domenica 2 novembre 2014

Il signor Serra, la Leopolda e il Renzianesimo di Mauro Poggi

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Quella del signor Serra è l’immagine glamour del successo finanziario, invidiato e sognato. Giovane, facoltoso, potente: un modello inavvicinabile ai più,  destinato ad alimentare frustrazioni che solo  l’acquisto dell’ultima versione iPhone può temporaneamente placare.

Servizi come quello della trasmissione La Gabbia, o articoli come quello di  Yespolitical, offrono spaccati leggermente più sordidi, che però né sorprendono né riescono a scalfire l’immagine di superficie.

Il sistema di valori adottato dal signor Serra, quello del capitalismo predatorio –  per soprammercato finanziario, è troppo radicale per pensare di confrontarcisi su un terreno comune di discussione. Lo si combatte (quando e se si può), lo si subisce o lo si condivide. Il signor Serra lo ha adottato con estrema coerenza; attendersi da lui un agire diverso non avrebbe senso. Il problema semmai è impedirgli di agire, il che è impossibile dato che agisce, se non legittimamente, almeno legalmente.
Ineccepibili quindi i suoi acquisti di “non-performing-loans”, peraltro impacchettati e messi in vendita da banche altrettanto al limite della reprensibilità; o le vendite allo scoperto di titoli Mps, effettuate in previsione di crollo delle quotazioni, puntualmente verificatosi, a seguito della pronosticabile bocciatura allo stress-test.  Se il signor Serra non facesse questo tipo di operazioni verrebbe meno al mandato dei suoi azionisti e/o sottoscrittori, e d’altra parte in questa attività non è solo.

Ammissibile anche che il signor Serra faccia lobbismo, finanziando il partito che ritiene in grado di meglio proteggere i suoi interessi.

Trovo che la coerente rivendicazione del proprio ruolo, una volta compiuta la scelta, conferisca a chi se ne fa carico una certa dignità, non fosse altro che per l’assunzione di responsabilità che implica. Il signor Serra lo ha rivendicato alla Leopolda durante il suo intervento, una convinta adesione alla dottrina neoliberista. Convinta e convincente, a giudicare dagli applausi che ha riscosso e dalle manifestazioni di popolarità che gli sono state tributate.

Quello che proprio non dovrebbe essere ammissibile, è la strumentale ambiguità del PD, che continua imperterrito a rivendicare a parole la sua vocazione progressista mentre propone di fatto il modello del signor Serra: modernità e successo intesi come sinonimi di progressismo, inteso a sua volta come opportunistica gestione di un presente privo di alternative, in un loop semantico che inverte i ruoli fra reazionari e progressisti: chi non accetta l’iniquità di questo presente viene chiamato conservatore, mentre è rivoluzionario chi ne prende atto e vi si adegua. Non a caso si sprecano i richiami al giovanilismo come valore in sé. La sintonia con il proprio tempo è prerogativa giovanile, e anche se quello della giovinezza è un meme abusato (ricordate di cosa era l’ebbrezza?) rimane sempre deliziosamente replicabile.

La Leopolda, quindi, più che il laboratorio di idee che pretende di essere, si rivela la macchina celebrativa di una riuscita manipolazione di massa. L’omino del breve video qui sotto, che si sbraccia a dirigere l’intensità dell’applauso nonostante il già ampio entusiasmo della sala alla retorica del Caro Leader, è l’apoteosi del talk show, l’indispensabile finzione tanto più necessitata quanto più superflua.

 

Riti, retorica e stilemi sono indistinguibili nella sostanza da quelli che allestiva l’aborrita Forza Italia. (Avete presente le convènscionz ? E le intemerate del primo Berlusconi contro i parchi giurassici della politica non sono affini all’empito rottamatorio di Renzi?).
Assistiamo a una magistrale fase di transizione indolore dal Berlusconismo al Renzianesimo, con milioni di elettori euforicamente convinti di avere superato per sempre il primo, inconsapevoli che il secondo ne è la versione 2.0.

Eppure, come tutti gli upgrade,  la maggior parte delle migliorie  della nuova versione sono superficiali, mentre le novità sostanziali si riducono a una sola: a differenza della versione base, che era fortemente divisiva, il Renzianesimo (© ilSimplicissiumus) si dichiara ecumenico, aspira a raccogliere dentro di sé tutte le anime che anelano al centro ma chiama anche quelle che esitano ai bordi.

La classica raccolta indifferenziata, insomma.

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