lunedì 3 novembre 2014

La solitudine degli operai di Renzo Massarelli

Se li hanno menati è perché pensavano di poterlo fare impunemente, di poterselo permettere. Il manganello è sempre stato uno strumento così. Manda un messaggio, ristabilisce delle gerarchie e misura lo squilibrio delle forze in campo. Produce delle ferite dolorose ma superficiali e, nello stesso tempo, lascia per sempre impresso il suo linguaggio nel profondo del cuore, con il peso dell'umiliazione e dell'impotenza.   Per questo è stato un simbolo del fascismo ed è per questo che il suo uso così brutale ci appare oggi anacronistico e un po' ridicolo. Il manganello è uno strumento che ha segnato anche altre epoche della storia italiana. Queste epoche, quei tempi lontani, restano ben impresse nella memoria del movimento operaio. Gli anni cinquanta, segnati dal peso della guerra fredda, gli anni settanta che suscitarono nuove speranze. Il manganello è stato sempre lì, onnipresente, nelle piazze dove si riuniva il mondo del lavoro. Poi la situazione politica, prima lentamente e poi sempre più velocemente, è cambiata. Gli operai, altrettanto velocemente, sono stati relegati ai margini della scena, messi in un canto dalle regole spietate della globalizzazione e dei nuovi poteri della finanza e della rendita.
Se questa è la realtà di oggi perché riemerge il vecchio simbolo della repressione e del potere autoritario? Il pestaggio degli operai delle acciaierie di Terni ci manda un messaggio inquietante. Non sono le squadre del fascismo, non è il pugno di ferro della polizia di Mario Scelba, non è l'arroganza del potere già declinante della prima repubblica durante il cosiddetto "autunno caldo", ma il governo "progressista" che oggi guida il paese a spedire questa brutta lettera. 
Il fatto è che, oltre le etichette, gli operai sono soli. Chi crede sul serio alle ragioni di chi difende il diritto all'esistenza di una delle eccellenze produttive di questo paese? La Regione, il comune di Terni dispongono di un potere contrattuale molto debole e poi, bisogna riconoscerlo, di fronte alla forza delle multinazionali gli enti locali non sono riusciti in questi anni a incidere, a proporre un loro punto di vista, a far camminare le intese e i programmi concordati nel tempo con la Tyssen Krupp. Poi c'è il governo che scopre il tema del lavoro quando c'è un'emergenza, ma si vede da lontano che quello non è il suo mondo. Non diciamo del ministro dell'interno e della polizia Angelino Alfano o della ministra, scuola Confindustria, Federica Guidi ma dello stesso capo del governo Matteo Renzi, i tre personaggi in cerca di autore nella storia di questi giorni. Si barcamenano tra la loro cultura lontana dal mondo produttivo, dai suoi protagonisti in carne e ossa, e i doveri imposti dal loro ruolo di governanti. Si mettono al centro cercando di "mediare tra le parti". La mediazione è un'arte nobile ma in questa vicenda non ci sono parti neutre. Ci sono gli interessi di una multinazionale e quelli del nostro paese, quelli di aziende tedesche e quelli concorrenti di aziende italiane. E poi c'è l'Europa con le sue cervellotiche regole dell'antitrust che, anche in questa vicenda, hanno favorito gli interessi industriali della Germania.
Intanto anche il secondo forno delle acciaierie è rimasto solo, in attesa del proprio destino. Lui forse neppure lo sa, ma il suo ruolo è davvero centrale per il futuro di una della più importanti acciaierie del nostro paese. Senza la produzione del  secondo forno non si possono più produrre i grandi fucinati, altra eccellenza ternana, e le stesse linee dei laminati a caldo e a freddo, i treni, come li chiamano, resterebbero monche. L'acciaieria di Terni sarebbe declassata a semplice officina, a laminatoio, finché dura e finché i padroni del vapore non decideranno altrimenti, a Berlino o a Bruxelles. La solitudine degli operai, ma anche la loro straordinaria risposta, ci ha fatto però capire una cosa, in questi giorni. Come fanno i nostri governanti a difendere gli interessi italiani senza di loro? Non si può. Allora, facciano un gesto di umiltà piuttosto che correre da soli. Da soli non si va da nessuna parte e non si vince mai. Neanche con i manganelli.

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