domenica 8 giugno 2014

Adesso costruiamo la Syriza italiana di Paolo Ferrero


Adesso costruiamo la Syriza italiana


Visti i molti commenti che vedo sulla rete – a volte indecenti ed un po’ ipocriti – voglio ribadire la mia solidarietà a Barbara Spinelli, che qualcuno sta trasformando in un vero e proprio capro espiatorio. Pur in presenza di un dissenso rilevante sulla scelta fatta, considero questo un degrado della cultura politica della sinistra da cui prima ci liberiamo e meglio è. Molti diranno che faccio questa affermazione perché con la scelta della Spinelli rifondazione viene favorita. Comprensibile. Questo fatto però non annulla la verità e vorrei far notare alcuni elementi che vengono bellamente dimenticati e in alcuni casi volutamente rimossi.
In primo luogo è evidente che la Spinelli non voleva candidarsi ne essere eletta. Ha accettato la candidatura nel collegio di Roma dove risiede dopo molte pesanti pressioni. Dopo l’uscita di Camilleri e Flores dal gruppo dei garanti la Spinelli ha accettato di essere candidata anche al Sud – come seconda il lista – e nelle isole. Fino a qui non ho sentito nessuno sollevare obiezioni perché tutti ritenevamo la Spinelli un valore aggiunto. Pongo una domanda: ma se la Spinelli avesse detto allora che avrebbe accettato il seggio, non sarebbe più stata candidata? Visto che conosco la risposta passo oltre.
Dopo il risultato elettorale in cui la Spinelli ha avuto un grande consenso arrivando prima nel Centro e nel Sud – nelle isole è risultato primo per preferenze il compagno di SEL – molti le hanno chiesto di accettare il seggio. Non solo molti elettori ma anche i garanti, Tsipras, così come sia Vendola che il sottoscritto abbiamo detto che la sua elezione sarebbe stato un valore aggiunto per la lista. Quando sono stato a Bruxelles nei giorni scorsi per la presidenza del partito della sinistra europea, tutti mi chiedevano se la Spinelli avrebbe accettato il seggio perché è evidente che nel parlamento europeo questo sarebbe stato un fatto di grande prestigio per il gruppo del GUE e per rafforzare la nostra prospettiva politica: contro questa Europa non in nome del nazionalismo ma in nome di un’altra Europa che trovava nel nome di Spinelli il suo punto di partenza. Poteva la Spinelli non ascoltare queste richieste? Certo che si, ma non venitemi a dire che i problemi sarebbero stati minori. Sul piano politico io lo avrei considerato un errore, un grave errore.
Nelle discussioni che sono seguite – comprese quelle relative alla politica – visto che sono venute fuori posizioni di rapporto con il PD che nulla avevano a che fare con lo spirito della lista – voglio testimoniare che sia il sottoscritto che Fratoianni abbiamo escluso il ricorso al sorteggio per decidere in quale collegio doveva essere eletta la Spinelli.
A questo punto mi domando e vi domando: ma che cosa doveva fare la Spinelli se non scegliere il suo collegio, quello di Roma, dove era stata messa capolista, permettendo che il Sud eleggesse un suo candidato? Io non vedo francamente cosa altro avrebbe potuto fare.
Questo mio ragionamento ha una obiezione ed è il carattere verticistico della decisione. Vero, peccato che tutta la lista sia stata costruita dall’alto e che per certi versi la sua costruzione dall’alto sia stata la condizione per costruire la lista stessa. Io in questi mesi ho litigato sovente con i garanti, Spinelli compresa. Ho litigato sul simbolo, perché consideravo sbagliatissimo non mettere la parola sinistra. Ho litigato sul modo per nulla partecipato di costruire le liste – avevo proposto le primarie per almeno metà lista – ho litigato sulla non presenza del PdCI – per la parte di responsabilità che riguarda i garanti – e così via. Ho litigato ma non ho mai fatto dipendere da questi dissensi l’adesione di rifondazione alla lista e nemmeno una polemica pubblica, proprio perché mi era chiaro che questo progetto si poteva fare così oppure non se ne sarebbe fatto nulla. Mi sono tenuto responsabilmente il mio dissenso senza polemizzare. La decisione sugli eletti è l’ultimo passo di questo percorso, di una lista costruita dall’alto e in cui il prestigio di alcune persone ha permesso di attivare una partecipazione ed un consenso più ampio dei confini dei partiti.
Si può proseguire così? Nemmeno per sogno. Il successo della lista ha posto all’ordine del giorno la costruzione di una Syriza italiana, di una sinistra degna di questo nome anche in Italia. Ma questa non potrà che essere costruita con un metodo radicalmente diverso da quello della lista: piena democrazia e partecipazione. E’ quello che abbiamo sintetizzato nella formula una testa un voto.
La definizione degli eletti è stato l’ultimo passo della lista. Adesso dobbiamo cominciare il nuovo percorso della costruzione della sinistra e l’appuntamento del 19 luglio è il primo passo in questa direzione.

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