Il progetto intorno al quale Nichi Vendola intende rifondare la
sinistra italiana si chiama «Human Factor» e non è una battuta, come
sulle prime mi ero augurato, soprattutto per lui. Chi arriccia il naso
quando Renzi va da Maria De Filippi ha scelto un nome che strizza
l’occhio a un programma televisivo di successo e lascia immaginare
selezioni di candidati affidate ai compagni Morgan e Mika (molto più
autorevoli degli attuali addetti alla compilazione delle liste
elettorali). Chi combatte gli algidi sacerdoti del capitalismo
finanziario ha deciso di ricorrere alla stessa lingua universale e
impersonale che quelli usano per tagliare teste e spostare denari. Il
classico esempio di un’iniziativa politica che nell’atto stesso della
sua nascita riconosce di avere già perduto la partita culturale,
scimmiottando l’avversario che vorrebbe sconfiggere.
I nomi non sono un’etichetta delle cose. Sono le cose. E «fattore
umano» è espressione talmente forte. C’era davvero bisogno di tradurla
nel latinorum parlato da una società che di quel fattore fa
sistematicamente strame? L’inglese va bene per strappare un applauso nei
convegni delle élite. Ma per chi ha bisogno di ritrovare consensi nei
supermercati sarebbe auspicabile rivolgersi ancora all’italiano, come ha
imparato a fare persino Salvini. Se il modello di riferimento restano i
greci di Syriza e gli spagnoli di Podemos, il primo passo potrebbe
consistere nell’accorgersi che si chiamano Syriza e Podemos, mica Left
Coalition e We Can.
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