sabato 17 marzo 2012

Mélenchon, il gauchista contro il «voto utile»

Francia, trotzkisti al palo, la verde verso il ritiro

Domani, il giorno dell’anniversario della Comune di Parigi, Jean-Luc Mélenchon, candidato del Front de Gauche, ha convocato i suoi simpatizzanti per una «presa della Bastiglia» versione XXI secolo. L’ex senatore socialista, ex ministro del governo Jospin, è la vera sorpresa della campagna. Nei sondaggi, diventati l’oracolo che dà il ritmo e a cui non nessuno sfugge, Mélenchon ha ormai superato il 10per cento delle intenzioni di voto. Dopo quarant’anni di vita militante, dopo essere uscito dal Ps 2008 per diventare il leader del Front de Gauche, è stato accettato obtorto collo dal Pcf, che per la prima volta dal ’74 non ha un candidato a suo nome. Il Pcf era a terra dopo la presidenziale del 2007 e l’1,9 per cento ottenuto da Marie-George Buffet. Ora i vecchi militanti tornano a sperare con lo slogan “resistenza” e un programma classico di sinistra: tasse drastiche ai ricchi («sopra i 350mila euro, io prendo tutto», afferma Mélenchon, facendo impallidire il 75 per cento di Hollande sopra il milione di euro l’anno), debito pubblico “illegale”, superamento della V Repubblica per una VI Repubblica più democratica, salario minimo a 1700 euro, referendum sulle questioni cruciali, ripristino di veri servizi pubblici in tutti i settori sempre più disertati dallo stato, revisione totale della politica europea, laicità senza falle, una non ben chiara «pianificazione ecologica».
Mélenchon usa un linguaggio immaginativo (Hollande è stato soprannominato «capitano di pedalò» o «Hollandreu», con riferimento al fallimento di Papandreu). Ha grandi capacità oratorie, che ne fanno un cliente perfetto per le trasmissioni elettorali alla tv.Mélenchon è stato accusato, a destra e a sinistra, di fare una campagna “populista” e di essere il contrappeso dell’estrema destra. Nel corso dei mesi ha moderato i toni anti-politici, però il titolo del suo ultimo libro, Chesenevadanotutti (che riprende lo slogan della protesta argentina) è eloquente. Ma, come afferma Hollande, «la campagna di Mélenchon è utile alla sinistra quando va a cercare gli elettori che potrebbero rivolgersi all’estrema destra».
La debolezza di Mélenchon sta in un elettorato anziano (nei sondaggi fa i migliori risultati tra chi ha tra i 50 e i 64 anni, cioè la vecchia base comunista), mentre Marine Le Pen è al 23 per cento tra i diciottenni che votano per la prima volta, molto al di sopra delle intenzioni di voto generali, al 16. Con l’11 per cento promesso, Mélenchon sembra essere riuscito ad unire tutta la sinistra della sinistra, quella che non si è fatta sedurre dall’appello di Hollande a favore del “voto utile” fin dal primo turno. Difatti, alla sinistra della sinistra questa volta c’è il vuoto. L’insegnante NathalieArtaud e l’operaio Philippe Poutou, candidati dei due partiti trotzkisti, Lutte ouvrière e Npa, non decollano e restano intorno all’1 per cento delle intenzioni di voto. I successori di Arlette Laguiller e di Olivier Besancenot non hanno la notorietà e la verve dei loro predecessori.
L’altra sorpresa – in negativo – della campagna è la crisi profonda di Europa Ecologia-I Verdi. Alle primarie, era stata scelta Eva Joly, ex giudice della “manipulite” francese. Joly sta facendo una campagna sui temi classici della sinistra, lasciando l’ecologia un po’ troppo ai margini per il gusto di molti. A poco più di un mese dal primo turno del 22 aprile, viene ventilata l’ipotesi di un ritiro di Eva Joly, a cui i sondaggi non danno più del 2 per cento, con l’obiettivo di non perdere i vantaggi ottenuti presso i socialisti per la formazione delle liste per le legislative di giugno (basati sul 16 per cento delle ultime europee).

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