venerdì 2 gennaio 2015

I soldi pubblici alla BreBemi sono un furto a danno dei cittadini

Brebemi, dal governo Renzi 300 milioni di euro all'autostrada "costruita con i soldi dei privati"

I conti dell’opera che collega Milano e Brescia stavano saltando: troppo poco traffico rispetto alle (rosee) previsioni del progetto. E Legambiente denuncia: "La Ue boccerà questo aiuto di Stato"
Brebemi, dal governo Renzi 300 milioni di euro all'autostrada "costruita con i soldi dei privati"E alla fine la Brebemi ce l’ha fatta. Dopo neanche sei mesi di vita, quella che davanti al premier Matteo Renzi era stata battezzata come “la prima autostrada costruita interamente con i soldi dei privati” riceverà un aiuto di Stato da 300 milioni di euro. I conti dell’opera che collega Milano con Brescia — autostrada praticamente parallela alla A4 — stavano saltando: troppo poco traffico rispetto alle (rosee) previsioni sulle quali era stato messo su l’intero progetto. Così il governo, attraverso la legge di stabilità 2015, ha messo sul piatto il maxi contributo pubblico che verrà stanziato “a rate”: per la società concessionaria arriveranno 20 milioni di euro all’anno dal 2017 al 2031.

L’intervento pubblico non è finito qui, perché prima di Natale la Regione Lombardia, nella sua finanziaria, aveva approvato il riequilibrio del piano economico della Brebemi-A35 attraverso un contributo da 60 milioni da versare in tre anni, dal 2015 al 2017. A detta di Dario Balotta (Legambiente) «questo sostegno economico, in tutto 360 milioni, provocherà la reazione dei commissari europei del mercato interno e della concorrenza esponendoci a una nuova sanzione comunitaria». Quando era stata pensata, l’autostrada lunga 62 chilometri doveva costare 800 milioni di euro. Il conto si è rivelato assai più salato: 2,439 miliardi di euro, interessi compresi. Trentotto milioni di euro a chilometro.
La società di progetto (composta da banche con Intesa in primis, costruttori come Gavio, camere di commercio, società autostradali, comuni e province del territorio) aveva puntato tutto su una concessione ventennale e relativi introiti del pedaggio e con un ipotetico guadagno dalla vendita alla fine del periodo. Le stime per rientrare almeno dai costi erano di 40mila transiti nei primi sei mesi, 60mila dal gennaio 2015. E invece i numeri, impietosi, hanno detto altro: meno di 20mila accessi giornalieri, e per di più limitati a una sola parte del tracciato. Non è un caso se nei mesi scorsi i bandi per aprire le due stazioni di servizio previste sono andati deserti.

L’altro mito da sfatare era la natura stessa dell’arteria: il “project financing” si è basato soprattutto sulle casse pubbliche. Degli 1,818 miliardi di euro di prestiti avuti dai privati per la costruzione, 820 erano arrivati dalla Cassa depositi e prestiti (cioè il ministero dell’Economia) e 700 dalla Banca europea investimenti (cioè gli Stati della Ue, ma era stata la Sace spa a fare da garante, che a sua volta è in mano alla Cassa depositi e prestiti, cioè sempre il ministero dell’Economia).

Sui nuovi aiuti — stavolta sotto forma di soldi cash — nei giorni scorsi avevano
litigato il governatore lombardo Roberto Maroni e il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, con quest’ultimo che di fronte alle richieste di aiuto del governatore aveva ribadito come «il punto di partenza è il project financing, il quale non doveva chiedere nulla allo Stato». Schermaglie che si sono risolte con l’emendamento “Fondo interconnessione tratte autostradali”: l’autostrada dei privati per ora è salva. Grazie ai soldi pubblici.

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