Metalmeccanici. Il
segretario Fiom: il contratto? Lo voti la maggioranza dei lavoratori.
«A novembre mobilitazione nazionale contro la legge di stabilità». Il
segretario fa appello alle associazioni sociali e ai sindacati
Forte di numeri — certificati — che ne fanno il sindacato
più rappresentativo della categoria, la Fiom parte alla
riconquista del contratto nazionale. E in parallelo va all’attacco
della legge di stabilità, proponendo alle altre forze sociali,
associative e politiche che criticano l’ex finanziaria una
manifestazione nazionale, «in un sabato di fine novembre». O il 21,
data più probabile, o il 28 del prossimo mese.
Non è ancora tutto, perché dall’assemblea nazionale dei
metalmeccanici Cgil, che ha all’ordine del giorno la definitiva
messa a punto della piattaforma rivendicativa da sottoporre al
voto di tutti i lavoratori, arriva anche la proposta di una
“consultazione” sul jobs act, in vista di un possibile referendum
nel 2016. «Non ci vogliamo sostituire alle discussione che si deve
fare in Cgil — avverte Maurizio Landini nella relazione
introduttiva — ma in contemporanea al voto sulla piattaforma
contrattuale, si può ben chiedere il parere dei lavoratori su
quello che sta facendo loro il governo».
L’attivismo della Fiom poggia su alcune rinnovate certezze. La
prima, e più importante, riguarda i dati finora arrivati sulla
certificazione della rappresentanza, quella prevista
nell’accordo interconfederale del gennaio 2014. «Sulle 3.500
aziende censite ad oggi per 480mila lavoratori complessivi — rivela
un soddisfatto Landini — come Fiom abbiamo il 64% dei voti. Sono
voti effettivi, e sono più del doppio del numero di iscritti in quelle
aziende. Su 21 regioni (Trentino e Alto Adige sono oggi “sdoppiate”,
ndr), in 20 la Fiom è il primo sindacato metalmeccanico. Noi
abbiamo criticato la legge sulla rappresentanza in altre sue parti,
non sulla certificazione, che è uno strumento per impedire la
pratica degli accordi separati. E Federmeccanica deve recepire
quanto sottoscritto da Confindustria nell’accordo
interconfederale».
Non è dunque un caso se Federmeccanica ha convocato un solo
tavolo di discussione, con data già fissata al 5 novembre, sul nuovo
contratto metalmeccanico. «Hanno risposto sia a noi che a Fim
e Uilm, che non avevano accettato di discutere una piattaforma
comune e hanno inviato una loro proposta. E guardate — avverte il
segretario generale Fiom — non è un regalo. Se dopo sette anni si
torna a un tavolo unico, se Federmeccanica ha cambiato posizione,
è perché la Fiom è ancora più rappresentativa. Ed è questo che ha
impedito di essere espulsi dai tavoli di contrattazione».
Fiom al tavolo dunque, in quella che non si annuncia una
trattativa facile: «Se capisco l’aria che tira — preconizza
Landini — anche Federmeccanica presenterà una sua piattaforma.
E loro non hanno certo fatto una fotografia felice, almeno rispetto
agli annunci ottimistici del governo». Una foto che racconta di
350mila posti di lavoro persi dall’inizio della crisi, e di un 27% di
produzione industriale in meno dal 2008 ad oggi. «Eppure anche
palazzo Chigi ha dovuto riconoscere che siamo in grado di fare buoni
accordi, come alla Whirlpool o all’Electrolux». Di qui la proposta
all’assemblea «per un nuovo contratto innovativo: sfidiamo noi le
controparti a un cambiamento». Il progetto Fiom parte dall’assunto
che sia in corso un attacco ai contratti nazionali — vedi il caso di
scuola Fca — con l’obiettivo di arrivare ad un “aziendalismo spinto”
che metta in competizione lavoratore contro lavoratore. Di qui
la contromossa Fiom: «Al contrario di quanto vuole fare
Confindustria, che trova sponda nel governo, la nostra parola
d’ordine deve essere la ricostruzione del contratto nazionale. Un
contratto che deve essere elemento di garanzia, inderogabile, per
tutti i lavoratori di tutte le imprese. Rinviando alla
contrattazione aziendale non le deroghe, ma le innovazioni
interne alle singole aziende».
Per ottenerlo, sottolinea Landini, diventa indispensabile
coinvolgere tutte le tipologie di lavoro presenti nelle imprese
metalmeccaniche, applicando le regole sulla certificazione
della rappresentanza. La sintesi è efficace: «Sotto lo stesso tetto
della fabbrica, lo stesso minimo contrattuale». Ma attenzione: «Non
è semplice, non è facile, non è scontato. Federmeccanica può
replicare: ’Va bene, ma allora togliamo l’articolo 18 a tutti’. Eppure
è un punto decisivo. Perché oggi come ieri vediamo, dal caso Anas in
giù, che è su appalti e subappalti che la malavita dilaga».
In questa ottica, anche la defiscalizzazione degli aumenti
salariali deve riguardare, in controtendenza, il contratto
nazionale: «Perché la contrattazione aziendale avviene solo nel
20, 25% delle imprese», ricorda il segretario generale. Che annuncia
anche un’altra novità: la contrattazione annuale del salario in
ogni tipologia di contratto metalmeccanico. «Si tratta di un’idea
mutuata dalla Germania — puntualizza Landini — dove recentemente
Ig Metall ha chiuso un accordo con un aumento del 3,4%. Noi per il 2016
chiediamo un aumento del 3%».
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