Tempo addietro Pisapia voleva fare il
ponte: “Serve un nuovo soggetto di sinistra che riesca a governare con
il Pd. Io vorrei avere un ruolo di ponte per fare tornare al dialogo
persone che non si parlano ma che possono governare insieme, rinunciando
a strappi e insulti. La sinistra ha mancato la rotazione di incarichi
che è fondamentale per la vitalità. Spero che il futuro leader non sia uno dei soliti nomi, ma qualcuno che finora è rimasto dietro le quinte.».
L’esperimento
milanese, secondo Pisapia, dimostrava come si potessero unire le varie
anime della sinistra, a Roma ormai lontane. In pratica prospettava per
sé il ruolo di facitore di un centrosinistra nel quale Arancioni, Sel e
movimenti vari dialogavano da pari con il Pd, con l’ipotesi di esportare
il modello Milano in giro per la penisola e forse a Roma. Un’opzione
alternativa a quella renziana che preso atto dei numeri parlamentari,
governa con Alfano e Verdini e non disdegna i patti con Berlusconi.
Oggi però Pisapia non riesce neppure a
indicare un suo successore nonostante questa indicazione sia l’unica
concreta possibilità di dare continuità politica al lavoro di questa
giunta e nonostante gli sia stato richiesto con inusuale umiltà e
generosità dal Presidente del consiglio (visto anche l’esperienza non
felicissima del candidato sostenuto da Pisapia per la Regione) e da
tutti gli attori milanesi del centrosinistra.
L’indicazione in corner della Balzani
eccellente esperta di bilanci, assessora silenziosa e affascinante ma
senza alcuna popolarità né cittadina né politica e comunque di molto
inferiore a quella di Fiano o Majorino, sembra più che altro un
espediente per non fare scena muta, e più che un ponte sembra una
passerella di salvataggio.
Neanche il mantra delle primarie appare
sincerissimo, visto che per farle basterebbe fissare delle regole,
compito non proprio complicatissimo, invece ci mettono mesi per dare
mandato a 11 volonterosi di scrivere una Carta dei valori di cui nessuno
se ne cale; diciamo che Pisapia e con lui buona parte del centro
sinistra spera che le primarie spaventino e allontanino Sala, il vero
rappresentante del partito della nazione, che più che in continuità con
Pisapia è in continuità con la Moratti che lo volle in Comune e insieme
con altri fedelissimi (meno commendevoli) in Expo. Strumento anti Sala
forse efficace, le primarie sono però anche uno strumento pro Fiano e
Majorino, due che misteriosamente risultano essere indigesti manco
c’avessero la rogna.
Perché un declino così rapido? Semplicemente perché nel momento in cui ha rinunciato a ricandidarsi Pisapia ha rinunciato alla leadership
che aveva ricevuto dalle primarie prima e dal voto popolare poi e che
aveva ben esercitato nei primi anni del suo mandato. Non ricandidarsi è
come annunciare le dimissioni, è lasciarsi risucchiare nel gioco dei
partiti, dei partitini, delle correnti, dei candidati, è condannare al
massacro i fedelissimi arancioni (giustamente i più delusi dalla
rinuncia definita schettiniana), è lasciare campo libero
all’omologazione tra politica nazionale e locale, è in poche parole
disertare. Anche in termini di popolarità ne ha sofferto, che come
diceva mia madre: “Chi non mi vuole non mi merita”.
Il sindaco si è adeguato a quella
sentenza latina che dice “Meglio dover sopportare il proprio erede che
doversene cercare uno” e ha cercato di rinviare sine die il
chiarimento con Renzi. Suo legittimo diritto quello di riposare ma come
diceva il re nano “in casa Savoia si regna uno per volta” e decisa
l’abdicazione Pisapia se voleva fare il king maker doveva
accelerare tempi e modalità dell’investitura dando prova dello stesso
decisionismo dei tempi del ghigliottinamento di Boeri, invece ha
tentennato troppo a lungo.
Nel centro sinistra con tipica ipocrisia politically correct
(pianto d’erede è mascherato riso diceva Seneca), ci si nasconde dietro
la valorizzazione dei programmi e del ruolo delle primarie, per
nascondere una banale verità: scomparso Pisapia scompare quel modello di
proposta politica. Ricordate i 50.000 in piazza con Vendola e Camusso?
Il manifesto “Grazie Milano si cambia davvero”? Il titolo dell’Unità “finalmente” e del Manifesto:
“Che sballo”? Ne rimane solo il ricordo. L’entusiasmo del 2011 è
evaporato in nostalgia e oggi Vendola e Camusso sono tra i principali
avversari del governo Renzi.
Ricorderemo Pisapia con affetto per aver
rinverdito la speranza di un socialismo municipale, per aver dimostrato
che si può vincere partendo dalle idee di sinistra, per aver ridato
vita a una Milano da bere (vedasi le folle sui Navigli) nel senso
positivo del motto: è stato un bravo amministratore e un modesto
politico.
É stata la sua una giunta di ottimi e
onesti gestori verrebbe da dire albertinianamente condominiali, di seri
normalizzatori delle stupidaggini morattiane, di coraggiosi affrontatori
di emergenze, di rigorosi realizzatori dei progetti ereditati, una
giunta che ha migliorato la qualità della vita dei milanesi (sia lode in primis a Maran), di low profile per creatività e inventiva: una giunta long seller, un’amministrazione rosa-grigio.
Penso che a Pisapia toccherà il destino
di Caldara: archiviata la sua opzione strategico politica non si
ricandidò alla carica di sindaco ma fu utilizzato dal suo successore in pectore
per la campagna elettorale e poi pensionato in ruoli minori. Comunque
sia con tipico spirito meneghino pagato il tributo al merito passato, si
volta pagina.
I primi a prenderne atto sono stati Majorino e Fiano che certo non hanno aspettato l’imprimatur
del sindaco; poi la De Cesaris che quando ha capito che dal sindaco non
sarebbe uscita la sua indicazione ha tolto il disturbo; poi da
Rifondazione Comunista che ha salutato le primarie di coalizione
premettendo che loro la coalizione con Renzi non la vogliono fare,
generando entusiasmo tra quei renziani che ben sostituirebbe Rizzo con
Colucci; dal viperino Civati: lo “schema Pisapia non esiste più” questo
perché “c’è chi ha scelto la governabilità a scapito della
rappresentanza… In giunta erano quasi tutti renziani, più o meno
dichiarati … .Il sindaco di Milano non è una figura minore: non può non
avere un’opinione sulle cose che accadono a Roma, discuterle e
influenzarle. L’idea che Milano faccia altro è molto pericolosa e
parecchio ipocrita” e altri verranno.
Con Pisapia appassisce anche il progetto
Arancione originario, quello della somma di diversi: dai circoli
movimentisti agli ottimati borghesi dai riformisti socialdemocratici ai
libertari radicali; sbaglierò ma il nuovo civismo mi pare essere
l’apripista del partito della nazione di cui aspira a essere l’ala
sinistra. Appassisce l’epoca del rito ambrosiano, delle giunte anomale
rispetto al quadro nazionale: il candidato o sarà renziano o lo diverrà.
Appassisce l’idea di primarie come strumento palingenetico (come diceva
il programma ufficiale: “La scelta delle primarie nasce dall’esigenza
di rilegittimare la politica e questo mette in discussione il ruolo dei
partiti. La loro riforma è senza dubbio necessaria ma passa attraverso
la consapevolezza della loro parzialità, della crescita di esperienze
politiche in altra forma, con altre modalità”). Appassisce l’idea che da
Palazzo Marino si possa costruire un modello nuovo di partecipazione
popolare. Se fosse andato meno alla Scala e più ai concerti forse il
sindaco avrebbe ricordato i Nirvana: “meglio bruciare che appassire” e
adottato una strategia diversa. Comunque grazie.
Walter Marossi
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