lunedì 26 novembre 2012

Da oggi

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Tutto come da copione nelle primarie del centrosinistra; almeno per chi non ha mai sottovalutato Matteo Renzi da Firenze. E' sicuramente presto per avere un quadro esatto di una realtà, quella del centrosinistra, che non sembra offrire grandi certezze. Il titolo giusto da mettere negli articoli di apertura sarebbe "ha vinto Renzi". Il dato saliente del primo turno di queste primarie ci viene consegnato infatti dal consenso conquistato in molte parti dallo stesso sindaco di Firenze.  Il vero vincitore, qualunque sia l'esito finale, è proprio lui. La soddisfazione che traspare dai sorrisi e dalle parole del primo cittadino del capoluogo toscano, è palese, così come le sue affermazioni non possono essere messe in discussione: “Abbiamo fatto la campagna elettorale col due per cento dei segretari provinciali e col tre per cento dei parlamentari, e rischiamo di prendere il quaranta per cento degli elettori di centrosinistra”.
Non ci interessa tesser le lodi (figuriamoci!) di "questo" o "quello", ma semmai ci sembra più opportuno riflettere su alcuni punti che potrebbero giocare un ruolo fondamentale per il futuro; tradotto in soldoni vogliamo dire che, la governabilità interna dello stesso PD è, da oggi, tutta da verificare, e viene da pensare che possa essere anche messa (presto?) in discussione. L'altro dato significativo viene dal risultato ottenuto da Vendola, fermo al 15%. La sinistra in questa coalizione è riuscita ad ottenere una percentuale che nei fatti rappresenta circa un SESTO dei voti complessivi ottenuti dai candidati targati PD. I numeri e le percentuali sono inesorabili, e dimostrano la validità dei dubbi che abbiamo sempre palesato sulle possibilità che la stessa sinistra Vendoliana avrebbe potuto vantare in seno alla stessa coalizione. Se infatti consideriamo le "briciole" andate a Tabacci e Puppato, abbiamo ragione di sostenere che il peso di Vendola, e ovviamente della stessa SEL, non potrà davvero essere condizionante nelle politiche che verranno portate avanti da questo centrosinistra. Lo spostamento del baricentro politico verso destra, si è rivelato significativo. Matteo Renzi ha ben compreso quanto adesso siano importanti i voti della "parte più a sinistra" della stessa coalizione, e si è subito prodigato per "coprirsi il fianco" scoperto. Ecco spuntare improvvisamente la "propaganda" anti-Berlusconi: “Se ci sono io, Berlusconi non torna in campo”. Riconoscergli tempismo e scaltrezza è doveroso, soprattutto per avere ben presente chi potremmo avere di fronte nella tappa di avvicinamento alla tornata elettorale del 2013. Giudizi gratuiti o frettolosi, approssimazioni o facili entusiasmi, sono quanto mai sconsigliabili. La situazione politico-sociale italiana impone cautela e buonsenso, al punto da evidenziare queste riflessioni in modo tale da servire come "spunto" anche per quella parte di sinistra che si è imbarcata nell'avventura di queste primarie con propositi che non hanno poi visto rispettate le attese. C'è molto centrismo in questa coalizione denominata "Italia bene comune", e verso qualunque parte si volga lo sguardo, l'orizzonte non sembra essere favorevole per chi non crede assolutamente nelle politiche neoliberiste, tanto meno in quelle che si richiamano a Monti. Ben altra cosa sarebbe la presa di coscienza della forza che potrebbe assumere la costruzione di un largo fronte unitario che punti alla costituzione di un polo della sinistra alternativa. In calendario sono già preventivati appuntamenti importanti come quello del 1 dicembre con "Cambiare si può", al quale farà seguito quello del 12 con il movimento di De Magistris. Il cantiere è aperto; la prima giornata di primarie ha espresso utili quanto significative indicazioni. Cogliere l'attimo fuggente sarebbe davvero opportuno, oltre che auspicabile.

121126primariedi Alessandro Gilioli
Tralascerei di accodarmi all’entusiasmo per l’affluenza e la giornata di festa: non per snobismo, ma davvero di questo hanno già detto in tanti.
E poi da oggi si fa sul serio: non tanto per decidere il vincitore – su Bersani scommetterei la tredicesima – ma soprattutto per stabilire i rapporti di forza, con tutto quello che ne consegue per il centrosinistra italiano e probabilmente per il governo del Paese. Già dopodomani sera, al faccia a faccia su Raiuno, non credo si respirerà la stessa aria buonista ed ecumenica che abbiamo visto nel confronto a cinque.
Una bozza di rapporti di forza peraltro è già stata definita dal voto di ieri: ad esempio, la vittoria di Renzi in due roccaforti rosse – Toscana e Umbria – lo sdogana definitivamente come parte fondamentale e ineludibile del Pd, piaccia o non piaccia. Per quanto abbia tra i suoi supporter Feltri e la Santanchè, considerarlo ancora un ‘alieno’ o un infiltrato mi pare fuori tempo massimo.
La seconda certezza che emerge dal voto di ieri è la fine della parabola di Vendola.
Due anni fa era considerato il possibile vincitore di eventuali primarie, ormai si è rinsaccato in un ruolo da gregario e portatore d’acqua al mulino piddino che non solo non rende giustizia alla sua storia, ma soprattutto lascia orfana di rappresentanza politica una grande parte di elettorato di sinistra: quella che si sente lontanissima dalla tecnocrazia di Monti, che vorrebbe tagliare le unghie alla finanza e ai rentiers, che non ha timidezze né sui diritti sociali né su quelli civili (matrimonio gay, biotestamento etc), che considera la legalità e l’ambiente priorità e non orpelli.
Ah sì, in quest’ultima area ci sto anch’io – che ieri tra mille dubbi non ho votato – e credo che di questa ricostruzione di rappresentanza ci si dovrà occupare, molto, in Italia, da oggi: Pd o non Pd, Bersani non Bersani, Renzi o non Renzi.

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