lunedì 26 novembre 2012

Primarie senza ritorno di Francesco Piobbichi

Alla fine tutto come previsto, o quasi. Bersani vince ma non convince, Renzi convince ma non vince, Vendola perde ma porta la sua dote di voti per contrattare qualche postazione con i bersaniani nel futuro Governo. Fine delle speranze, dei sogni e delle altre pantomime, si va verso il centro con il consenso popolare. Queste primarie, alle quali hanno votato tre milioni di persone, ci dicono anche altro, che il PD comincia a cambiare pelle e che Renzi rischia di modellare il partito che verrà al di là di come andrà il ballottaggio. Renzi non è arrivato al 40%, ma il fatto che il sindaco di Firenze ha costretto Bersani al doppio turno è significativo, alcuni giornali americani riportano proprio questo dato, quasi a voler dire che Bersani esce indebolito da questo confronto. E ai mercati i premier deboli non piacciono. L'affermazione di Renzi è impressionante nelle regioni in cui l'apparato del PD(s) ha costruito e sedimentato nel tempo un bacino elettorale consistente, ed è paragonabile ad un piccolo Tsunami interno al PD. Una mutazione nella quale Renzi si è giocato abilmente la carta del rottamatore. Una carta valorizzata dal fatto che molti bersaniani di spicco hanno reagito al rottamatore esattamente come questo sperava, con nervosismo e paura. Questa mattina alla radio dicevano che solo il 3% dei deputati del PD ha appoggiato Matteo Renzi, il che vuol che la base la pensa diversamente dal suo vertice. Se è vero che hanno votato milioni di persone, è altrettanto vero che milioni di voti hanno di fatto spostato ulteriormente l'asse del centro sinistra verso il centro. Il voto di massa ad un candidato come Renzi, e milioni di persone che firmano una carta d'intenti che accetta il Fiscal Compact senza battere ciglio fa capire quello che abbiamo davanti a noi. Finite le primarie Bersani e Renzi, dovranno trovare un punto di equilibrio, e non penso che andrà a favore dei lavoratori. Se Renzi ride, Vendola è invece il vero sconfitto politico di questa partita. Firmando la carta d'intenti -che di fatto sottomette SEL ad essere commissariata con il voto a maggioranza nei gruppi parlamentari da parte del PD- Vendola ha sacrificato ogni possibilità di alleanza competitiva. Si è chiuso da solo nella gabbia della subalternità al PD ed ai vincoli esterni. Lo sparigliamento del PD con il quale Vendola ha impostato la sua linea politica  non c'è stato, c'è invece lo sparigliamento dei militanti di SEL che sono oramai costretti a votare Bersani che apre a Casini per non avere Renzi premier. Il PD insomma, con la democrazia delle primarie, è riuscito a neutralizzare e rendere subalterna la sinistra di alternativa, lo ha fatto nel mentre appoggia Monti ed uno dei peggiori governi della storia della repubblica con i movimenti sociali che sono nelle piazze. Le dichiarazioni di voto della Camusso per Bersani, e la chiusura di Sel nel recinto della responsabilità ai mercati ci fanno capire che c'è bisogno di rompere questo schema per provare a riaprire il dibattito sui temi che riguardano la vita di milioni di italiani e di lavoratori. L'appuntamento di “cambiare si può” del primo dicembre a Roma, diventa a questo punto uno snodo fondamentale per ricostruire un polo che non sia subalterno al PD.

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