Se dovessimo predere sul serio i vari governi che si sono
succeduti negli ultimi dieci anni saremmo autorizzati, legittimamente, a
prenderne i componenti e trasferirli ai lavori forzati nelle miniere di
sale. Lo stesso si dovrebbe - per giustizia - fare con gli opinionisti,
gli editorialisti e i redattori economici dei principali media
mainstream. Ma in cima alla lista vanno messi gli imoprenditori
nazionali; i peggiori, i più bugiardi e nullafacenti che siano mai
apparsi dall´avvento del capitalismo.
Il rapporto del Censis pubblicato ieri, infatti, distrugge senza
possibilità di errore tutti gli argomenti usati per decenni per spiegare
le ragioni delle difficoltà economiche del paese. L´unica ragione
sempre addotta era infatti: il costo del lavoro qui in Italia è troppo
alto, i lavoratori godono di troppe tutele e troppi diritti, non sono
abbastanza flessibili e possono scioperare quando vogliono.
Bene. La realtà è tutt´altra, spiega il Censis: «Ha un deficit
reputazionale accumulato negli anni a causa di corruzione diffusa,
scandali politici, pervasività della criminalità organizzata, lentezza
della giustizia civile, farraginosità di leggi e regolamenti,
inefficienza della pubblica amministrazione, infrastrutture carenti».
Non servirebbe la traduzione, ma facciamola egualmente. Tutte queste
motivazioni hanno una sola e identica radice: la classe dirigente di
questo paese non ha mai saputo fare il proprio mestiere. Anzi: è proprio
la sua inefficienza, corruzione, incompetenza a "scoraggiare" gli
investimenti esteri. Possiamo condannarli a qualcosa meno dei lavori
forzati?
Nonostante loro questo paese è ancora la seconda potenza manifatturiera
d’Europa e la quinta nel mondo. Ma i capitali esteri se ne tengono
accuratamente alla larga. Parcheggia qui infatti solo l’1,6% dello
stock mondiale di investimenti esteri, contro il 2,8% della Spagna, il
3,1% della Germania, il 4,8% della Francia, il 5,8% del Regno Unito.
Negli ultimi sei anni, poi, sono letteralmente crollati. Non solo a
causa della crisi, ma del peggioramento della credibilità di questa
classe dirigente (e per fortuna che ci avevano regalato Monti e
Fornero!).
Sia chiaro: non siamo affatto dei fan dei capitali stranieri! Anzi...
Però se bisogna ragionare "in ambito caopitalistico", alle condizioni
attuali, allora sembra doveroso prendere determinati indicatori
economici e usarli per come andrebbero usati. Se
Iin Italia occorrono in media 233 giorni per aprire un’impresa (97 in
Germania) la responsabilità non può essere addossata né al costo del
lavoro né ai diritti "eccessivi" dei lavoratori. Se l’Italia si piazza
al 65° posto nella graduatoria mondiale dei fattori determinanti la
capacità attrattiva di capitali per un Paese (procedure, tempi e costi
per avviare un’impresa, ottenere permessi di costruzione, risolvere
controversie giudiziarie), di chi è la colpa? Di chi fa leggi,
regolamenti, procedure d´appalto, ecc. Ovvero della classe dirigente.
Se per avere una sentenza dal tribunale civile, su ciontroversie
contrattuali (la normalità, in regime di libera impresa capitalistica)
il sistema giudiziario italiano impiega in media 1.185 giorni e quello
tedesco 394, di nuovo, di chi è la responsabilità? Del cancelliere o
delle norme che consentono di ricorrere fin oltre il logico contro
sentenze di primo e secondo grado sfavorevoli? Stiamo parlando di
questioncelle commerciali, non della libertà delle persone. Se si può
far valere "L´interesse di terzo" e per questa via bliccare un´altra
causa, ancora, di chi è la colpa? Del costo del lavoro?
«L’Italia si posiziona in alto per quanto concerne indicatori come lo
stile di vita, ma non primeggia per i fattori di sostegno allo sviluppo.
Ne discende il forte interesse per il nostro Paese nel turismo e per
l’acquisto di beni a elevata valenza simbolica, molto meno come area di
destinazione di investimenti», rileva il Censis.
Qui sono le radici del declino e della "disnaylandizzazione"
dell´Italia. Pensandoci bene, forse nelle miniere di sale è ancora
troppo poco...
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