di Bruno Steri
Piove
sul bagnato. Qualche giorno fa, i dati Istat avevano ribadito quel che
molti già sapevano: il nostro Paese è tecnicamente in recessione. Ora,
il bollettino dell’Abi (Associazione Bancaria Italiana) offre
un’ulteriore plastica immagine dello stato di crisi in cui versano i
conti italici delle famiglie e delle imprese. La raccolta di risorse
finanziarie a disposizione del sistema bancario ha infatti subito un
drastico ridimensionamento dell’80%: dal 2010 al 2011, i depositi e i
bond detenuti da privati sono crollati da 130 a 24 miliardi di euro. Un
chiaro segnale di quanto la crisi abbia colpito il reddito disponibile
dei cittadini italiani. Ovviamente, quando si ha a che fare con simili
dati, non si deve mai dimenticare il pollo di Trilussa: le statistiche
ci dicono che abbiamo un pollo a testa; ma, nei fatti, c’è chi mangia
coscio e ala e chi neanche un osso.
Analogamente, se parliamo di “caduta del reddito disponibile”,
dobbiamo tener presente che il reddito a disposizione del sistema
bancario può cadere perché ci sono miliardi che prendono la strada della
Svizzera (nel 2011, esportazione illegale di valuta per un totale di 11
miliardi di euro bloccata dalla Guardia di Finanza) o perché il grosso
della popolazione italiana è costretta a stringere la cinta e c’è chi
deve fare i conti con l’ultima (ma ormai siamo alla terz’ultima)
settimana del mese. Ricordiamolo: tre milioni e mezzo di disoccupati e
almeno tre milioni di precari, con la previsione di altri 300 mila posti
di lavoro persi per il 2012.
Le banche piangono e il flusso creditizio che dovrebbe dare ossigeno all’economia reale è fermo: niente soldi in entrata, niente soldi in prestito. Eppure non si può certo dire che l’establishment europeo sia stato avaro di provvidenze: a dicembre scorso, con l’operazione “salva banche” (Long Term Refinancing Operation), la Bce di Mario Draghi ha inondato di liquidità le banche europee: 489 miliardi concessi al modico tasso dell’1%, di cui 160 miliardi a istituti italiani. Tutto denaro rimasto a buon rendere nei bilanci bancari.
Così, mentre l’economia del Belpaese si contrae (e diminuisce del 50% la richiesta di finanziamento per investimenti da parte delle imprese), il governo Monti continua ad accanirsi sul paziente moribondo, riservando ulteriori stangate al mercato del lavoro. Annebbiamento ideologico o pervicace istinto di classe? Forse, entrambe le cose.
Le banche piangono e il flusso creditizio che dovrebbe dare ossigeno all’economia reale è fermo: niente soldi in entrata, niente soldi in prestito. Eppure non si può certo dire che l’establishment europeo sia stato avaro di provvidenze: a dicembre scorso, con l’operazione “salva banche” (Long Term Refinancing Operation), la Bce di Mario Draghi ha inondato di liquidità le banche europee: 489 miliardi concessi al modico tasso dell’1%, di cui 160 miliardi a istituti italiani. Tutto denaro rimasto a buon rendere nei bilanci bancari.
Così, mentre l’economia del Belpaese si contrae (e diminuisce del 50% la richiesta di finanziamento per investimenti da parte delle imprese), il governo Monti continua ad accanirsi sul paziente moribondo, riservando ulteriori stangate al mercato del lavoro. Annebbiamento ideologico o pervicace istinto di classe? Forse, entrambe le cose.
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