E’
davvero un peccato che le parole non possano essere usate come concime,
perché il compost di ipocrisie, idiozie, flatus vocis di vergogna e
dichiarazioni rituali che ha suscitato questa ennesima tragedia della
migrazione non può essere usato per fecondare la terra, ma solo per
confondere le menti e trascinare l’etica del discorso, come avrebbe
detto Habermas, verso nuovi traguardi di complicità. Si potrebbe far
notare che il giorno dopo l’ambigua e non decisiva sconfitta di
Berlusconi, il mare e Lampedusa si incaricano di ricordarci che da 11
anni c’è una legge Bossi – Fini, esorcizzata a parole da chi è
attualmente al governo, ma mai cambiata anche quando ce ne sarebbe stata
l’occasione e l’opportunità.
Però si tratta solo di un peccato veniale perché quella normativa
pensata a suo tempo dai luogotenenti di Berlusconi , i diversamente Alba
Dorata del leghismo e dell’ex fascismo, è solo una delle cause
efficienti della nuova tragedia. Le cause reali sono altrove, molto
lontane dal mare e risiedono precisamente nelle filosofie che guidano
l’azione di governo e la ricerca di formulazioni stabili per
realizzarle.
Le migrazioni non avvengono per caso, sono semplicemente un
aspetto particolare della libertà del profitto da ogni vincolo e della
progressiva riduzione del lavoro a servitù della gleba: cercare di
fermarle con trattati, legislazioni, cooperazioni è una pura illusione.
Tutte le volte che viene cancellata una tutela sul lavoro, che si
affossano le pensioni, che si fa scempio della Costituzione in nome
dell’austerità non si fa altro che mettere carburante dentro un
meccanismo di circolazione che ha bisogno dei migranti e dunque dei
sacrifici umani agli dei liberisti.
Prima si massacra il sud del mondo e in particolare l’Africa per
procurarsi materie prime a quattro soldi, appoggiando i più desolanti
regimi tribali o tirannici che rendano possibile la predazione intensiva
del territorio oppure si disgregano i legami sociali per potersi
impadronire di territori strategici o ancora si fanno guerre
“umanitarie” per nome e per conto delle corporation. Così si creano
enormi masse di diseredati e perseguitati la cui unica possibilità è
fuggire. Poi si riciclano queste stesse vittime del profitto ad ogni
costo “importandole” nelle società sviluppate per sfruttare la loro
disperazione e la disponibilità ad essere i nuovi schiavi. Il loro
utilizzo diretto nei cantieri e nei campi è tuttavia solo secondario: lo
scopo finale è quello di ricattare i lavoratori autoctoni
costringendoli a sempre maggiori cedimenti, alla ritirata dalle vecchie
conquiste, alla precarietà e alla guerra tra poveri, mettendo in piedi
un effetto domino che dalle attività meno specializzate arriva via via
sempre più in alto.
Ogni volta che si parla di competitività in questi
termini rozzi e volgari, cioè praticamente ogni giorno, non si fa altro
che sottrarre un fiore dall’immenso cimitero del Mediterraneo. Non si fa
altro che tradire il cinismo e la futilità delle buone intenzioni: come
la denuncia della “globalizzazione dell’indifferenza” che rimane solo
una frase ad effetto o l’ancor più vuoto “stroncare il traffico” tratto
dalla dal vocabolario buroipocrita di stampo quirinalizio.
Non c’è ovviamente bisogno di un ufficio apposito o di un progetto o
di grandi vecchi: basta semplicemente imporre una logica, una visione
del mondo “profit oriented” e gli uomini correranno come topolini nel
dedalo, senza avere alcuna idea di dove vanno. Si può essere
sufficientemente cretini come Alfano che come epitaffio ai 300 morti
nota che questi disgraziati si erano messi in viaggio senza l’iphone,
peccato mortale tra i sedicenti neo moderni o abbastanza confusi da
gridare vergogna senza saper dove dirigere l’invettiva, ma tutti
seguiranno il loro corridoio senza avere una pianta generale del
labirinto. Del resto è questo il segreto dei nuovi tempi: spezzare con
il rumore di fondo la connessione delle cose, permettere solo
correlazioni limitate per impedire uno sguardo d’insieme e la direzione
generale che prendono gli eventi.
Così le tragedie sono sempre orfane: e i loro padri sono impegnati nelle belle e inutili parole delle esequie.
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