domenica 2 novembre 2014

La sinistra e l’ambiguità delle alleanze locali


elezioni-regionali-2010-122558.655x365Qual­che giorno fa (21 otto­bre) su que­sto gior­nale alcuni espo­nenti della lista Tsi­pras mila­nese hanno fatte pro­prie le argo­men­ta­zioni del segre­ta­rio Pd rela­tive ad una «alleanza di governo della sini­stra che non può pre­scin­dere dal Par­tito demo­cra­tico», un’alleanza indi­spen­sa­bile per non «con­se­gnare Milano alla Lega xeno­foba e a un cen­tro destra ricompattato».
Ci sarebbe cer­ta­mente da inter­ro­garsi sulle moti­va­zioni per cui molta parte dei ceti subal­terni ai quali, al mas­simo, i neo­ri­for­mi­sti hanno con­cesso un bene­volo e sal­tua­rio «ascolto», e solo nella loro com­po­nente di sini­stra, si ritrovi abba­stanza com­pat­ta­mente sotto le ban­diere del popu­li­smo di destra. E le rispo­ste in pro­po­sito non dovreb­bero restare senza esiti sul pro­blema dei rap­porti, ad ogni livello, col Pd. Comun­que la moti­va­zione addotta per l’«alleanza di governo» ha un suo peso.
Non spetta a chi è del tutto esterno alla realtà mila­nese dare sug­ge­ri­menti in pro­po­sito. Credo però che ci si dovrebbe pro­vare a riflet­tere per lo meno su un paio di que­stioni che ne deri­vano. La prima riguarda il fatto che ci tro­viamo sem­pre a giu­sti­fi­care scelte poli­ti­che impor­tanti con situa­zioni emer­gen­ziali. L’emergenza è il passe-partout che non ci ha per­messo di pro­iet­tarci sulle diverse tem­po­ra­lità neces­sa­rie alla costru­zione di un sog­getto poli­tico indi­spen­sa­bile per­ché il «cam­biare verso» non sia solo un hash­tag di twit­ter. Una costru­zione di cui, nel momento attuale, il pro­getto legato alla lista Tsi­pras, è com­po­nente impre­scin­di­bile. L’emergenza, qual­che volta, è stata (ed è) anche la coper­tura di ope­ra­zioni non pro­prio trasparenti.
Ora può darsi che a Milano non ci sia altra scelta (lo deci­de­ranno demo­cra­ti­ca­mente i pro­ta­go­ni­sti), ma ciò vale anche per le ele­zioni regio­nali in Emi­lia? Vale anche per la Toscana, dove pure i numeri per una pre­senza non tra­scu­ra­bile della sini­stra ci pos­sono essere? Vale anche per tutte le altre situa­zioni locali? Oppure le scelte, giu­sti­fi­cate con l’emergenza, som­mate l’una all’altra, pos­sono diven­tare un osta­colo insor­mon­ta­bile per il dispie­garsi delle poten­zia­lità già pro­vate con la lista Tsi­pras? Il secondo punto riguarda la neces­sa­ria ana­lisi cri­tica delle espe­rienze di governo di quelle impor­tanti città in cui ha pre­valso uno schie­ra­mento gui­dato, per lo meno all’inizio, da forze e per­so­na­lità impe­gnate dav­vero nel «cam­biare verso».
Mi rife­rirò a Genova, la realtà che cono­sco meglio per­ché da 16 anni inse­gno nella sua uni­ver­sità. Cono­sco, un po’, anche Marco Doria con il quale ho con­di­viso alcune espe­rienze sto­rio­gra­fi­che e scambi di opi­nioni politiche.
Ho appog­giato con­vin­ta­mente la sua can­di­da­tura a sin­daco e non ne sono pen­tito. Sull’onestà per­so­nale di Doria non sono pos­si­bili dubbi. Certi aspetti delle pole­mi­che dei giorni pas­sati sono dav­vero mise­re­voli. Così com’è lar­ga­mente con­di­vi­si­bile il pro­getto poli­tico su cui si è impe­gnato. Il pro­blema è che i pro­getti poli­tici vanno avanti quando hanno le gambe e la forza per cam­mi­nare e pos­sono con­tare un sistema sicuro di alleanze che lo con­di­vi­dono non tat­ti­ca­mente. Alla prova dei fatti il clan tra­sver­sale dei poteri, fuor di meta­fora, dav­vero forti, clan di cui il Pd di Bur­lando è un asse fon­da­men­tale, è riu­scito a tra­sci­nare nelle sab­bie mobili il pro­getto poli­tico di Doria.
Non esi­stono scor­cia­toie per poli­ti­che che vogliano dav­vero andare alla radice dei pro­blemi gravi, in qual­che caso tra­gici, che con­tras­se­gnano lo spa­zio poli­tico e sociale che stiamo attra­ver­sando. Biso­gne­rebbe pren­dere molto sul serio un’affermazione con­te­nuta nella recente (23 otto­bre) inter­vi­sta di Gen­naro Migliore a que­sto gior­nale: «E’ l’ambiguità che non fun­ziona, l’immagine dell’anguilla».
PAOLO FAVILLI
da il manifesto

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