PERUGIA - Soldi in
nero, pazienti indirizzati verso strutture private per cure a pagamento e
visite fuori orario continuano a rendere ancora più burrascoso il cammino dei
nuovi ticket sull’intramoenia.
A dare un’ulteriore mazzata al nuovo balzello, anche il blitz messo a segno dai Nas che, nell’operazione denominata “Tra le mura”, ha visto la denuncia di decine di medici perché accusati di reati che vanno dall’incasso di soldi in nero fino all’induzione di pazienti a scegliere strutture convenzionate, passando per le prestazioni in regime libero effettuate durante gli orari istituzionali.
A dare un’ulteriore mazzata al nuovo balzello, anche il blitz messo a segno dai Nas che, nell’operazione denominata “Tra le mura”, ha visto la denuncia di decine di medici perché accusati di reati che vanno dall’incasso di soldi in nero fino all’induzione di pazienti a scegliere strutture convenzionate, passando per le prestazioni in regime libero effettuate durante gli orari istituzionali.
L’operazione dei Nas, durata per tutto il 2011, ha evidenziato che
circa il 50% dei sanitari controllati non è risultato in regola in primis per
quello che riguarda l’incasso delle parcelle, incassate a nero dopo aver
eseguito delle visite per conto dell’ospedale e poi per aver indirizzato i
pazienti a scegliere delle strutture private per ulteriori visite.
Il problema, riscontrato dai Nas, è che ci
sarebbe realmente poco controllo sui medici e sulle strutture ed è per questo
anche che sarebbe stata proposta una agenzia atta a svolgere attività di
controllo e valutazione dell’assistenza sanitaria.
Sulla questione intramoenia si era
espresso tempo fa anche Carlo Fabbri, del Prc, che aveva sottolineato, in
seguito alla bufera sollevata dopo l’inserimento del nuovo balzello, come
“l’intramoenia è solo in parte pubblica e viene scelta, soprattutto, da coloro
che se la possono permettere. Il ticket sull’intramoenia va pagato perché
vengono utilizzate la struttura e i macchinari dell’azienda sanitaria
regionale”. Inoltre Fabbri si era chiesto “Perché non sono mai stati inseriti
dei tetti massimi e minimi per la spesa delle prestazioni? Perché non si è mai
controllato che le visite in intramoenia si svolgessero realmente in strutture
pubbliche e non presso gli ambulatori privati dei singoli professionisti?”.
Di cero le domande sono legittime visto il giro d’affari che salta agli occhi: in Umbria in un anno le visite effettuate in regime di intramoenia sono circa 150mila, garantendo un giro d’affari pari a 8 milioni di euro e rappresentando il 10% delle prestazioni annue l’incremento dei prezzi dovrebbe garantire un gettito per le casse pubbliche di 4 milioni.
Di cero le domande sono legittime visto il giro d’affari che salta agli occhi: in Umbria in un anno le visite effettuate in regime di intramoenia sono circa 150mila, garantendo un giro d’affari pari a 8 milioni di euro e rappresentando il 10% delle prestazioni annue l’incremento dei prezzi dovrebbe garantire un gettito per le casse pubbliche di 4 milioni.
Fabbri ha inoltre ricordato come se “i
sindacati avessero compiuto questi importanti passi avanti nella tutela
dell’operato dei professionisti e del diritto alla salute degli utenti, forse,
avrebbero notato che spesso il cittadino che deve effettuare visite e analisi
si trova di fronte ad una vera e propria giungla, in cui, fin troppo spesso, è
la parte privata della sanità pubblica ad avere la meglio a discapito delle
tasche del singolo”.
Parliamo delle lunghe liste d’attesa con le quali spesso i pazienti si trovano a dover combattere, il presidente della commissione parlamentare, Ignazio Marino, ( che ha anche proposto l’agenzia per il controllo) infatti parla di “regioni in cui i pazienti devono aspettare dai 190 ai 426 giorni per una visita oculistica, mentre i medici presenti nelle strutture pubbliche esercitavano le loro attività in studi privati durante gli orari d’ufficio”.
Parliamo delle lunghe liste d’attesa con le quali spesso i pazienti si trovano a dover combattere, il presidente della commissione parlamentare, Ignazio Marino, ( che ha anche proposto l’agenzia per il controllo) infatti parla di “regioni in cui i pazienti devono aspettare dai 190 ai 426 giorni per una visita oculistica, mentre i medici presenti nelle strutture pubbliche esercitavano le loro attività in studi privati durante gli orari d’ufficio”.
Lettera aperta sul ticket in intramoenia
di Carlo Fabbri
PERUGIA - Scrivo
questa lettera alla vostra redazione in qualità, è bene specificarlo, di
privato cittadino che usufruisce del pubblico servizio sanitario e in qualità
di medico e di professionista che ha svolto per ben quaranta anni il suo servizio
presso l’azienda ospedaliera di Perugia e che, proprio per questo, ne conosce
anche dal di dentro le dinamiche e i cambiamenti strutturali. Scrivo, inoltre,
come uomo e professionista di sinistra che ha sempre creduto, difeso e
lavorato, nello svolgimento delle varie cariche ricoperte, per una sanità
pubblica che è bene comune di primaria importanza.
Come saprete, da poco è stata inserito un aumento del ticket in
intramoenia, cioè delle visite private svolte dai medici all’interno delle
strutture pubbliche, del 29%. Come ogni rincaro, certo, è fastidioso, ma
bisogna chiedersi le motivazioni che hanno portato a questo sostanzioso
aumento, cioè compensare il minor gettito che la nostra azienda ospedaliera
otterrà dai ticket sanitari avendo fatto una scelta equa e nella direzione
della tutela dei ceti più deboli, cioè quella di inserire dei ticket modulati
per fasce di reddito al posto di un ticket unico ed indifferenziato.
Mi meraviglio, e per questo vi scrivo, della posizione che hanno
preso le associazioni di categoria in questa vicenda: una netta contrarietà e
una chiusura serrata rispetto al “balzello” dell’attività in intramoenia dei
medici. Questa posizione mi risulta tanto più inspiegabile quanto più proviene
da quei sindacati che per loro natura e storia sono votati alla difesa delle
fasce più deboli dei cittadini e alla tutela dei loro diritti: la sanità
pubblica di qualità e a costi contenuti rientra pienamente in quei diritti,
mentre non si può dire la stessa cosa dell’intramoenia che è, invece, una
stortura del pubblico, una sua emanazione, ma in brutta copia. Infatti,
l’intramoenia è solo in parte pubblica e viene scelta, soprattutto, da coloro
che se la possono permettere. Il ticket sull’intramoenia va pagato perché
vengono utilizzate la struttura e i macchinari dell’azienda sanitaria
regionale.
Ma perché quegli stessi sindacati che oggi tuonano contro questo
ticket e che si mobilitano perché preoccupati dai minori introiti che ne
verrebbero per i medici non si sono mai mossi per riequilibrare il sistema
dando maggior peso e rilevanza, come è giusto che sia, alla parte pubblica
della sanità? Perché non hanno mai chiesto l’inserimento di tetti massimi e
minimi per la spesa di quelle prestazioni? Perché non hanno mai controllato che
le visite in intramoenia si svolgessero realmente in strutture pubbliche e non
presso gli ambulatori privati dei singoli professionisti? Perché non hanno mai
verificato che il numero delle visite effettuate dal singolo professionista in
intramoenia fossero, come richiesto per legge, inferiori o pari al numero delle
impegnative del sistema sanitario locale? Perché mi chiedo, infine, nessuna
sigla sindacale si è mai spesa per vigilare sulle liste d’attesa delle visite
in intramoenia e di quelle del sistema sanitario pubblico o sul rispetto degli
ambiti e degli orari delle due prestazioni in oggetto per garantire trasparenza
sull’operato del personale medico e chiarezza all’utente?
Se i sindacati avessero compiuto questi importanti passi avanti
nella tutela dell’operato dei professionisti e del diritto alla salute degli
utenti, forse, avrebbero notato che spesso il cittadino che deve effettuare
visite e analisi si trova di fronte ad una vera e propria giungla, in cui, fin
troppo spesso, è la parte privata della sanità pubblica ad avere la meglio a
discapito delle tasche del singolo.
Se queste parti sociali non fossero arroccate nella difesa di
interessi corporativistici avrebbero anche capito che il ticket
sull’intramoenia colpisce la sanità privata e non quella interamente pubblica e
che se i propri iscritti richiedono la tutela esclusiva di interessi
particolari forse non sono degni di possedere quelle tessere!.
Nessun commento:
Posta un commento
Di la tua