La Guardia di finanza è in totale disaccordo con il governo sulla depenalizzazione di una serie di reati tributari, prevista dalle bozze del decreto sull’abuso del diritto, destinato ad arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri nelle prossime settimane. A dimostrarlo è l’intervento del comandante generale delle Fiamme gialle Saverio Capolupo durante il seminario istituzionale sul contrasto all’evasione che si è tenuto il 6 novembre in commissione Finanze alla Camera. Capolupo si è concentrato sulle nuove misure in materia fiscale in dirittura di arrivo: dalla disciplina sul rientro dei capitali (la cosiddetta voluntary disclosure), arenata al Senato, ai decreti attuativi della delega fiscale, tra cui appunto quello sull’abuso del diritto. Ma ha anche passato in rassegna le novità sull’adempimento volontario introdotte nella legge di Stabilità. E ha esposto in maniera molto chiara la posizione del corpo che è in prima linea nel contrasto a evasione ed elusione: no alla depenalizzazione della dichiarazione infedele, no alla riduzione degli attuali “presidi sanzionatori” contro l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e la dichiarazione fraudolenta. No ad allargare le maglie, insomma. L’esatto contrario di quanto stabilisce il testo del decreto, ora in fase di limatura, di cui nei giorni scorsi sono state rese note le bozze.
Bozze in base alle quali non solo diventano non punibili le false fatture fino a 1000 euro, ma viene quadruplicata, portandola da 50mila a 200mila euro, la soglia oltre la quale la dichiarazione infedele è penalmente rilevante. Come dire che quello che ora è un reato punito con il carcere da 1 a 3 anni diventerà, sotto quel tetto, un semplice illecito amministrativo. E la soglia potrebbe arrivare a 400mila euro per le aziende che aderiscono al programma di “adempimento collaborativo” dell’Agenzia delle Entrate, la cui direttrice Rossella Orlandi si è detta a favore dell’innalzamento. In più si prevede che “ai fini dell’applicazione della disposizione non si tiene conto della non corretta classificazione o valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza e della non deducibilità di elementi passivi reali”. “Insomma, la Gdf chiede l’opposto di quello che l’esecutivo si appresta a fare”, attacca Daniele Pesco, deputato M5S e membro della commissione, secondo il quale la presenza di Capolupo non era inizialmente prevista all’evento di Montecitorio ed è stato il Movimento a invitarlo.
Gdf: “Si stima opportuno confermare gli attuali presidi sanzionatori riguardanti l’utilizzo e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti nonché la dichiarazione fraudolenta”
Nel suo intervento, Capolupo ha spiegato che “l’esperienza operativa maturata dal Corpo nell’azione di contrasto alle frodi ha evidenziato la ricorrente possibilità di porre in essere rilevanti comportamenti evasivi” proprio utilizzando quei trucchetti. In particolare “deducendo dal reddito costi, spese e oneri che, sebbene effettivamente sostenuti, non sono inerenti all’attività di impresa o non sono deducibili ai sensi delle norme fiscali”. Peraltro in un’audizione di pochi mesi prima lo stesso Capolupo aveva detto che “gli strumenti offerti dalla legislazione penale hanno consentito di pervenire a importanti risultati in termini di aggressione patrimoniale dei responsabili di reati tributari: nell’ultimo quinquennio la Guardia di finanza ha, in media, denunciato ogni anno circa 12mila soggetti”, e “oltre la metà delle denunce riguarda la realizzazione di condotte fraudolente connesse alla falsa rappresentazione della realtà gestionale attraverso utilizzo di fatture per operazioni inesistenti o altri artifici”.
Ma la critica del numero uno delle Fiamme gialle non si limita ai decreti in preparazione. Riguarda anche l’allargamento dell’adempimento volontario previsto dalla legge di Stabilità. L’articolo 44 del ddl punta a incentivare la “collaborazione” tra contribuenti e fisco permettendo ai primi di avere accesso a tutte le informazioni sul loro reddito e le loro spese in possesso delle Entrate. Questo per stimolare chi sta nascondendo qualcosa a “ravvedersi” e sanare errori o omissioni. Ma l’innovazione più rilevante è che la norma consente l’accesso a questa procedura anche a chi ha già ricevuto un avviso di accertamento. Peccato che, per Capolupo, questo equivalga a “agevolare un comportamento attendista e poco collaborativo del contribuente che, una volta informato degli elementi a suo carico, potrebbe aspettare l’avvio di ispezioni e controlli, consapevole dell’opportunità di regolarizzare la propria posizione”. La norma, dunque, potrebbe “vanificare almeno in parte l’attività ispettiva” e “introdurre profili di incertezza sulla stessa funzione del’attività di verifica”. Di conseguenza, “tenuto conto delle risorse disponibili dell’amministrazione finanziaria, l’istituto potrebbe paradossalmente determinare un incentivo all’evasione”. E questo è il modo in cui l’esecutivo conta di aumentare la percentuale di somme recuperate dal mare magnum dei 90 miliardi di tasse evase ogni anno in Italia.
Infine, concludendo il suo intervento, Capolupo ha ricordato qual è lo stato di attuazione dei nuovi provvedimenti varati per rafforzare l’azione della Gdf. In particolare, un articolo della manovra “Salva Italia” del governo Monti (dicembre 2011) prevedeva che tutte le richieste di informazioni o documentazione a banche e intermediari finanziari da parte delle Fiamme gialle fossero spedite per via telematica. Sono passati tre anni e il risultato è che “il sistema non è ancora operativo, in quanto, ad oggi,non è ancora stato emanato il decreto attuativo“. Vale a dire che oggi la Finanza non ha la possibilità di consultare l’archivio dei rapporti finanziari per le richieste nell’ambito di “indagini di polizia giudiziaria, antiriciclaggio e antiterrorismo, nonché nel corso dei procedimenti di applicazione delle misure di prevenzione antimafia“.
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