di Luciano Della Vecchia* - Sono
sette anni che i governi tagliano le risorse destinate agli enti
locali. Tagli che non solo umiliano il ruolo di quest’ultimi, ma che
stanno mettendo a rischio i servizi essenziali forniti alla
cittadinanza. Renzi sta continuando ad attuare le stesse politiche.
Peggio. Il Parlamento stesso è stato di fatto esautorato dal ruolo di
indirizzo e mediazione sulla manovra economica. Se il Governo non darà
agli enti locali le risorse necessarie per svolgere le funzioni
assegnate l’amara alternativa rischia di essere il taglio dei servizi o
l’aumento della tassazione locale. Tutto è accentrato nelle mani del
Governo che non sembra per niente sensibile a quello che succede nel
Paese reale, all’aumento delle fasce di povertà, alla crisi economica e
sociale devastanti.
A leggere attentamente il Jobs Act poi si scopre che uno dei principali
esiti a scapito dei lavoratori sarà la liquidazione del contratto
nazionale di lavoro, nato per difendere l’universalità dei diritti
democratici e la quota salari del Pil che va ai lavoratori rispetto a
quella che va ai profitti e alla rendita finanziaria e immobiliare. Una
quota che in 20 anni è diminuita di sette punti: si tratta di 100
miliardi di euro che andranno nelle casse dei ricchi possessori di
patrimoni aumentando le disuguaglianze sociali provocate dalla crisi
economica. E non sembra che il governo Renzi sia particolarmente attivo
nella lotta per recuperare una fetta dei 180 miliardi di evasione
fiscale o un’altra fetta dei 550 miliardi di tributi non riscossi; così
si continua ad esportare capitali in Svizzera o nei paradisi fiscali
tipo Cayman, tutti soldi sottratti all’economia e allo sviluppo del
Paese. Servono investimenti, non chiacchiere, per rilanciare l’economia e
difendere lo stato sociale. Si stima che la ricchezza liquida delle
famiglie italiane al netto di attività sia pari a 2400 miliardi di euro.
Il 47,5 % di questa cifra, 1.130 miliardi, è posseduto dal 10 % delle
famiglie italiane. I veri ricchi. Sarebbe sufficiente una patrimoniale,
un prelievo una tantum pari al 10 % su questa fascia per ottenere un
gettito di entrate per lo stato di 113 miliardi di euro uguali a sette
punti percentuali di Pil. Una cifra che non solo garantirebbe i servizi
forniti dagli enti locali, ma servirebbe a dare la scossa necessaria
per il rilancio dell’economia e dell’occupazione. Operazione non certo
difficile, basterebbe la volontà politica e l’autonomia del governo dai
poteri forti, non le cene a 1000 euro.
*Direzione Nazionale di Rifondazione comunista
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