Una trita liturgia nostalgico-rivoluzionaria o l’inizio di una vera e
propria insurrezione civica? Non saprei rispondervi, non così su due
piedi. Ma domenica 18 marzo 2012 decine di migliaia di
persone – una forbice compresa tra le cinquanta e le centomila – hanno
letteralmente invaso la piazza della Bastiglia a Parigi. Il motivo?
Assistere al comizio di Jean-Luc Mélenchon, candidato alle Presidenziali per il Front de Gauche,
schieramento che rappresenta una parte della sinistra radicale
transalpina. Per spiegare l’altissima partecipazione a questa “Marcia
verso la VI Repubblica” non basta il mojito a due euro venduto da alcuni
militanti lungo il tragitto che dalla Place de la Nation portava fino
alla Bastiglia.
Ma andiamo per ordine. Mélenchon è salito sul palco intorno alle 17, e vedendo davanti a sé la “marea rossa” inneggiante alla resistenza – come l’ha definita Le Figaro, – è scoppiato a ridere. Una risata sonora, di gioia, di sorpresa, di tensione. Una risata che confermava la riuscita dell’operazione “Riprendiamo la Bastiglia”: la prova di forza di una sinistra divisa e umiliata dai risultati elettorali degli ultimi anni.
«Ci siamo mancati, ci siamo attesi, ci siamo ritrovati!». Mélenchon ha parlato per circa mezzora, con il suo usuale lirismo da tribuno navigato, esponendo brevemente alcuni punti cardine del suo programma: indipendenza della giustizia garantita dal Parlamento, estensione dei diritti agli omosessuali, diritto all’aborto e all’eutanasia, protezione del pianeta attraverso l’ecologia, ma soprattutto una Costituente paritaria per «la VI Repubblica».
Non sono mancati gli accenni alla Costituzione del 1793 e i riferimenti a Saint-Just e Robespierre, nonché l’invito a dare il via «alla primavera dei popoli», iniziando ad aprire una breccia in Francia attraverso lo scrutinio del 22 aprile e del 6 maggio prossimi.
La piazza ha ascoltato, catturata dal carisma dell’oratore. E in quella piazza domenica non c’erano solo i militanti e gli elettori del Front de Gauche, ma c’era tutta una parte della sinistra che giocoforza voterà per François Hollande – anche in Francia non si sottraggono alla teoria del “voto utile”, – pur sentendosi lontana e in parte non rappresentata dal Partito Socialista e dai verdi.
Cesar, trentenne presente al comizio, dichiarava su Rue89.com: «Voterò per Hollande, anche se Mélenchon mi interessa. Sono sensibile alle sue idee, mi sembrano più ancorate a sinistra. […] Tentenno, ma alla fine credo che favorirò il voto utile». Altri invece, come il sessantenne Yves, che per una vita ha votato PS, voteranno per il Front de Gauche «perché abbiamo bisogno di più pepe!»
Insomma, quello che alcuni elettori di sinistra apprezzano in Mélenchon è la sua verve, il suo parlare franco, senza peli sulla lingua, una dialettica ai limiti del politicamente corretto. E non è un caso se negli ultimi tre mesi i sondaggi sulle intenzioni di voto hanno registrato una crescita costante del candidato del Front de Gauche, che ad oggi è dato all’11% al primo turno.
Ma Jean-Luc Mélenchon, effige onnipresente in questa domenica di piazza, non ha fatto di certo l’unanimità. Il Partito Socialista trema all’idea di un suo exploit, e non ha tardato ad affermare, attraverso la portavoce della campagna di Hollande Delphine Batho, che il PS resta comunque la vera colonna vertebrale della sinistra. Sarkozy in parte gongola per un’eventuale emorragia di voti per i socialisti, mentre una personalità di spicco come Michel Onfray, un tempo sostenitore di Mélenchon, si smarca definitivamente dal candidato del Front ritenendo inconcepibili le sue idee sulla politica estera, in particolare le posizioni su Cuba: Mélenchon non ha mai nascosto di non considerarla una dittatura.
Più aspro invece l’intervento attraverso le colonne di Slate.fr del giornalista Eric Le Boucher, che definisce Jean-Luc Mélenchon «un Hugo Chavez senza petrolio», aggiungendo che il programma del Front de Gauche «è pieno di stupidaggini». «Non c’è niente di serio – continua Le Boucher, – eccetto i sogni. Il salario minimo a 1700 euro, la pensione a sessant’anni, la sanità gratuita al 100%, 800.000 assunzioni nella funzione pubblica. Un sogno!».
E allora, trita liturgia nostalgico-rivoluzionaria o l’inizio di una vera e propria insurrezione civica? La piazza si è svuotata, i dubbi restano, ma questa giornata ha comunque lanciato un segnale chiaro: la sinistra radicale giocherà la sua parte alle prossime elezioni.
Intanto batto sul mio pc lo slogan di Mélenchon, “Riprendiamo la Bastiglia”, e il correttore automatico continua a correggerlo in “Riprendiamo la Pastiglia”. Un semplice caso o è anche lui un fervente sostenitore del voto utile?
Ma andiamo per ordine. Mélenchon è salito sul palco intorno alle 17, e vedendo davanti a sé la “marea rossa” inneggiante alla resistenza – come l’ha definita Le Figaro, – è scoppiato a ridere. Una risata sonora, di gioia, di sorpresa, di tensione. Una risata che confermava la riuscita dell’operazione “Riprendiamo la Bastiglia”: la prova di forza di una sinistra divisa e umiliata dai risultati elettorali degli ultimi anni.
«Ci siamo mancati, ci siamo attesi, ci siamo ritrovati!». Mélenchon ha parlato per circa mezzora, con il suo usuale lirismo da tribuno navigato, esponendo brevemente alcuni punti cardine del suo programma: indipendenza della giustizia garantita dal Parlamento, estensione dei diritti agli omosessuali, diritto all’aborto e all’eutanasia, protezione del pianeta attraverso l’ecologia, ma soprattutto una Costituente paritaria per «la VI Repubblica».
Non sono mancati gli accenni alla Costituzione del 1793 e i riferimenti a Saint-Just e Robespierre, nonché l’invito a dare il via «alla primavera dei popoli», iniziando ad aprire una breccia in Francia attraverso lo scrutinio del 22 aprile e del 6 maggio prossimi.
La piazza ha ascoltato, catturata dal carisma dell’oratore. E in quella piazza domenica non c’erano solo i militanti e gli elettori del Front de Gauche, ma c’era tutta una parte della sinistra che giocoforza voterà per François Hollande – anche in Francia non si sottraggono alla teoria del “voto utile”, – pur sentendosi lontana e in parte non rappresentata dal Partito Socialista e dai verdi.
Cesar, trentenne presente al comizio, dichiarava su Rue89.com: «Voterò per Hollande, anche se Mélenchon mi interessa. Sono sensibile alle sue idee, mi sembrano più ancorate a sinistra. […] Tentenno, ma alla fine credo che favorirò il voto utile». Altri invece, come il sessantenne Yves, che per una vita ha votato PS, voteranno per il Front de Gauche «perché abbiamo bisogno di più pepe!»
Insomma, quello che alcuni elettori di sinistra apprezzano in Mélenchon è la sua verve, il suo parlare franco, senza peli sulla lingua, una dialettica ai limiti del politicamente corretto. E non è un caso se negli ultimi tre mesi i sondaggi sulle intenzioni di voto hanno registrato una crescita costante del candidato del Front de Gauche, che ad oggi è dato all’11% al primo turno.
Ma Jean-Luc Mélenchon, effige onnipresente in questa domenica di piazza, non ha fatto di certo l’unanimità. Il Partito Socialista trema all’idea di un suo exploit, e non ha tardato ad affermare, attraverso la portavoce della campagna di Hollande Delphine Batho, che il PS resta comunque la vera colonna vertebrale della sinistra. Sarkozy in parte gongola per un’eventuale emorragia di voti per i socialisti, mentre una personalità di spicco come Michel Onfray, un tempo sostenitore di Mélenchon, si smarca definitivamente dal candidato del Front ritenendo inconcepibili le sue idee sulla politica estera, in particolare le posizioni su Cuba: Mélenchon non ha mai nascosto di non considerarla una dittatura.
Più aspro invece l’intervento attraverso le colonne di Slate.fr del giornalista Eric Le Boucher, che definisce Jean-Luc Mélenchon «un Hugo Chavez senza petrolio», aggiungendo che il programma del Front de Gauche «è pieno di stupidaggini». «Non c’è niente di serio – continua Le Boucher, – eccetto i sogni. Il salario minimo a 1700 euro, la pensione a sessant’anni, la sanità gratuita al 100%, 800.000 assunzioni nella funzione pubblica. Un sogno!».
E allora, trita liturgia nostalgico-rivoluzionaria o l’inizio di una vera e propria insurrezione civica? La piazza si è svuotata, i dubbi restano, ma questa giornata ha comunque lanciato un segnale chiaro: la sinistra radicale giocherà la sua parte alle prossime elezioni.
Intanto batto sul mio pc lo slogan di Mélenchon, “Riprendiamo la Bastiglia”, e il correttore automatico continua a correggerlo in “Riprendiamo la Pastiglia”. Un semplice caso o è anche lui un fervente sostenitore del voto utile?
di Roberto Lapia , Il Fatto Quotidiano
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