mercoledì 22 febbraio 2012

Come sono ricchi i ministri del governo Monti? di Sergio Cararo, www.contropiano.org

Resi pubblici i redditi dei componenti del governo. Ciò che colpisce non è solo il quanto ma il come sono ricchi, spesso ricchissimi.

Domina infatti la rendita, i “rentier” di marxiana memoria, a scapito del lavoro ovviamente. Sono loro quelli veramente “immobilisti e conservatori”, per questo ci odiano.
Da ieri sono reperibili on line tutti i redditi dei ministri del governo Monti, il quale è stato l'ultimo ad ottemperare a questa operazione “trasparenza”. La sua dichiarazione infatti è arrivata soltanto un'ora prima della "chiusura" prefessita. Ma occorre ammettere che è dettagliata. Il reddito complessivo del presidente del Consiglio per l'esattezza è di 1.515.744 euro nel 2010 ed uno stimato, per il 2011, di 1.010.000, che probabilmente non salirà nel 2012 avendo rinunciato al compenso da premier e da ministro del Tesoro. Il suo patrimonio è formato da appartamenti, uffici e negozi. Consistenti anche le attività finanziarie: tra fondi comuni azionari e obbligazionari oltre che di liquidità Monti può contare su oltre 11 milioni di euro divisi tra Intesa San Paolo, Bnp Paribas, Ing e Banco di Brescia. La più ricca tra i ministri è l'avvocatessa Paola Severino (Giustizia), con 7 milioni di euro. Subito dopo, dichiarando la metà, il titolare dello Sviluppo Economico Corrado Passera. Una disamina dei patrimoni dei ministri, indica che la loro ricchezza si basa soprattutto su immobili e attività finanziarie. Un dettaglio? Niente affatto.
Quello che colpisce, infatti, non è solo il dato quantitativo della ricchezza dei patrimoni dei “professori e tecnici” che compongono il governo Monti. Che questo fosse un esecutivo di ricchi e ricchissimi lo si era intuito dall'inizio. Che avrebbe dato priorità agli interessi dei ricchi lo si sta verificando. Colpisce invece la “qualità della ricchezza” dei ministri del governo Monti, perchè essa appare coerente con le caratteristiche del capitalismo italiano centrato a stragrande maggioranza sulla rendita piuttosto che sul profitto. Contraddizione in termini? No. E' lo specchio fedele della realtà che – anche da un punto di vista meramente capitalistico – ostacola e immobilizza lo sviluppo economico del nostro paese. Il problema infatti è la struttura della ricchezza privata – ben superiore al Pil che viene usato come indicatore – e che vioene contabilizzata in circa 9.000 miliardi di euro.
La impietosa e dettagliata radiografia della ricchezza privata è documentata su Affari e Finanza di lunedi 19 settembre (vedi anche http://www.contropiano.org/it/economia/item/3469-la-rendita-anticapitalista-la-ricchezza-italiana-che-non-produce-sviluppo ), una radiografia che ci conferma come il principale ostacolo alla crescita economica e sociale del paese sia la sua borghesia e le sue caratteristiche parassitarie. “La ricchezza lorda delle famiglie italiane alla fine del 2010 ammonta a 9 mila 732 miliardi di euro, i debiti (sempre delle famiglie) a circa mille miliardi, la ricchezza netta è quindi pari a 8 mila 700 miliardi” scrive Affari e Finanza. Si tratta di una ricchezza molto superiore al Pil e al debito pubblico che ci viene rovesciato addosso come ricatto sul futuro. Il problema, ovviamente, è l'uso e la distribuzione di questa enorme ricchezza. “Per capire perché questa immensa ricchezza privata non produce crescita, dobbiamo guardarci dentro. Quello che troviamo già dice quasi tutto. Di quei 9 mila 732 miliardi di patrimonio lordo il 57,8 percento è rappresentato da immobili, il 4,9 per cento da beni di valore e da impianti, macchinari, scorte, attrezzature, brevetti, avviamenti (le cosiddette attività reali) e il 37,3 per cento da attività finanziarie”. In sostanza, è questa ricchezza ad essere immobile, immobilizzata, vincolata a produrre solo rendita. Non produce benessere perchè viene tassata molto meno che il lavoro, non produce neanche profitti perchè non viene investita nella produzione e nella tecnologia ma solo in rendita immobiliare e finanziaria. La quota di ricchezza che la borghesia stracciona del nostro paese destina alla produzione appare infatti irrisoria: solo il 4,9%. Ma è su questa quota (e sui lavoratori ad essa collegati) che i ministri del governo Monti non investono i loro patrimoni – preferendo i settori che producono solo rendita immobiliare e finanziaria – ed è su questa quota della ricchezza privata che si abbatte la maggior parte dell'imposizione fiscale e dei provvedimenti tesi a ridurre sempre di più il monte salari da destinare ai lavoratori.
Gli uomini e le donne del governo Monti, dunque, sono coerenti con le fonti della loro ricchezza e funzionali al carattere rentier e parassitario della struttura del capitalismo nel nostro paese. Le loro battute sprezzanti verso lavoratori, sfigati, giovani alla ricerca del posto fisso, leggi che tutelano i diritti sociali, diventano ancora più odiose, in tutti i sensi.... e reciprocamente, speriamo.

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