di Daniela Chironi – il manifesto
Alle elezioni del 25 maggio scorso la Sinistra Europea, pur non
riuscendo ad imporsi come terza famiglia politica continentale,
è decisamente avanzata.
Ma chi sono gli elettori che hanno votato per la proposta d’alternativa dei partiti del Gue/Ngl? Anzittutto, si conferma una tendenza già nota: in Europa la sinistra radicale raccoglie consensi sopratutto nel ceto medio riflessivo, altamente scolarizzato e ben informato; quello che non vota con la pancia e non è perciò sensibile al binomio paura-ordine. Un elettorato di nicchia, che non è più quello tradizionale della sinistra comunista, ma semmai quello tipico della sinistra radicale «rifondata», ibridata con il pensiero femminista, ecologista e altermondialista. Una sinistra che deve competere con grandi partiti socialdemocratici e sconta limitate capacità di mobilitazione del corpo sociale, per via di strutture organizzative deboli e poco ramificate e dell’esclusione dai flussi della comunicazione di massa.
Ma chi sono gli elettori che hanno votato per la proposta d’alternativa dei partiti del Gue/Ngl? Anzittutto, si conferma una tendenza già nota: in Europa la sinistra radicale raccoglie consensi sopratutto nel ceto medio riflessivo, altamente scolarizzato e ben informato; quello che non vota con la pancia e non è perciò sensibile al binomio paura-ordine. Un elettorato di nicchia, che non è più quello tradizionale della sinistra comunista, ma semmai quello tipico della sinistra radicale «rifondata», ibridata con il pensiero femminista, ecologista e altermondialista. Una sinistra che deve competere con grandi partiti socialdemocratici e sconta limitate capacità di mobilitazione del corpo sociale, per via di strutture organizzative deboli e poco ramificate e dell’esclusione dai flussi della comunicazione di massa.
Tuttavia, in parziale contrasto con questo dato generale,
emerge dal voto anche una seconda tendenza, strettamente legata allo
scoppio della crisi economica e alla proletarizzazione delle
classi medie: nei paesi in cui la società è più vivace e mobilitata
contro le politiche d’austerità, il messaggio della sinistra
radicale esce dal perimetro del ceto medio riflessivo, consentendo
ai partiti del Gue di allargare la loro base sociale, radicandosi
anche presso i ceti medi impoveriti dalla crisi e le classi basse.
Ciò è avvenuto con particolare forza in Grecia e Spagna, dove
la protesta contro l’austerità è esplosa con maggiore intensità.
Nel 2004, Syriza raccoglieva appena il 3,4 per cento dei consensi,
ottenuti essenzialmente fra i giovani tra i 30 e i 40 anni,
inurbati e con un alto livello d’istruzione mentre oggi,
a conclusione di un ciclo di lotte che ha scosso la società greca, la
base sociale del partito include non più solo studenti e giovani
precari ma anche settori ampi della classe lavoratrice,
e rappresenta fasce d’età diversificate, compresa quella dei
pensionati. Syriza è divenuta maggioritaria anche nei quartieri
più poveri di Atene e di altre grandi città, che costituiscono le aree
del paese in cui gli effetti della crisi economica sono più
devastanti. Il suo allargamento è avventuto soprattutto a spese del
Pasok, il partito di centrosinistra che oggi è imploso, punito per
aver portato il paese al collasso. Basti pensare che ancora nelle
elezioni europee del 2009 il Pasok vantava il 36,7 per cento dei
voti, mentre nel 2014 ne conta appena 8,4 per cento. Dall’inizio della
crisi, anche il Kke, partito comunista ortodosso, gerarchico
e chiuso, vede la lenta erosione della propria base sociale, peraltro
ormai costituita prevalentemente da pensionati. L’8 per cento
raccolto nel 2009 si è trasformato nel 6 per cento con una certa
migrazione di consensi verso Syriza, che con il 26,6 per cento dei
suffragi ha ormai assunto il volto della sinistra popolare europea
pre-anni ’90.
Tendenze simili si riscontrano anche in Spagna, dove, dall’inizio
delle proteste contro l’austerità, Izquierda Unida ha continuato ad
espandere i propri consensi, fino a quasi triplicarli rispetto al
2009 (3,7 per cento) con il 10 per cento del 25 maggio. Si può
ragionevolmente ipotizzare che Izquierda Unida abbia attratto una
parte consistente dell’elettorato che un tempo votava per il Psoe, il
quale, a causa delle scelte pro-austerità, è calato del 15,5 per cento
rispetto al 2009.
Il secondo elemento che rende rilevante il caso spagnolo –
mettendo in evidenza il legame tra politicizzazione del corpo
sociale e voto a sinistra – è la nascita (e il successo) di Podemos,
il nuovo partito creato da alcuni gruppi di base che avevano animato
il movimento degli Indignados. In soli quattro mesi di vita Podemos
ha ottenuto l’8 per cento dei voti a livello nazionale,
raggiungendo punte del 14 per cento nelle Asturie, del 11,3 per cento
nella regione di Madrid e imponendosi in ben cinque regioni come
terzo partito. La presenza di Podemos sembra aver contribuito
a frenare l’astensionismo in aree in cui si prevedeva una
bassissima affluenza alle urne. Questo significa che il partito
è riuscito a riattivare settori sociali in fuga dalla politica che
non si riconoscevano in nessuna delle formazioni esistenti.
Inoltre, come pure Izquierda Unida, nelle grandi città Podemos è stato
votato soprattutto nei quartieri poveri e più colpiti dalla crisi
dove si registrano i più alti tassi di disoccupazione (mentre
i residenti nei quartieri ricchi hanno votato compattamente per il
Partito Popolare). Questo nuovo partito ha anche catalizzato il
voto giovanile, raccogliendo ampi consensi tra i ragazzi con meno
di trent’anni, ma non solo: con il suo appello post-ideologico, Podemos
è riuscito a rastrellare voti nella base del Psoe (è nei distretti
urbani dove il Psoe è calato maggiormente che Podemos è stato più
votato).
Se gli sviluppi in Grecia e Spagna sembrano indicare un ritorno
del «voto di classe», nei paesi in cui la protesta contro l’austerità
è rimasta bassa e la sinistra partitica è organizzativamente
debole, la sinistra d’alternativa ha faticato ad affermarsi
(Italia), è rimasta stabile (Germania e Francia), o è
decisamente retrocessa (Portogallo) e rimane legata ad una base
sociale altamente scolarizzata e perlopiù composta da
lavoratori cognitivi.
In Francia, il Front de Gauche ha sì portato al voto il proprio
elettorato, già fortemente indentificato, ma non ha
intercettato neppure una parte di quel 58 per cento di elettori del
Ps di Hollande che ha scelto l’astensione. Il malcontento legato alla
crisi è stato catalizzato dal Front National, che ha mobilitato
gli strati sociali più deboli – operai (43 per cento), lavoratori
salariati (29 per cento), disoccupati (37 per cento), e persone con
un livello d’istruzione inferiore al diploma (37 per cento) –
depoliticizzandone le domande: ben il 64 per cento dichiara di aver
votato Le Pen allo scopo di fermare l’immigrazione (dati Ipsos).
Infine in Italia la neonata lista «l’Altra Europa» – penalizzata
da un forte oscuramento mediatico – è stata votata
prevalentemente da giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni,
laureati o diplomati, con una chiara collocazione a sinistra, che
usano la carta stampata e internet come principali fonti
d’informazione. Quanto alle categorie professionali dei votanti, si
è trattato prevalentemente di studenti, impiegati e insegnanti
(dati Ipsos). In sostanza, il profilo sociale di questa nuova
formazione politica ricorda quello della Syriza degli esordi.
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