venerdì 14 settembre 2012

Cofferati: "Chi critica i referendum non mi convince"



Intervista a Sergio Cofferati
di Stefano Galieni

Il nome di Sergio Cofferati resta in Italia fortemente evocativo. Leader della Cgil durante le grandi mobilitazioni per la difesa dell’articolo 18 poi sindaco di Bologna è dal 2009 parlamentare europeo eletto nelle liste del Pd. Ma non ha cambiato opinione ed è entrato a far parte del comitato promotore per l’abrogazione della riforma Fornero dell’articolo 18 e per cancellare l’articolo 8 della finanziaria imposto dal governo Berlusconi e dal suo ministro Sacconi. È rimasto molto colpito dall’asprezza delle critiche alle proposte referendarie.
«La cosa che mi ha più colpito nelle critiche che sto sentendo è relativa al fatto che se ne contesta l’opportunità. Se si pensa che il problema sia unicamente questo si deve avere il coraggio di dire se si vuole ripristinare l’articolo 18 o no e se si hanno problemi con lo strumento referendario. Mi riferisco soprattutto ai partiti, non certo ai cittadini isolati.
Tante critiche ma nessuna proposta di alternativa. Preoccupante poi l’assenza di giudizio di merito sui temi. Significa che allora chi si oppone sostiene queste modifiche. Trattandosi di un tema così delicato non si possono lasciare ambiguità o dubbi».
Attacchi molto forti sono giunti dal tuo partito, dal Pd
«Si e mi lasciano perplesso. Alcuni sono giunti per ragioni che definirei eccentriche. Del tipo che i referendum mettono a rischio la coalizione elettorale e in particolare l’alleanza con Sel. Io però considero un errore usare un tema per condizionarne un altro. E al mio partito mi sento di dire che sull’argomento dei diritti del lavoro serve un atteggiamento diverso. Non c’è solo l’articolo 18 ma anche il tentativo di eliminare l’articolo 8 del governo Berlusconi. In quell’articolo ci sono elementi che stravolgono i destini collettivi, che configurano una idea di rappresentanza diversa da quanto conosciuto finora. Si cancellano diritti collettivi come il contratto nazionale. E colgo una sottovalutazione molto forte anche da parte dei sindacati. Non si rendono conto che lo stesso accordo firmato il 28 giugno, su cui ho tante riserve, non è più applicabile perché modificato e stravolto dalla legge. Consiglierei a tutti costoro, pacatamente di leggersi i testi andando nel merito. Sono persone del calibro di Umberto Romagnoli ad affermare che è stato stravolto un impianto giuslavorista consolidato in interi decenni».
Ma come te lo spieghi l’atteggiamento sindacale che sembra quasi masochista?
«Non me lo so spiegare. In questo modo i sindacati diventano nell’azienda i proprietari dei diritti delle singole persone, insomma una controparte del lavoratore. Mi sarei aspettato una reazione più forte quando l’articolo 8 è passato. Ancora sottovalutano i rischi impliciti in queste normative. Pensano forse che le imprese non le applicheranno e si atterranno all’accordo di giugno. Ma è la legge che supera l’accordo. Confindustria non ha mai detto alle sue aziende di non applicare la legge, sarebbe una esortazione utile ma non certo esaustiva».
Anche l’articolo di Epifani sull’Unità è significativo
«Abbiamo con Epifani posizioni diverse ma c’è una cosa che non capisco. Epifani schierò la Cgil per estendere l’articolo 18 a tutti e oggi considera un errore il suo ripristino. Si tratta di una contraddizione clamorosa. Non vale dire che il referendum divide. Non so cosa sia cambiato e perché oggi si affermino altre cose, registro soltanto questa vistosissima contraddizione».
Pensi che la campagna referendaria possa dare vita ad una nuova rappresentanza politica?
«Per il momento c’è una convergenza di forze attorno ad una posizione importante. Se questo potrà portare a nuovi e diversi rapporti fra le forze politiche lo si vedrà nel tempo».
E ora come intendi partecipare alla campagna referendaria?
«Condividendo tutto quello che c’è da fare. Iniziative per la raccolta delle firme e poi tutta la campagna referendaria. Non intendo fermarmi alla sola adesione ma essere attivo. La raccolta delle firme è importante perché si ripropone il tema su cui si vuole decidere, con molte persone. Sarà prezioso riportare al centro il tema dei diritti. Non riesco ad immaginare quali potranno essere i risultati ma intanto l’importante è partire».

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