di Andrea Colli
“Civati dice: senza Pisapia, a Milano nessuna coalizione con il Pd. Troverete una quadra?”
E’
una delle domande che il Manifesto fa a Nichi Vendola in un’intervista:
“Con Civati la vedo difficile. Si comporta come un elefante in
cristalleria. In ogni città in cui passa lascia una scia di polemiche e
divisioni. Siamo tutti impegnati in una sfida gigantesca che non si può
affrontare con le battute. Su una cosa invece Civati ha ragione: sul
profilo di autonomia politico-culturale che deve avere la nuova
sinistra. Ma l’autonomia non può essere interpretata come la propone
l’ultimo che è uscito dal Pd e cioè una rottura generalizzata con il Pd
senza guardare in faccia le situazioni specifiche. La posta in gioco è
alta, è il destino di comunità importanti. Chi parla di condivisione dal
basso non può considerare i territori come terminali muti di una
politica fatta dai palazzi romani.”
Tradotto
dal politichese narrativo significa che Civati ha ragione sul fatto di
prendere le distanze (autonomia) dal Pd a tutte le latitudini, ma “noi
lo facciamo a Roma ma non nei territori” dove (Sel) abbiamo radicato un
rapporto col Pd duraturo nel tempo e che ha costruito col Pd importanti
comunità. Siccome Possibile è nata dal basso non può considerare i
territori come un’istanza a sè che non dice nulla su quello che il Pd fa
con le sue orribili riforme. Io personalmente penso che i territori di
cui parla Vendola siano proprio “muti” rispetto a quello che succede nei
palazzi romani del potere e questo per due ragioni: la prima perché Sel
nei territori è sempre minoritaria rispetto al Pd e non può alzare la
voce e permettersi di rompere le coalizioni. E secondo, una difficile
sopravvivenza di Sel fuori dal Pd anche nei territori. Ma allora perché,
caro Vendola, non cogli la palla al balzo e continui una buona volta
sulla strada dell’autonomia dal Pd cogliendo le occasioni che ti si
presentano?
Per
essere Sinistra, ci vuole coraggio altrimenti si rischia una perenne
sudditanza. A meno che non si sia d’accordo con quello che il Pd fa nei
palazzi e allora, è un altro discorso.
Fonte: nuovatlantide.org
Il futuro della sinistra non è il trapassato dell’Ulivo
di Bia Sarasini
Allora,
era qui che dovevamo arrivare, il futuro della sinistra è il ritorno
al passato dell’Ulivo di Prodi? Mesi e mesi di tavoli, incontri,
riunioni, e annessi rinvii che spezzano il cuore e i progetti in
vista del magic moment, sempre alla ricerca della mai raggiunta
congiuntura perfetta, era per ritrovare l’antico centrosinistra?
Quello bello, di un tempo, quando non c’era la crisi all’orizzonte, il
welfare era sostenibile e l’Europa era ancora un bel sogno in cui
credere, mentre nessuno immaginava l’apparire del partito della
nazione?
Non
che ci sia da stupirsi. La frammentazione dello spazio politico a
sinistra è sempre rimasta tale, nonostante l’impegno generoso di
tante e tanti, nonostante lo sforzo di tenere un filo che leghi le
mille esperienze tra sociale senza rappresentanza e politico che
non trova una forma. Nonostante il successo —
modesto ma unico — dell’ultimo progetto unitario della sinistra, il
risultato della lista l’Altra Europa con Tsipras alle Europee del
2014, senza ignorare la delusione e gli abbandoni che ne sono
seguiti. Non c’è da meravigliarsi che le inevitabili e fin troppo
contenute rotture — vista la rotta impressa dal segretario Matteo
Renzi — che sono in corso nel Pd, facciano fatica a orientarsi nel
campo nuovo in cui vengono trovarsi, quello che il gergo mediatico
continua a chiamare sinistra radicale, e che più volentieri
facciano riferimento ai momenti migliori del passato recente. E a
parte la meraviglia che sicuramente avrà colto l’eccellente
Professore nel vedersi considerare il riferimento di un progetto
di sinistra, addirittura di una “cosa rossa”, il fatto
sorprendente è che in questo quadro vien cancellata la crisi
economica che ha sconvolto la scena mondiale. Come sembra sparita
la crisi del welfare e della buona vecchia socialdemocrazia, che
dallo tsunami della crisi è stata spazzata via.
E
lo dico senza dimenticare, anzi, le mie simpatie uliviste del
passato. Proprio perché ne ho seguito passo passo l’intera
evoluzione, l’evocazione attuale mi sembra assurda. La mutazione del
Pd impressa da Renzi è l’ostacolo più evidente. Una mutazione che si
sta completando sotto nostri occhi, con l’espulsione dal proprio
profilo non tanto delle radici storiche che nella comunicazione di
propaganda vengono — con misura — coltivate, quanto del
radicamento sociale.
È
così sorprendente, questa prospettiva, che viene da chiedersi se
non sia uno dei tanti giochi in corso per affondare
definitivamente ogni tentativo di sinistra nel nostro paese. Una
sinistra antiliberista, che punti a proteggere i giovani, i
pensionati, le donne, i lavoratori, dalla violenza dell’attacco
sociale, una sinistra che vede nel governo Renzi l’interprete fedele,
anzi, creativo — del disegno liberista delle élite europee. Come si
fa a pensare ad alleanze con chi taglia la sanità pubblica? Come non
vedere prospettive diverse in Europa, per esempio in Portogallo?
Certo,
ogni proposta è legittima, in un terreno che non vede ancora in
campo un progetto comune, un terreno che non ha nome, tanto che si
ritrova a essere identificato con un richiamo che nella versione più
benevola appare nostalgica, come “cosa rossa”. E non si può certo
immaginare che ci sia un’unica prospettiva, l’esatto contrario
dell’idea in cui ci siamo spesi in tante e in tanti. L’idea di un
mettersi in marcia, di avviare insieme un progetto che nel
camminare prende forma. Un mettersi in moto che ha bisogno di un
avvio, un inizio. Un inizio fin troppo atteso.
Abbiamo
discusso, nei mesi scorsi, della vita a sinistra. La vita, se c’è, a
un certo punto prende forma, vive appunto. Credo che continuare a
trascinare la decisioni di partenza di riunione in riunione sia un
gioco mortale. Si potrebbe anche chiamarlo gioco delle tre carte,
vedo e non vedo, ci sono e non ci sono. È divertente, ma solo per chi
tiene il banco. Che non è nessuno dei partecipanti. E il banco sono
il governo, o l’Europa, o il liberismo, fate voi. Che a giocare ci
siano solo uomini non è un dettaglio irrilevante.
Fonte: il manifesto
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