lunedì 5 ottobre 2015

Volare, oh oh

Volare, oh oh
di Enrico Campofreda
Allons enfants… et voilà il manager, pur scortato, deve darsela a gambe, e volare, volare oltre la rete divisoria, tenuto per le chiappe dai guardiaspalle che non possono guardargliele più di fronte a centinaia di lavoratori urticanti, incazzati per i previsti licenziamenti. Duemilanovecento. Dopo i precedenti duemilaequattro, cinquemilaefischia, duemilaottocento, considerati non persone ma numeri su numeri, che quelli come Xavier - i tagliatori di teste (predecessori dell’Isis) - hanno falcidiato e continuano a colpire per assecondare una fede: il fondamentalismo del capitale. Necessario per quadrare i profitti di certe aziende che teorizzano di conservarli all’infinito anche in tempo di crisi, puntando a farla pagare solo a chi lavora. Che però non ci sta: rilancia la propria rabbia sul manager usurpatore in un luddistico e liberatorio inseguimento che è solo simulacro d’un linciaggio, ma mette il fiatone. Issato sul bordo della cancellata che lo salva, il descamisado monsieur Broseta, respira a fondo e smaltisce la paura, pensa d’averla scampata bella e incamera il totale sostegno di quella politica che per il ruolo ricoperto deve oggettivamente scandalizzarsi del gesto ribelle, ma mai si scandalizza di gettare via coi licenziamenti le vite di migliaia di famiglie.
Ovviamente il troppo focoso manipolo che ha placcato e lacerato la chemise del capo del personale Air France, quasi che fosse un’ala avversaria inglese o degli All Blacks, viene stigmatizzato da taluni sindacalisti e da colleghi che si distinguono per metodi e stile. Lo stesso fronte di protesta ha varie voci, quelle di ben pagati piloti, non sono le stesse di altro personale, perciò la Compagnìa avrà modo di condurre trattative vantaggiose per sé. Ma qui evidenziamo l’unica situazione che intimorisce chi ha tutto il potere contrattuale (il manager) e può collocare in prima pagina proteste altrimenti archiviate come routinario dissenso sui piani aziendali: il gesto clamoroso. L’arrampicata sulla ciminiera, il seppellimento in miniera, l’occupazione di fabbriche ormai dismesse e mai più operative, azioni di rottura come lo straccio di giacca, camicia e cravatta. Roba datata, da cattivoni fuori tempo massimo? Forse. Ma i tempi che si vivono, con l’economia strozzata a danno dei soli lavoratori (chiunque essi siano piloti, hostess o scaricatori dei nastri) più le normative azzeratrici di diritti e tutele, necessitano anche di questi atti d’accusa. Ricordando a chi vive la contraddizione del lavoro salariato che la lotta è ricerca di futuro, la camicia inamidata certezza d’un presente aziendale tragicamente licenzioso.

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