A un anno dalla scomparsa è uscito, proprio oggi, in
libreria “Alla ricerca di un nuovo comunismo”, raccolta di saggi elaborati nel
corso della sua vita politica da Lucio Magri.
Una raccolta, curata da Luciana Castellina, Famiano
Crucianelli e Aldo Garzia che può ben essere considerata, come potrebbe semplicisticamente
intendersi, un’operazione di testimonianza ma qualcosa, invece, di
profondamente diverso.
Dai saggi che sono stati scelti con grande cura emerge,
infatti, la qualità di una ricerca coerente nell’ispirazione di fondo, continua
nella capacità di aggiornarsi secondo le molteplici vicende che attraversavano
via, via, lo scenario internazionale e italiano, capace sempre di offrire non
solo spunti di riflessione ma agganci concreti alla possibilità di far politica
nell’immediato, provvedendovi non solo attraverso una precisa dimensione “analitica”
ma con un respiro davvero “storico”.
Rileggendo credo si possa smentire (e fare anche un po’ d’autocritica)
l’idea del Magri “eretico”: Magri, soprattutto attraverso l’elaborazione
portata avanti dal gruppo politico nel suo insieme pur nei diversi passaggi dal
“Manifesto” al PdUP fino al rientro nel PCI e alla battaglia “contro” verso lo
scioglimento del partito, ha rappresentato il riferimento di una forte
richiesta di innovazione nella qualità dell’analisi, nella capacità stessa di
affrontare la battaglia politica, di richiesta di una nuova dimensione di
dibattito pur dentro alla forma organizzata di un partito comunista.
Sono tre i saggi contenuti nel volume che credo si possano
ritenere fondamentali ancor oggi per la nostra battaglia e la nostra ricerca di
comunisti, pur non sottovalutando ovviamente la portata degli altri testi: il
primo, “Le novità del neocapitalismo”, pubblicato dalla rivista di Sartre “Le
Temps modernes” nel 1962 ma frutto ampliato della relazione tenuta, nello
stesso anno, al convegno dell’Istituto Gramsci sulla realtà del capitalismo
italiano. Momento decisivo, soprattutto grazie alle relazioni di Lucio e di
Trentin cui fieramente si oppose Amendola da posizioni di conservatorismo di
stampo socialdemocratico, nel corso del quale si delinearono, con Togliatti
ancora vivente, i tratti di un’analisi assolutamente inedita nel PCI di allora
attorno ai nodi che si presentavano in una fase di sviluppo e di mutamento del
ciclo capitalistico, che in Italia aveva assunto caratteristiche particolarmente
tumultuose portando una “nuova” classe operaia, formata in gran parte da
giovani immigrati meridionali, ad affacciarsi sulla scena del sindacato e della
politica.
Il secondo “La qualità nuova della crisi”, il famoso “documento
di Gennaio” (1974) contenente l’analisi assolutamente anticipatrice delle
caratteristiche che avrebbe assunto la crisi del capitalismo a livello
internazionale, in ragione dello “shock” petrolifero. Il documento fu
pubblicato in due puntate dal “Manifesto” e suscitò un’intensissima discussione
anche perché molti, nella nuova sinistra, vi videro una certa venatura “programmista”
e quindi, in una qualche misura “compromissoria”. Si trattò, a mio giudizio
allora come oggi, di un documento di grandissimo spessore analitico e –
soprattutto – direttamente politico, la dimostrazione che nella “nuova sinistra”
di allora si poteva e si doveva essere radicali e coerenti soprattutto nella
capacità di proposta, senza scendere in un deteriore minoritarismo. Un’indicazione,
se mi è permesso scriverlo oggi, recepita – anche dalle nostre parti – con grande
fatica e ritardo.
Infine quello che mi permetto di considerare il passaggio
più delicato della vita politica di Lucio (e quello che, forse, maggiormente lo
tormentava ancora a distanza di anni): la relazione “In nome delle cose” tenuta
al seminario di Arco, laddove si decisero in pratica le sorti dell’area
politica che si era opposto alla liquidazione del PCI proposta da Occhetto.
Quella relazione fu lodata da molti e applicata da nessuno,
Cossutta e Garavini si rivolsero in una direzione, Ingrao nell’altra, e l’assemblea
si sciolse indicando la strada di una divisione risultata esiziale per la vita
della sinistra comunista in Italia.
Sono stato tentato di scrivere che quel giorno – 28 settembre
1990 – decretammo tutti assieme proprio la fine della “sinistra comunista”.
Farei torto però all’eredità politica di Lucio Magri se,
rileggendo i suoi testi, confermassi apoditticamente quell’affermazione: un
patrimonio così alto come quello che abbiamo collettivamente elaborato nel
corso delle temperie del ‘900 non può essersi completamente perduto nelle
novità, che pure abbiamo grande difficoltà a riconoscere, di questo secolo.
Verrebbe voglia di citare Claudio Napoleoni (che di Lucio fu
collaboratore diretto, avendo creato assieme il “Centro per l’Unità della
Sinistra” all’inizio degli anni’80) ed il suo “cercate ancora”.
Questo è il messaggio che vorrei lasciare a voi, compagne e
compagni, in quest’occasione “cercare ancora” riflettendo anche sul titolo del
saggio di Perry Anderson che rappresenta una felice definizione “Un
intellettuale rivoluzionario”.
Mi perdoneranno Luciana, Famiano e Aldo se non entro nel
merito della prefazione e della lunga intervista, che in certo tratti mi ha
perfino commosso, che precede nel testo la lettura dei saggi: l’economia di
questo discorso non me lo ha consentito, ma mi riprometto (per quel poco che
può valere) di tornarci in futuro.
Ho ridotto, titolando questo mio breve intervento, il titolo
del libro riducendolo a quello delle tesi del Manifesto “ Per il comunismo” e
verrebbe propria voglia di aggiungere “ e non per meno”.
Grazie per la vostra attenzione care compagne e cari
compagni
Savona, li 24 novembre 2012 Franco Astengo
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