In una lettera in sei punti inviata ai promotori della lista L’altra
Europa con Tsipras, Barbara Spinelli risponde alle critiche che le sono
state mosse in seguito alla sua decisione di accettare, contrariamente a
quanto annunciato in campagna elettorale, il seggio conquistato
all’Europarlamento. Questo il testo della lettera che Europa pubblica integralmente:
“1) È vero che avrei potuto e dovuto comunicare la mia decisione
prima dell’assemblea dei comitati territoriali (“almeno non si perdeva
tempo a parlarne”). Era stata la mia proposta, ma i garanti mi hanno
chiesto con insistenza di aspettare, e di dare il mio annuncio dopo.
2) Non è vero che ho preso la mia decisione “in solitudine”, come
molti suppongono e come è stato scritto. L’ultimissimo segmento della
decisione è stato solitario , è vero, ma lo spazio di tempo fra il 26
maggio e la giornata di ieri non è stata affatto “vuota”. Non è stato un
tempo in cui mi sono chiusa in una sorta di torre d’avorio. È stato uno
spazio fitto di consultazioni, di contatti, di discussioni fra garanti,
di pressioni contrastanti, e anche di attacchi personali violenti e
ingiusti alla mia persona, alla mia coerenza. Soprattutto c’è stato in
questo spazio un negoziato, condotto da Marco Revelli in nome dei
garanti, con i due partiti che esprimevano le candidature vincenti dopo
la mia, nel Collegio Centro e Sud. Candidature che io considero non di
partito, ma espressioni della nostra comune Lista: solo nei negoziati
sono divenute, purtroppo e per forza di cose, emanazioni dei partiti.
Queste trattative sono fallite, e la soluzione del sorteggio, proposta
nel negoziato, è stata da entrambi i partiti respinta perentoriamente.
Io sono contraria alla roulette russa, ma comunque non potevo farla mia
dopo il no opposto da chi negoziava in nome dei candidati del Centro e
del Sud.
3) Non è vero che la rinuncia al mandato, che avevo proposto qualche
giorno prima della decisione presa ieri (avevo mandato una lettera di
rinuncia netta, non era una semplice “proposta”), è stata nei fatti
accolta dai garanti, che avrebbero “solo eccepito sulle motivazioni che
la accompagnavano”. La rinuncia ad andare al Parlamento europeo, i
garanti non l’hanno accettata. E sono stati loro ad affidarmi a questo
punto (visti i risultati infruttuosi delle trattative con Sel e
Rifondazione, vista la mia opposizione al sorteggio), la decisione
finale, dicendomi che l’avrebbero accettata anche se non se ne
assumevano, tutti unanimemente, la responsabilità. La notizia che hai
ricevuto dunque, caro Alfonso, è inesatta. Aggiungo che la rinuncia è
stata respinta anche da Alexis Tsipras, che per ovvii motivi non voleva
interferire nelle nostre scelte e nei nostri negoziati interni e che
aveva lasciato a me la decisione finale, qualora l’accordo non fosse
raggiunto. Lo stesso Tsipras aveva espresso in una conversazione con me
un’opposizione alla formula del sorteggio, considerato che le parti con
cui i garanti negoziavano la respingevano. Successivamente mi ha
confermato che in proposito la sua posizione non è più mutata, e che
dopo la telefonata con me non ha avuto contatti, e volutamente, con
rappresentanti della nostra Lista.
4) È vero infine che la scelta poteva essere gestita più
democraticamente. Ma di questo deficit democratico non sono io la sola
responsabile. La mia scelta finale è stata presa nei modi e per le
ragioni che conoscete (il Centro come mio collegio naturale, il mio
rifiuto di apparire come “paracadutata” dall’alto a Sud), perché le
decisioni cruciali erano nelle mani dei garanti, e non di un consesso
più vasto. Dunque tutta la struttura decisionale della nostra Lista è in
questione, dovrà essere ripensata e discussa. Non posso io da sola
esser trasformata in capro espiatorio di un’organizzazione che non ha
saputo praticare la democrazia nel migliore dei modi, e non parlo solo
dei dieci giorni circa che sono seguiti alle elezioni.
5) Confido dunque anch’io, come scrive Raffaella Bolini, che esista
“una possibilità di salvaguardare lo spirito collettivo e l’unità, che è
stata sottoposta subito dopo le elezioni stress e tensioni forti,
troppo forti”: spirito che comunque e contro tutte le resistenze è
esistito nella nostra battaglia comune. Dell’esistenza di questo spirito
unitario ne sono anzi certa, non mi limito a “confidare”, e lo ripeto:
sia Marco Furfaro che Eleonora Forenza, che ancora una volta ringrazio
per il loro impegno, sono compagni di Lista, non emissari dei rispettivi
partiti. Così li ho sempre considerati, e continuo a considerarli. Da
quest’impasse se ne esce solo se continueremo lo sforzo di creare
un’aggregazione in cui le identità partitarie degli uni e degli altri si
“sciolgano” in un’aggregazione vasta, inclusiva e democratica. Il fatto
che non siamo riusciti bene finora non significa che non si debba
ricominciare a tentare, che si debba abbandonare quel che in ogni caso è
stato cominciato e in cui tanti hanno creduto.
6) Agli amici di Sel, dico solo che ci sono ambiguità, nel loro
partito, che hanno fatto male alla Lista e forse anche a chi,
proveniente da Sel, ha anteposto gli interessi “generali” e superiori
della Lista a quelli del partito. Penso a chi subito dopo il voto ha
definito la Lista una scelta “last-minute”, finita il giorno delle
elezioni. A chi afferma oggi di non averci mai creduto sino in fondo.
Penso a chi sostiene l’opportunità di oscillare tra la Lista e il Pd di
Renzi, tra la Lista e il gruppo socialista di Schulz“.
Nessun commento:
Posta un commento
Di la tua