Con il voto della costituenda Grossa Coalizione Italiana sono stati
sdoganati i punti chiave della rivoluzione postdemocratica europea.
Approvata la struttura burocratica e intergovernativa di euro plus; i
provvedimenti che dettano cifre e metodi del governo fiscale, il six
pack; dato il via libera al Trattato Fiscale Intergovernativo che
costituzionalizza la politica di obbligo al pareggio di bilancio e lo fa
dando mandato alla modifica delle Costituzioni nazionali. Tanta roba,
che forse però non è chiara a tutti.
Costituzionalizzare una teoria monetaria, il dogma del pareggio di
bilancio, è cosa che non fece neanche l'Urss di Breznev. Le conseguenze
sono pesantissime: basti pensare, per l'Italia, a cosa significa
rientrare in pochissimi anni dal 120% al 60% di debito! L'operazione
realizzata intorno al debito è veramente straordinaria. Sul debito si
costruisce un'intera narrazione, facendone oggetto di panico, elemento
di colpa, chiave di volta per una rottura radicale con tutto il modello
sociale europeo e quel compromesso che lo ha realizzato. Operazione che
fa perno sulla Germania, dove non a caso la parola debito ha in tedesco
la stessa etimologia della parola colpa, ma che viene accettata da tutte
le borghesie europee e che annichilisce quelle che dovrebbero essere le
sinistre.
Siccome sono convinto che la risposta a questo capolavoro di egemonia
non sia negare l'esistenza del debito e della crisi, credo che sarebbe
quanto mai importante contrapporre alla shock-politic delle classi
dominanti, al loro dichiarare lo stato d'emergenza per commissariare la
democrazia, la messa in campo di una straordinaria operazione
democratica volta a discutere pubblicamente della natura del debito.
Sono convinto che ne vedremmo delle belle. Prendiamo ad esempio gli
ultimissimi anni, quelli della crisi che nasce finanziaria e in America,
e rapidissimamente tracima in Europa. Il presidente Barroso ci dice che
la cifra del sostegno pubblico, degli Stati membri e della Ue, al
sistema bancario e finanziario dal 2008 al 2011, è stata di 4600
miliardi di euro. Cui vanno aggiunti i 500 stanziati successivamente e i
1000 in via di autorizzazione. Una cifra enorme che ha trasformato in
debito pubblico quella che era una esposizione privata.
Se guardiamo poi ancora più a fondo, al cuore del processo che
dovrebbe essere di integrazione europea, vediamo che parti
considerevolissime di queste cifre sono impiegate a sostenere, oltreché
la speculazione finanziaria mondiale, l'indebitamento di molti sistemi
bancari e di Stati verso il sistema bancario, produttivo e statuale
tedesco. Cioè sono un enorme sostegno alle esportazioni tedesche,
laddove la Germania, invece che contribuire a una effettiva integrazione
sociale e produttiva europea, ha considerato la Ue luogo privilegiato
delle proprie esportazioni, per altro sostenute da un vero dumping
dall'alto, quello derivante da una moderazione salariale totalmente
immotivata a fronte degli aumenti di produttività. Il debito dunque
registra il fallimento della politica di integrazione. Ma le borghesie
nazionali, compresa l'italiana, sono ben liete di pagare il dazio
tedesco perché questo consente una operazione di ristrutturazione
selvaggia del mercato del lavoro e del Welfare altrimenti impensabile.
Questo è l'aspetto sistemico più macroscopico cui se ne possono
legare altri che mi limito ad accennare. La ministra Fornero parte
all'assalto della cassa integrazione, ma non dice che il governo
Berlusconi chiese e ottenne di usare i soldi del Fondo Sociale Europeo
per pagare l'esplosione della cassa data dalla crisi che era diventata, e
resta, sociale: tra i 6 e i 7 miliardi di euro il solo primo anno che,
per accordo con Bruxelles, devono essere reimmessi dalle Regioni. Denaro
fresco dato al sistema delle imprese, senza neanche vincolarle a
qualche clausola sociale come hanno fatto altri Paesi, e trasformato in
debito pubblico. Della natura del debito pubblico italiano poi qualcuno
dovrà pur dire, visto che esplode negli anni '80 quando per combattere
l'inflazione fu strappata via la scala mobile. Strano? No per chi pensa
che la svalorizzazione del lavoro sia alla base della crisi. E magari
qualche accenno andrebbe fatto alla Tav, che costa in Italia 4/5 volte
al km in più di quella che è la media europea, o al giochino del Cip 6
che trasformava energia tradizionale in rinnovata e denaro pubblico in
incentivo privato. Sono due sole voci che valgono decine, o centinaia di
miliardi di euro. E allora fermiamo quel Trattato insulso e facciamo un
bell'audit dei cittadini europei.
Da Il Manifesto mercoledì 1 febbraio 2012
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