Cominciano
a delinearsi le prime misure repressive annunciate dal governo dopo gli
scontri di piazza avvenuti il 14 novembre in varie città italiane. Per
fronteggiare la crisi economica e sociale e camuffare la vertiginosa
caduta di credibilità politica del Governo Monti verranno ulteriormente
inasprite le norme legislative e la gestione dell’ordine pubblico
ispirandosi a quel laboratorio della repressione sociale che nell’ultimo
decennio hanno rappresentato le curve degli stadi.
Il governo teme il conflitto sociale e soprattutto la possibilità di
una saldatura stabile tra le varie componenti della protesta: i
metalmeccanici, i precari, gli studenti, i migranti.
Per questa ragione stanno per essere varati una serie di dispositivi
di natura legislativa e tecnica in grado di consentire un ulteriore giro
di vite repressivo nei confronti del diritto di manifestare e di
esercitare l’attività politica con incisività e visibilità.
Limiti alla libertà individuale di manifestare
Il ministro degli Interni Cancellieri ha annunciato di voler
estendere i daspo, cioè i divieti di accedere alle manifestazioni
sportive, anche alle “manifestazioni pubbliche” e l’arresto in differita
cioè quella norma che consente l'arresto non solo in fragranza di
reato, ma anche il giorno dopo, fino a 48 ore dagli scontri, sulla base
delle immagini registrate.
Con una soluzione del genere saremmo ai vertici dell’afflato
totalitario. Una ragione in più per scendere in piazza nei prossimi
giorni e manifestare con maggiore forza ancora, visto che è proprio
questo diritto ad essere messo definitivamente in discussione.
Dopo i limiti permanenti imposti ai percorsi, l’estensione e
l’istituzionalizzazione di zone rosse attorno ai palazzi della politica,
ora diventa problematica anche la semplice possibilità di manifestare
al di fuori di forme e contenuti sgraditi ai governi di turno.
I daspo verrebbero applicati a chiunque avesse precedenti e denunce
in corso, in sostanza interverrebbero prima del giudizio finale
manifestandosi come una sanzione amministrativa anticipata prim’ancora
che la colpevolezza venisse penalmente accertata.
Un modo per rendere innocui gli oppositori politici.
Caccia al manifestante, arrivano i nuclei mobili di pronto intervento
L’altra misura annunciata riguarda l’introduzione di “presidi mobili
di pronto intervento” sul modello adottato dalla polizia greca per
fronteggiare le imponenti contestazioni che da due anni fanno traballare
il governo.
La scelta di questa nuova strategia sarebbe supportata dalle analisi
realizzate dalla digos e dalla polizia di prevenzione, in cui si parla
di un “sistema parallelo che prescinde da chi ha organizzato la
manifestazione perché si affianca a chi sfila, ma poi persegue altri
obiettivi”.
Dai filmati degli incidenti di Atene e Madrid, i responsabili
dell’ordine pubblico e del contrasto all’eversione avrebbero tratto la
convinzione della “presenza di analogie nella pianificazione degli
attacchi, mirati verso gli obiettivi istituzionali e le forze
dell’ordine”.
Da qui la decisione di ricorrere a piccole pattuglie mobili,
coordinate dall’alto e da osservatori in abiti civili, che non seguono
più il corteo o presidiano staticamente obiettivi sensibili e sbarrano
strade, ma si muovono nel territorio circostante il tragitto della
manifestazione a caccia dei gruppi considerati l’obiettivo da
neutralizzare.
In Grecia i Mat, gruppi speciali antisommossa, applicano una forma di
controguerriglia urbana a bassa intensità che consente di sorprendere
gli avversari con degli agguati e dei raid improvvisi. Avanzano in fila
indiana per poi scattare all’improvviso, spuntano dal nulla per
agguantare i manifestanti isolati o aggredire i gruppetti confusi e
sparpagliati. Si nascondono dietro gli angoli, accovacciati tra le
vetture in sosta e gli arredi urbani.
Anche la loro dotazione personale è speciale, tuta robocop, casco e
maschera antigas, manganello agganciato dietro la schiena, decine di
granate “incapacitanti”, cioè accecanti e assordanti, spray urticanti
compreso i “capsulum”, potenti lancia-polvere di peperoncino che
bruciano i polmoni. Addestrati all’arresto mirato sono in grado di
infilarsi con azioni lampo all’interno del corteo per agguantare uno o
due manifestanti e trascinarli via. Una tecnica già in uso nella polizia
francese fin dalla metà degli anni 90.
Questi nuclei alla fine dei cortei penetravano i gruppi di
manifestanti che si attardavano negli scontri con pattuglie di 5-6
uomini. Due diretti sull’obbiettivo e gli altri intorno a protezione che
si facevano strada a colpi di arti marziali.
L’Italia, come ha ben scritto Salvatore Palidda su il manifesto del
17 novembre 2002, è perfettamente in linea con tutto questo. Da tempo è
in atto un processo di militarizzazione delle polizie che sono
addestrate a muoversi e combattere negli “ambienti urbani” ove occorre
isolare quartieri, edifici, abitazioni. Non a caso sono stati aboliti di
fatto i concorsi per il reclutamento nelle polizie, riservandoli ai
soli militari che hanno fatto la ferma volontaria e quindi esperienze
nelle guerre in Iraq, Balcani, Bosnia, Afghanistan.
Da quando l’Italia si è impegnata a fornire personale nelle guerre
umanitarie, aree militari sono state attrezzate per ricostruire ambienti
urbani e rurali dove si addestrano carabinieri, parà, assaltatori e
bersaglieri che vanno ad operare all’estero, mentre gli stessi reparti
di polizia militare sono addestrati realmente, nell’ambiente
metropolitano, con l’impiego di ordine pubblico quotidiano sul
territorio nazionale e sono gli stessi che operano a guardia di siti di
rilevanza nazionale: cantiere No Tav in val Susa, discariche,
termovalorizzatori ecc.
Di fronte a questo scenario non si può restare in silenzio. Bisogna
dare battaglia contro questa nuova ondata emergenzialista e repressiva
Italo Di Sabato - Osservatorio sulla Repressione
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