I dati pubblicati dall’Istat e relativi ai tassi di disoccupazione in crescita vertiginosa nel secondo trimestre del 2012 erano purtroppo largamente prevedibilia
fronte di una situazione economica semplicemente disastrosa e che sta
andando in peggio anche da quando si è insediato il Governo Monti,
coincidenza magari puramente casuale e non causale.
Tra i
prevedibili numeri, tuttavia, ne spiccano alcuni che meritano di essere
analizzati nel merito un po’ più di quanto non facciano i
fiancheggiatori del Governo, sempre pronti a sottolineare anche i più
piccoli risultati positivi, ma omertosi sugli aspetti negativi, anche
quando sono vistosi; mi riferisco al contrasto tra la percentuale di
occupati nella fascia di età 15-34 anni, che è decresciuta di circa il
20% dal 2007 al 2012 e quella degli occupati nella fascia di età 55-64
anni, che nello stesso periodo è aumentata dell’8%.
Questa discrepanza indica un chiaro invecchiamento della popolazione lavorativa
che, in termini di possibilità occupazionali per i giovani, va a
sommare il suo effetto negativo a quello dovuto alla crisi economica.
Ora, è ineluttabile che le persone, occupate o disoccupate che siano,
invecchino inesorabilmente e che tutti gli occupati che nel 2007 avevano
più di 50 anni, abbiano passato la soglia dei 55 nel 2012, andando a
infoltire la schiera degli occupati over 55 per puro effetto di
senescenza; questo a disillusione di quanti avessero potuto pensare
ingenuamente che il mercato del lavoro si fosse messo a riassorbire
degli over 55 disoccupati. Tipicamente, in passato, c’era però anche un
effetto diminutivo della forza lavoro over 55, che si chiamava pensionamento
e che liberava possibilità occupazionali per i giovani; l’effetto delle
riforme del precedente governo, con finestre mobili, aspettativa di
vita etc. ha di fatto congelato parecchi lavoratori 60enni nel proprio
posto impedendone l’uscita verso il sistema previdenziale; si è già
avuto modo di segnalare come nella prima metà del 2012 i nuovi
trattamenti pensionistici siano diminuiti del 47% rispetto al 2011.
L’effetto riduzione dei pensionamenti ha avuto un impatto positivo sulle
casse dello Stato che ha potuto stornare i contributi dei lavoratori
attivi dalla previdenza per destinarli ad altri scopi (non sempre
nobili), ma ha anche sottratto dal mercato un numero di posti di lavoro
pari a quello dei pensionandi non pensionati e che avrebbe probabilmente
potuto essere disponibili per i giovani. Questo effetto, anch’esso
largamente prevedibile, verrà drammaticamente accentuato dalla riforma Fornero
che ha introdotto uno scalino mai neppure pensato prima (perché non era
pensabile in uno schema realistico) e il cui effetto plausibile è di
aumentare costantemente, per almeno 4-6 anni anni la popolazione
occupata over 55 (beninteso, senza neppure una singola nuova
assunzione); naturalmente, salvo un imprevedibile e implausibile boom
economico di rilevanza storica, tali occupati over 55 andranno a
detrimento di opportunità di occupazione giovanile.
Personalmente,
a condizioni economiche odierne immutate o poco migliorate, non vedo
alternative al quadro che ho descritto sopra, a meno che il ministro del
Lavoro non abbia in serbo ulteriori misure “killer” simili a quanto è
in animo di riservare agli esodati in eccesso a quanto
da ella stimato giusto in termini di numero di salvaguardati e cioè un
bell’”arrangiatevi!”; in assenza di nuove misure, quali una eutanasia di
massa, vorrei pertanto sfatare una volta per tutte almeno la
giustificazione fasulla che fu data a supporto dell’insana riforma della
legge 4 Dicembre 2011
e cioè che essa fosse propedeutica a una maggiore equità generazionale e
che avrebbe tolto agli anziani per dare ai giovani; con buona pace di
questi ultimi, purtroppo, il suo effetto sull’occupazione giovanile, nei
prossimi 4-6 anni, sarà l’esatto opposto; con l’aggravante, non da
poco, che una popolazione lavorativa invecchiata comporta per le imprese
carichi in termini di efficienza e di costi. Un circolo vizioso che si
spezza solamente prendendo atto che la previdenza, particolarmente
quando di per sé è in equilibrio, non è materia sulla quale si possa
cercare di fare cassa senza innescare processi pericolosissimi per la
vita sociale presente e futura del paese. L’apprendista stregone, quando
esce dal “pensatoio” e si cimenta nella vita reale, è pericolosissimo,
specialmente se gioca col fuoco.
Nessun commento:
Posta un commento
Di la tua