"A
pochi giorni dal referendum sull’accordo del 3 dicembre, la vertenza
AST continua ad essere interessata da nuovi, gravi sviluppi." Si apre
così il comunicato del PRC di Terni rispetto alla vicenda delle
acciaierie ternane. Per Rifondazione " I lavoratori e la città intera
continuano a subire la “politica delle mance” adottata da Thyssen-Krupp
per conseguire i suoi obiettivi di riduzione dell’organico, che
compromettono irreversibilmente la possibilità di raggiungere i livelli
produttivi minimi funzionali ad assicurare il mantenimento del ciclo
integrato delle produzioni. Sembra siano, ad oggi, quasi 400 i
lavoratori che hanno accettato volontariamente di lasciare l’AST. Il
pericolo della dismissione, che i lavoratori, con una lotta iniziata al
momento della presentazione del Piano della Morselli il 17 luglio,
avevano tentato di scongiurare, si ripresenta adesso con la medesima,
devastante portata di allora. Non abbiamo avuto i licenziamenti, ma
abbiamo ugualmente perso posti di lavoro, redditi, competenze e
professionalità, dentro AST come tra le ditte terze. Ed eventuali,
ipotetici, futuri recuperi sul piano occupazionale, avverranno nelle
forme previste dal nuovo Jobs Act del Governo Renzi, rendendo
definitivamente precaria ogni ipotesi di riequilibrio produttivo e
gettando alla mercé del ricatto padronale l’intera forza lavoro." Il PRC
di Terni è duro anche con i sindacati locali, CGIL CISL UIL che hanno
dimostrato una passività acuita dall’accettazione della buonuscita e
della mobilità volontaria da parte di alcuni sindacalisti locali, alla
quale si unisce "la volontà manifesta del Governo e delle Istituzioni
regionali e locali di far calare il silenzio su una battaglia divenuta,
nei mesi scorsi, l’interprete principale del conflitto sociale diffuso
nel Paese. Un silenzio funzionale ad una gestione consociativa del
riassetto organizzativo della fabbrica. I primi a pagarne le conseguenze
sono proprio quei lavoratori e quei delegati sindacali che si sono
caricati sulle spalle il peso maggiore della vertenza e delle lotte e
che ora sono disarmati nel contrastare l’emorragia di posti di lavoro,
visto che anche i loro vertici sindacali hanno usufruito dei benefici
della mobilità incentivata. A fronte del pieno dispiegarsi della
strategia di Thyssen Krupp - continua ancora la nota del PRC ternano - è
ancora più inaccettabile l’ostracismo dimostrato da istituzioni e
sindacati confederali locali nei confronti di ogni ipotesi di intervento
pubblico sull’AST, proprio mentre le altre due maggiori vertenze
siderurgiche italiane, dell’ILVA di Taranto e della Lucchini di
Piombino, hanno avuto nell’iniziativa pubblica un fattore decisivo,
benché ancora largamente inadeguato, nella ridefinizione degli assetti
proprietari. Parimenti, è inaccettabile il ritardo accumulato nel
riconoscimento dello stato di crisi industriale complessa per l’area di
Terni e Narni. A quattro mesi dall’approvazione della richiesta da parte
del Consiglio regionale, non si ha notizia dell’istanza che la Giunta
regionale dovrebbe avanzare al Ministero, nonostante le iniziative
avanzate per raccordare, in un progetto unitario di riqualificazione,
tanto le molteplici realtà produttive, a partire da quelle siderurgiche e
chimiche, quanto le relative problematiche ambientali. Rifondazione
Comunista di Terni, nel denunciare la situazione creatasi e nel ritenere
indispensabile la cessazione degli incentivi alla mobilità volontaria
all’AST, ribadisce l’urgenza di un intervento sistemico sulla crisi
economica, industriale, ambientale e sociale che continua a colpire il
nostro territorio. Le forze vive presenti nella città, insieme a quelle
che si stanno già autorganizzando, nella fabbrica come nella città, si
uniscano nell’avanzare una proposta unitaria per salvare quello che
altri hanno deciso di sacrificare.
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