Il gruppo provinciale del PRC esprime sdegno e invita alla
mobilitazione generale contro i propositi governativi di smantellamento
dell’Articolo 18, frontiera intangibile di civiltà nel mondo del lavoro e
nel quadro dei diritti maturati dai lavoratori in più di un secolo di
lotte per l’emancipazione dalla miseria e dal ricatto padronale.
Il Governo Monti si riempie la bocca con parole – slogan come
“modernità “ e “progresso “, ma con gli atti concreti che compie riporta
le lancette della storia a 60 anni fa, quando i licenziamenti
avvenivano su base discrezionale e i lavoratori erano quotidianamente
ostaggio dell’arbitrio dei datori di lavoro.
Cosa nascondono i famosi (o meglio, famigerati) licenziamenti su
base economica? Essi sono lo strumento attraverso il quale il
capitalismo al tramonto vuol far pagare la crisi generata dalla
sovrapproduzione e dalla speculazione finanziaria ai lavoratori; essi
rappresentano lo strumento attraverso il quale si vuole ridisegnare in
senso ancora più sfavorevole ai lavoratori stessi il quadro dei rapporti
di classe in fabbrica, già da anni tutti a favore del padronato, a
partire dalla Marcia dei 40.000, passando per il referendum sulla scala
mobile e per quella famosa concertazione che, a partire dal 1992, ha
fatto scendere la quota di reddito nazionale detenuta dai lavoratori in
termini di salari e stipendi a livelli quasi sudamericani.
Si vuol licenziare più facilmente per impedire il sorgere di lotte e
rivendicazioni in una fase critica, di crisi irreversibile, che può
aprire il varco a una nuova fase storica di conflitto sociale; si vuol
licenziare più facilmente per rendere tutti i lavoratori (qualunque sia
il loro profilo professionale) più ricattabili e malleabili.
Un Governo che in un momento in cui esplode la Cassa integrazione e
le aziende chiudono in massa pensa a come licenziare più facilmente, è
quanto di più insultante possa esistere (d’altronde un governo
espressione della tecnocrazie bancarie e finanziarie non può operare
diversamente), ma ancora più insultante è l’atteggiamento, verso i
lavoratori, di una parte del centrosinistra che, prono ai voleri di
Confindustria, è pronta a trangugiare questa ennesima minestra
antisociale, condita non solo con l’abolizione de facto dell’articolo
18, ma anche con altri ingredienti come l’aumento delle imposte, specie
quelle indirette, delle tariffe, ecc….
La posizione del PD di Bersani, altalenante e incerta, non è più
sostenibile : le contraddizioni interne alla sinistra sono tali per cui
la sua parte più avanzata e le componenti storicamente legate al mondo
del lavoro non possono più tacere e rifiutare di smarcarsi da una
politica che ormai va oltre la concertazione stessa, rimette in
discussione diritti di civiltà conquistati a prezzo di durissime lotte,
minaccia di produrre una sempre più forte recessione, con l’incertezza
sovrana dei lavoratori rispetto al loro futuro.
La campana di una collocazione precisa, netta e chiara da parte di
quella sinistra che vuole continuare ad essere tale e non vuole
annacquare i propri fondamenti ideali nel mare del moderatismo, del
centrismo, è ormai suonata: non solo occorre mobilitarsi e lottare
affinché lo smantellamento dell’art. 18 non passi, assieme a una
“riforma“ del lavoro che significa restaurazione definitiva dei
privilegi di classe, ma occorre mettere in atto ogni sforzo per
capovolgere esattamente i termini del problema.
Non si deve parlare o ragionare, nemmeno tra noi, di smantellamento
dell’art.18 e di lotta per mantenerlo così come è, bensì si deve
cominciare a ri–parlare di una sua estensione alle piccole aziende, i
cui dipendenti attualmente non sono tutelati e i cui “titolari”, spesso,
altro non sono che contoterzisti di un grande capitale che li sfrutta e
li opprime, con le banche, con i ritmi delle consegne ecc….
Riprendiamo in mano le parole d’ordine del 2002 sulla lotta per la
difesa e l’estensione a tutte le unità produttive dell’art. 18,
facciamolo su una base di ampia alleanza con tutte le forze di sinistra,
popolari e democratiche (non solo politiche, ma anche sindacali e della
società civile) che condividono la proposta come la condivisero allora.
Prepariamoci a dar battaglia non giocando in difesa, ma andando
all’attacco in nome di più avanzate e mature parole d’ordine, i cui
contenuti sono quelli dell’universalità dei diritti e della lotta per la
costruzione di una società più giusta.
Che questo possa essere il viatico per un grande “Partito del
lavoro“, capace di opporsi alla deriva moderata e centrista che vuole
cancellare i valori della vera sinistra storica. In questo “Partito del
lavoro” la Federazione dovrà essere presente e viva, dal momento che i
suoi fondamenti ideali sono già in embrione, specie dopo gli
orientamenti prevalsi all’ultimo Congresso, i pilastri di un futuro e
più ampio “Partito del lavoro”, non autoreferenziale né di
testimonianza, ma vivo e presente nella società, situato oltre il
moderatismo dell’attuale PD e oltre il gauchismo parolaio e velleitario
di Sel.
L’assurdità più grande del quadro politico italiano è, infatti ,
proprio l’assenza di una vera sinistra nel Paese che aveva il Partito
comunista più forte fino a 20 anni fa: superare questa aporia significa
ridare slancio alla speranza, costruire una vera sinistra moderna ,
radicale, antagonista, un blocco alternativo nel quale far confluire
diverse esperienze e idealità accomunate dal rifiuto del pensiero unico
del mercato, della logica della compressione dei diritti sociali, del
commissariamento della democrazia in nome di governi tecnici deputati a
compiere scelte antipopolari al riparo dal vaglio del voto popolare.
Luca Baldelli
Capogruppo del Prc Provincia di Perugia
Capogruppo del Prc Provincia di Perugia
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