza (lo stesso Roosevelt veniva da una famiglia patrizia della East Coast), il suo distacco dalla base è tale che giovedì notte la stella nascente repubblicana, il senatore della Florida Marco Rubio (41 anni) ha dovuto ricorrere a una menzogna clamorosa, dire cioè che Romney viene da una famiglia povera, mentre invece il padre George W. era un industriale (per anni presidente e amministratore delegato dell'American Motors Corporations), un politico di primo piano (fu governatore del Michigan e ministro per l'edilizia e l'urbanizzazione) e la madre Lenore era un'attrice di Hollywood sotto contratto con la Mgm: alla faccia delle umili origini!
La leggenda dice che la carriera politica di Romney padre fu distrutta dall'aver detto quel che pensava realmente sulla guerra in Vietnam e che per questa ragione Romney figlio decise fin da ragazzo di non dire mai quello che pensa, o di dire solo quel che ritiene gli altri vogliano sentirsi dire. Sarebbe questa la ragione per cui oggi è ferocemente contrario alla riforma sanitaria di Obama mentre quando era governatore del Massachusetts (uno stato liberal) aveva promulgato una riforma sanitaria più "a sinistra" di quella di Obama (ne aveva redatto il testo insieme al senatore democratico Ted Kennedy), una riforma che la base del Tea Party non gli ha mai perdonato ed è probabile che mai gli perdoni.
«Ticket» tra diversissimi
Né aiuta Romney il suo essere mormone, cioè appartenere a una denominazione religiosa che pratica riti segreti (come il battesimo dei morti) ed è perciò guardata con sospetto dalle sette cristiane, in particolare dai battisti e dagli evangelici, avventisti e pentacostali, che costituiscono il nerbo dei conservatori cristiani, cioè lo zoccolo duro della destra estrema statunitense. Né, in quest'era di crisi economica e disoccupazione, lo rende più simpatico l'essere stato amministratore delegato di una società finanziaria la cui specialità e maggiore fonte di guadagno era chiudere le imprese in difficoltà licenziando migliaia e migliaia di dipendente.
Si spiega così perché Romney si sia scelto come candidato alla vicepresidenza il deputato del Wisconsin Paul Ryan (42 anni), che è la faccia pulita della destra più reazionaria e perciò amatissimo dal Tea Party. Ma Paul Ryan è talmente sbilanciato che alla Casa bianca lo staff di Obama ha brindato quando hanno saputo della sua scelta: e i risultati non si sono fatti attendere, con la prima castroneria pronunciata dal deputato del Missouri Todd Akin, secondo cui il corpo della donna sarebbe in grado (misteriosamente) di sterilizzare lo sperma dello stupratore (ergo: se concepisce, vuol dire che non fu vero stupro e quindi non c'è ragione di abortire).
Casa Bianca, bilancio scarno
L'unica speranza per il ticket Romney/Ryan è quindi puntare tutto sul deludente bilancio del primo mandato di Obama. Perché, se pure vado ripetendo da più di quattro anni (creando malcontento tra i lettori e bacchettate tra le giornaliste del manifesto) che le aspettative puntate su Obama erano eccessive, che il Nobel era un «premio preventivo» (alla stregua delle «guerre preventive» di bushiana memoria), va però detto che il bilancio di questa prima presidenza Obama è inferiore persino alle aspettative più modeste.
Non solo non ha chiuso Guantánamo, non ha fermato il programma delle rendition, ma nulla ha fatto per le energie pulite, nulla per i diritti sindacali, nulla per regolamentare l'arbitrario e irresponsabile strapotere della finanza, né per uscire dalla crisi ha varato il benché minimo programma di lavori pubblici, né ha posto condizioni alle banche cui elargiva migliaia di miliardi del pubblico denaro dei contribuenti, e, per dirla tutta, la sua legge sanitaria è un pasticcio che non solo ha provocato la rivolta dei vecchietti di tutta America, ma l'ha fatto anche inutilmente visto che la legge entrerà a regime solo nel 2014.
Due partiti «mosci» e senza idee
Perciò anche il copione dei prossimi due mesi è già scritto. I repubblicani sperano di riuscire a convincere gli americani che un secondo mandato Obama sarà disastroso, e lo sperano grazie al miliardo (mille milioni) di dollari di finanziamenti di cui dispongono. I democratici contano invece sull'effetto «boomerang» della coppia Romney-Ryan. E lo si vedrà già nella Convention democratica che si apre lunedì a Charlotte (North Carolina), in cui non ci sarà neanche la ritualità di una nuova nomination: tanto che il 2012 sarà ricordato come l'anno delle «Convention mosce».
Secondo copione lo stesso Mitt Romney che ha subito messo sul tavolo il tema della sua campagna per i prossimi due mesi: fare di queste elezioni un referendum sulla presidenza Obama, puntando sulle promesse non mantenute. E certo è stato curioso sentire l'«ispettore Callaghan» lamentarsi con Obama perché non ha chiuso la base di Guantánamo. Romney ha confermato tutte le banalità che i politologi ci vanno elargendo da mesi, a cominciare dalla lapalissiana osservazione che le elezioni si giocheranno sul tema dell'economia.
Un copione molto dozzinale
Di sicuro Obama non poteva sperare in un avversario più debole e in un ticket più vulnerabile. Mentre George Bush aveva un'enorme comunicativa (caratteristica questa che all'estero non è mai stata divulgata), il sorriso triste dell'ex alcolizzato, l'umorismo autoironico del figlio di un padre troppo padrone, la capacità di farti sentire che lui lo sapeva di essere considerato il rampollo meno dotato politicamente (nei piani della mamma era il fratello Jeb destinato alla Casa bianca), Romney ha tutta la comunicativa di un bambolone di plastica (sta a Bush come Al Gore stava a Bill Clinton, il politico democratico dotato di maggior comunicativa degli ultimi 30 anni). E anche se l'essere ricco non ha mai nuociuto ai candidati alla presidenza (lo stesso Roosevelt veniva da una famiglia patrizia della East Coast), il suo distacco dalla base è tale che giovedì notte la stella nascente repubblicana, il senatore della Florida Marco Rubio (41 anni) ha dovuto ricorrere a una menzogna clamorosa, dire cioè che Romney viene da una famiglia povera, mentre invece il padre George W. era un industriale (per anni presidente e amministratore delegato dell'American Motors Corporations), un politico di primo piano (fu governatore del Michigan e ministro per l'edilizia e l'urbanizzazione) e la madre Lenore era un'attrice di Hollywood sotto contratto con la Mgm: alla faccia delle umili origini!
La leggenda dice che la carriera politica di Romney padre fu distrutta dall'aver detto quel che pensava realmente sulla guerra in Vietnam e che per questa ragione Romney figlio decise fin da ragazzo di non dire mai quello che pensa, o di dire solo quel che ritiene gli altri vogliano sentirsi dire. Sarebbe questa la ragione per cui oggi è ferocemente contrario alla riforma sanitaria di Obama mentre quando era governatore del Massachusetts (uno stato liberal) aveva promulgato una riforma sanitaria più "a sinistra" di quella di Obama (ne aveva redatto il testo insieme al senatore democratico Ted Kennedy), una riforma che la base del Tea Party non gli ha mai perdonato ed è probabile che mai gli perdoni.
«Ticket» tra diversissimi
Né aiuta Romney il suo essere mormone, cioè appartenere a una denominazione religiosa che pratica riti segreti (come il battesimo dei morti) ed è perciò guardata con sospetto dalle sette cristiane, in particolare dai battisti e dagli evangelici, avventisti e pentacostali, che costituiscono il nerbo dei conservatori cristiani, cioè lo zoccolo duro della destra estrema statunitense. Né, in quest'era di crisi economica e disoccupazione, lo rende più simpatico l'essere stato amministratore delegato di una società finanziaria la cui specialità e maggiore fonte di guadagno era chiudere le imprese in difficoltà licenziando migliaia e migliaia di dipendente.
Si spiega così perché Romney si sia scelto come candidato alla vicepresidenza il deputato del Wisconsin Paul Ryan (42 anni), che è la faccia pulita della destra più reazionaria e perciò amatissimo dal Tea Party. Ma Paul Ryan è talmente sbilanciato che alla Casa bianca lo staff di Obama ha brindato quando hanno saputo della sua scelta: e i risultati non si sono fatti attendere, con la prima castroneria pronunciata dal deputato del Missouri Todd Akin, secondo cui il corpo della donna sarebbe in grado (misteriosamente) di sterilizzare lo sperma dello stupratore (ergo: se concepisce, vuol dire che non fu vero stupro e quindi non c'è ragione di abortire).
Casa Bianca, bilancio scarno
L'unica speranza per il ticket Romney/Ryan è quindi puntare tutto sul deludente bilancio del primo mandato di Obama. Perché, se pure vado ripetendo da più di quattro anni (creando malcontento tra i lettori e bacchettate tra le giornaliste del manifesto) che le aspettative puntate su Obama erano eccessive, che il Nobel era un «premio preventivo» (alla stregua delle «guerre preventive» di bushiana memoria), va però detto che il bilancio di questa prima presidenza Obama è inferiore persino alle aspettative più modeste.
Non solo non ha chiuso Guantánamo, non ha fermato il programma delle rendition, ma nulla ha fatto per le energie pulite, nulla per i diritti sindacali, nulla per regolamentare l'arbitrario e irresponsabile strapotere della finanza, né per uscire dalla crisi ha varato il benché minimo programma di lavori pubblici, né ha posto condizioni alle banche cui elargiva migliaia di miliardi del pubblico denaro dei contribuenti, e, per dirla tutta, la sua legge sanitaria è un pasticcio che non solo ha provocato la rivolta dei vecchietti di tutta America, ma l'ha fatto anche inutilmente visto che la legge entrerà a regime solo nel 2014.
Due partiti «mosci» e senza idee
Perciò anche il copione dei prossimi due mesi è già scritto. I repubblicani sperano di riuscire a convincere gli americani che un secondo mandato Obama sarà disastroso, e lo sperano grazie al miliardo (mille milioni) di dollari di finanziamenti di cui dispongono. I democratici contano invece sull'effetto «boomerang» della coppia Romney-Ryan. E lo si vedrà già nella Convention democratica che si apre lunedì a Charlotte (North Carolina), in cui non ci sarà neanche la ritualità di una nuova nomination: tanto che il 2012 sarà ricordato come l'anno delle «Convention mosce».
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