giovedì 3 aprile 2014

Dal liberismo il rigore finanziario e la fine dell'Europa di Mauro Gallegati

Se la vostra banca vi dicesse che la probabilità che Wall Street perda in un giorno l'8% (cosa avvenuta 48 volte nel secolo scorso) del suo valore è leggermente inferiore a quella che un Tirannosauro vi azzanni mentre portate vostro figlio a giocare al parco, cosa fareste? Dopo aver dato del cretino al direttore, chiudereste il conto. Eppure la teoria economica dominante, quella che guida i nostri governi e la nostra vita, ci dice proprio questo. E non sono solo i nostri depositi a rischiare, investiti (dalle banche per noi) nei bond Parmalat o in quelli argentini o nei titoli Greci: cosa accadrà alle nostre pensioni, se investiti e gestiti nei fondi pensione con questi criteri?
O peggio: quel tipo di economia ha dato alla luce il Fondo Monetario Internazionale e la World Trade Organisation. In particolare, le politiche economiche che i PIGS soffrono nascono dall'economia liberista, da quel fondamentalismo liberista che è all'origine del Washington Consensus e del fiscal compact della Triade.
Il Washington Consensus è quell'accordo tra il Fondo Monetario Internazionale, la World Bank e il Tesoro dell'amministrazione USA, per consigliare le politiche "giuste" ai paesi in via di sviluppo. Liberalizzazione, austerità fiscale e privatizzazione: i tre paletti del Washington Consensus. Da applicare sempre e dovunque.
E infatti danni li ha prodotti indipendentemente dal luogo, in modo quindi assai democratico: dal Sud America alla Russia, dall'Asia emergente all'Africa all'Europa. Esistono dunque grandi organizzazioni internazionali, indipendenti dai governi e dalle multinazionali. Grandi dispensatrici di soldi, purché alle loro condizioni: se non fate come diciamo noi, niente finanziamenti. Consigli semplici, ma di buon senso, bisogna ammettere. Tipo: volete stabilizzare il valore della vostra moneta anche se acquistate all'estero più di quanto vendiate? Semplice: alzate i tassi di interesse. Così dall'estero arriveranno soldi. Ma nei paesi che hanno seguito i consigli del FMI le imprese fallivano a tutto spiano. Forse si sono dimenticati che se i tassi di interesse aumentano le imprese con dei debiti dovranno restituire più soldi alle banche. E possono fallire. Del resto la teoria economica che ispira l'operato del WTO e del FMI è quella del liberismo estremo, per la quale le bancarotte non esistono. Una teoria secondo la quale i disoccupati sono persone che preferiscono non lavorare, che anziché andare in ufficio guardano il carving, o, se africano, preferiscono morire di fame piuttosto che andare in fabbrica. Anche da noi però c'è gente che tra i due supplizi, preferisce una lenta consunzione a ore di carving.
Può sembrare incredibile, ma ad una teoria simile nel 2004 hanno assegnato il premio Nobel, a Ed Prescott. Una decisione che ha spinto molti scienziati a proporre l'abolizione del Nobel in economia. Secondo Prescott, e la maggioranza degli economisti ortodossi, uno si sveglia la mattina e si sintonizza immediatamente su Bloomberg-tv. Vede che il tasso di interesse è più alto di quello che dovrebbe essere, secondo lui, e decide di lavorare meno ore. Che tanto i soldi in banca gli rendono di più. Perché fa così? dicono loro, sta "ottimizzando". Ma sei hai un diploma da geometra, preso con fatica a 36 anni, che vuoi ottimizzare? Invece di andare al lavoro, torni a letto. Cosa ottimizzi? Dov'è che è possible scegliere un lavoro che ti permette di scegliere quante ore lavorare? A parte il professore universitario.
Per la Triade ed il Washington Consensus esiste un solo modello di crescita: quello liberista. Ma non può essere così. Quando i Paesi Europei Occidentale e gli Usa si son sviluppati, erano i primi. Non avevano come concorrenti dei giganti. Non era, com'è ora, una sfida tra il negozio de "Giggetto, frutta e verdura" e la Del Monte. Se non siete Prescott, sapete già come andrà a finire.
Non c'è una ricetta buona per tutto. Ad esempio secondo Krugman e Stiglitz, l'economia non ha leggi immutabili, ma è un sistema che si autorganizza, che cambia nel tempo. Che non è naturale per nulla. Il commercio tra paesi del 1820, quando Ricardo formulò il principio del vantaggio di scambiare le merci senza dazi, non prevedeva l'esistenza di 200 multinazionali che producono 1/4 del PIL mondiale. Ai tempi di Ricardo il divario di reddito tra paesi ricchi e paesi poveri era di 2 a 1; oggi è di 80 a 1. E ci son regolarità che si chiamano leggi di potenza e dicono che più sei ricco più diventi ricco. E se sei povero ti va già bene se povero resti. Ma le leggi di potenza si hanno se non c'è equilibrio tra domanda e offerta, se l'economia non è la soluzione migliore possibile, quella che garantisce il benessere per tutti. Se Totti e Del Piero muovono redditi pari al PIL di un medio paese africano, qualcosa che non funziona deve pur esserci. Se un barile di petrolio costa 80$, qualcosa non va. Ma se un barile di Coca-Cola di $ ne costa 350, beh allora molto non va.
Quel che pare possibile fare è riconoscere che la crisi è una crisi da domanda e che non possiamo curarla con gli stessi strumenti che l'hanno provocata. Se la crisi è da domanda, occorre investire (e se la congiuntura è sfavorevole, solo lo Stato può farlo) ed aumentare il moltiplicatore, redistribuendo il reddito a favore dei più poveri.

Segui Mauro Gallegati su Twitter: www.twitter.com/mgallegati

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