La Guardia di Finanza su ordine della procura di Bari, secondo l'inchiesta pubblicata oggi da Repubblica,
ha aperto un’indagine su numerosi docenti universitari che, secondo
l’accusa, in almeno sette facoltà di diritto, avrebbero truccato
concorsi per associati e ordinari. Si tratta di ben 35 professori
universitari tra cui numerosi volti noti del panorama del diritto
italiano. Gente che, in pratica, avrebbe consegnato cattedre importanti
("associato" e "ordinario" sono i livelli più importanti della carriera
docente, se si escludono i capidipartimento e i rettori, che attengono
più all'aspetto gestionale) in base ad accordi reciproco e in virtù di
"scambi" di favori tra di loro.
Erano stati favoriti, in questo, da una "riforma" firmata - manco a
dirlo - da Mariastella Gelmini, che aveva avocato a una "Commissione
nazionale" di sorteggiati all'interno di un albo degli "eccellenti" il
compito di gestire i concorsi per l'assegnazione delle cattegre più
rilevanti. Motivo: sottrarre questo potere "ai baroni" delle singole
università. Ma a quanto pare, la "concentrazione" del potere verso
l'alto non ha attenuato di molto la discrezionalità clientelare di certe
nomine. Che, detto per inciso, concorrono a distruggere quel poco di
credibilità residua dell'istituzione-università in questo paese.
I nomi sono di assoluto rilievo, visto che ben cinque di loro
figuranno nella lista dei "saggi" nominati dal governo Letta - e dal
presidente Giorgio Napolitano - per stilare una "riforma della
Costituzione" tale da garantire istituzioni impermeabili agli interessi e
alla volontà popolare, ma permeabilissime agli ordini provenienti dalla
Troika (Bce, Fmi Unione Europea). Proprio con motivazioni simili, la
professoressa Carlassare aveva declinato l'invito a far parte del
"comitato", mentre Stefano Rodotà ne aveva sottolineato la fortemente
dubbia "costituzionalità".
I denunciati sono accusati di per associazione a delinquere,
corruzione, falso, truffa aggravata. Tra questi ben 5 dei 35 saggi
scelti dal premier Enrico Letta per accompagnare il previsto progetto di
riforma costituzionale: Augusto Barbera (Università di Bologna),
Beniamino Caravita di Toritto (La Sapienza di Roma), Giuseppe De
Vergottini (Università di Bologna), Carmela Salazar (Università di
Reggio Calabria), Lorenza Violini (Università di Milano).
Altri volti noti sono quelli di Francesco Pizzetti (ex Garante per la
privacy chiamato a sostituire Stefano Rodotà) e l’ex ministro per le
Politiche europee Anna Maria Bernini (Pdl). Quella che ancora ieri sera
concionava sulla seconda rete della Rai sul "torto" fatto a Berlusconi
con il parere della Giunta del Senato favorevole alla decadenza.
Vorremmo qui solo ricordare che la stessa nomina di una "commissione
di saggi" per riformare la Costituzione è un atto incostituzionale;
visto che esiste l'art. 138 della Carta che indica le procedure per la
riforma
"Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione [cfr. art. 72 c.4].
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare [cfr. art. 87 c.6] quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata [cfr. artt. 73 c.1, 87 c.5 ], se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti".
Naturalmente il Parlamento può giovarsi di pareri di
costituzionalisti convocati appositamente, per valutare i problemi e le
eventuali soluzioni a proposte di riforma elaborate dai parlamentari. Ma
non è questo il caso. La "Commissione dei saggi" - peraltro scelti dal governo,
non convocati dal Parlamento - ha invece avuto il compito di preparare
un testo "prescrittivo" per poi sottoporlo all'approvazione dei
parlamentari. In pratica, il governo decide quali riforme costituzionali
vanno realizzate, incarica costituzionalisti di sua fiducia perché
redigano un testo nella forma più appropriata per realizzare quelle
indicazioni, e infine il Parlamento - questo, composto di "nominati"
spesso senza la più pallida idea di cosa stiano parlando - approva il
pacchetto a scatola chiusa, con una discussione solo pro forma.
Un "golpetto furbetto", che accomuna sedicenti "centrodestri" e
altrettanto sedicenti "centrosinistri". Non per caso, Augusto Barbera è
da oltre venti anni uno dei più ascoltati costituzionalisti in casa Pd.
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