venerdì 27 aprile 2012

Intervista a Nichi Vendola

Hollande o Monti: Bersani decida

Intervista a Nichi Vendola: «A Firenze per approfondire, pronti a interloquire con il ‘soggetto politico nuovo’». «Il leader Pd parla di Italia bene comune? Difenda il paese dal rigorismo. E ascolti: il governo ha fallito, il prezzo rischia di pagarlo il centrosinistra»
La discussione italiana sulla vittoria di Hollande, dice Nichi Vendola al telefono, dalla macchina con cui in questi giorni sta girando l’Italia per la campagna elettorale ogni volta che può lasciare la Puglia, «è tutta allusiva e simbolica, non considera i programmi. C’è la gara a intestarsela, fino persino all’hollandismo di Tremonti. Non ci si accorge che il profilo politico-programmatico di Monti è quanto di più distante da Hollande. È anche un po’ più a destra di Sarkozy. E questo perché i politici liberisti, a differenza dei tecnici liberisti, un qualche problema di rapporto con il welfare ce l’hanno. Le cose che dice Hollande, per esempio la tassazione dei patrimoni, l’abbassamento dell’età pensionabile, la rinegoziazione del fiscal compact, in Italia sarebbero definite ‘una deriva estremistica’».

Sta dicendo che Bersani dovrebbe decidere se stare con Hollande o con Monti?
Dobbiamo riflettere sul Front national, su quei 6 milioni e mezzo che hanno scelto la politica della collera e del sentimento. Anche in Italia siamo in presenza di una miscela esplosiva: recessione senza un varco di luce, disoccupazione di massa, crollo di credibilità dei partiti. A Bersani dico: le ricette del governo Monti si rivelano un fallimento, e il prezzo può essere messo per intero sulle spalle del centrosinistra. Occorre dare un segnale forte, non con la politica-spettacolo o con il marketing elettorale. Occorre convocare gli stati generali del futuro con tutti i soggetti portatori di domanda di alternativa. I partiti del centrosinistra debbono mobilitare tutte le forze in campo, connettersi ai mondi che nell’associazionismo, nel volontariato, nell’intellettualità, nell’università, nella fabbrica, nelle reti degli amministratori, provano a ragionare sull’uscita dal liberismo.

Oggi Bersani dice: sì a ratificare il fiscal compact, purché integrato con politiche di crescita.
Io sottoscrivo il programma di Hollande che critica il dogma liberista. Che comanda, per esempio, agli stati nazionali di mettere in Costituzione il pareggio di bilancio.

Altro provvedimento a cui il Pd ha detto sì.
Errore gravissimo. E comunque ormai è evidente che le ricette dell’austerità sono catastrofiche. Portano alla Grecia, un paese che dopo gli incalzanti salassi sociali ed economici si ritrova con un debito doppio rispetto all’inizio della crisi. Infatti è scomparsa dai Tg. Molti si vergognerebbero di parlarne.

In Francia Mélenchon dice cose simili a queste, sulla Grecia.
Mélenchon ha fatto un risultato importante. Ma la mia priorità è l’idea di invertire la tendenza in Europa. Puntando sul fatto che le sinistra in Europa cominciano a mettere a tema la fuoriuscita dal liberismo. L’Italia è in ritardo. Se io dicessi le cose che dice un premio Nobel come Paul Krugman, qualche cicisbeo presunto progressista mi taccerebbe di radicalismo.

Questi suoi stati generali sono parenti del soggetto politico nuovo che farà la sua prima assemblea a Firenze sabato prossimo?
Sel è nata sulla pratica di una ricerca senza paletti, nominando l’inadeguatezza della forma partito, inclusa la propria. Sono interessato al soggetto nuovo. Chi lo promuove ragiona in chiave metodologica e con molti argomenti, alcuni dei quali condivisbili, altri meritevoli di approfondimento. Un asse culturale che Rossana Rossanda ha criticato con veemenza, segnalando uno scivolamento fuori dalla centralità della questione del lavoro.

La pensa anche lei così?
Voglio discuterne. A Firenze non ci sarò, in questi giorni sono in campagna elettorale. Ma Sel ci sarà. Ascolteremo, parleremo. Vogliamo essere interlocutori. Lo siamo sempre di chi si chiede come aggregare forze, energie, massa critica di esperienze e desideri per mettere in campo una sinistra libertaria, non testimoniale e anche affascinata dalla sfida del governo.

Ma l’obiettivo di Sel resta quello di un’alleanza più vasta?
Al centro della costruzione dell’alleanza bisogna metterci che Italia vogliamo. Occorre un supplemento di riflessione a proposito dei moderati e del moderatismo, categorie assunte dalla discussione pubblica alla stregua di formule magiche. La realtà ci dice che non ci sono più spazi di compromesso con il liberismo, e che il liberismo è una minaccia per gli equilibri ambientali, sociali e democratici.

La campagna delle amministrative del Pd si intitola «Italia bene comune». I «beni comuni», asset programmatico del «soggetto politico nuovo» fanno nuovi adepti, oppure Bersani si è appropriato di uno slogan che funziona?
Sono contento dell’arricchirsi del vocabolario del centrosinistra. Ma se il lavoro è un bene comune bisogna lottare contro la legge 30 e in difesa dell’art.18. E se l’Italia è un bene comune bisogna salvarla dal rigorismo furioso di chi la sta portando in una drammatica depressione economica. E bisogna avere il coraggio di imporre la tassazione patrimoniale sui grandi redditi e le grandi ricchezze. Non è possibile ascoltare da un esponente del governo che ‘la patrimoniale l’abbiamo già fatta con l’Imu’, come ha detto il viceministro Grilli. Quella è la patrimoniale sui ceti medio-bassi: ma ne aveva già fatte Berlusconi.

Il manifesto del ‘soggetto nuovo’ fa una dura critica ai partiti. La sentite anche su di voi?
Siamo un ‘soggetto’, non gonfio di boria di partito, nato tematizzando la necessità della ricerca per un nuovo soggetto politico. L’obiettivo di Sel non è Sel, è contribuire alla nascita di una sinistra popolare, plurale, innovativa. Possiamo portare un contributo. Intanto dicendo che i rischi da evitare sono due: un dibattito tutto metodologico e le scorciatoie organizzativistiche.

Fate parte di un’area, un ‘quarto polo’ in cerca, come dice Arturo Parisi, di un nuovo Prodi?
Abbiamo bisogno di leader e non di leaderismo. Di progetti collettivi più che di demiurghi. Il carisma necessario al cambiamento dev’essere quello della democrazia, non quello delle virtù individuali.

Il Bersani che ha appoggiato Monti ma ora tifa per Hollande è ancora l’uomo giusto per guidare la prossima alleanza di centrosinistra?
Bersani è un interlocutore prezioso, il popolo democratico è fondamentale per la prospettiva di alternativa di governo. L’alleanza non è un fermo-immagine, è un processo politico. Come è successo nei referendum, l’irruzione di un protagonismo largo e orizzontale può spostare in avanti l’asse programmatico e culturale di una coalizione. Per questo parlo di stati generali del futuro. Anche il centrosinistra ha bisogno di proiettarsi nel futuro.

Berlusconi dice che la sinistra, intendendo però Bersani, vuole andare al voto a ottobre senza fare nuova legge elettorale. A lei l’idea non dispiacerebbe.
A proposito della legge elettorale, ricordo che il mestiere della politica non è quello del Gattopardo. Quanto al voto, l’inconcludenza del governo Monti dal punto di vista delle politiche di sviluppo e di crescita, e la pesantezza depressiva delle sue scelte, implementa la sofferenza del paese. Prima si interrompe quest’esperienza meglio è.

Daniela Preziosi - il manifesto 

Caro Niki il PD ha scelto l'austerity, non il futuro

«A Bersani dico: le ricette del governo Monti si rivelano un fallimento, e il prezzo può essere messo per intero sulle spalle del centrosinistra. Occorre dare un segnale forte, non con la politica-spettacolo o con il marketing elettorale».
Dalle pagine de «Il Manifesto» Nichi Vendola, rilancia l'accordo con il PD. «Occorre convocare gli Stati Generali del futuro - prosegue il leader di Sel - con tutti i soggetti portatori di domanda di alternativa. I partiti del centrosinistra debbono mobilitare tutte le forze in campo, connettersi ai mondi che nell'associazionismo, nel volontariato, nell'intellettualità, nell'università, nella fabbrica, nelle reti degli amministratori, provano a ragionare sull'uscita dal liberismo. Non è possibile poi - insiste Vendola - ascoltare da un esponente del governo che 'la patrimoniale l'abbiamo già fatta con l'Imù, come ha detto il viceministro Grilli. Quella è la patrimoniale sui ceti medio-bassi: ma ne aveva già fatte Berlusconi». «L'inconcludenza del governo Monti dal punto di vista delle politiche di sviluppo e di crescita, e la pesantezza depressiva delle sue scelte, implementa la sofferenza del Paese. Prima si interrompe quest'esperienza meglio è».
Non sappiamo se Vendola mentre scriveva questo appassionato articolo contro Monti abbia visto l'ultima svolta di Bersani rispetto all'approvazione del Fiscal Compact da parte del PD. Altro che Hollande, in Italia invece di rompere con le ricette della Merkel il PD le approva per intero. Per chi non lo sa il Fiscal Compact prevede il rientro forzato del debito con una ventina di manovre da 40 miliardi, in un quadro in cui le scelte saranno determinate dall'Europa. A questa cifra occorre sommare il risanamento imposto dal vincolo di bilancio che impone la costituzione recentemente manomessa. Onestamente non vediamo molto futuro in un cantiere con una forza politica che in questi giorni sta consegnando il nostro paese alla recessione certa con scelte così fondamentali. Più che organizzare convegni e cantieri con il PD noi pensiamo che sia molto più utile che la sinistra scenda in piazza unita ed organizzi l'opposizione a Monti.

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