venerdì 26 settembre 2014

Renzi, il Corriere e il Salotto dei Cento di Alessandro Gilioli

Ora: è vero che Ferruccio De Bortoli è già stato licenziato (uscita prevista in primavera) quindi potrebbe anche fottersene dei suoi azionisti. Ma in effetti è difficile non vedere che qualcosa è cambiato, negli ultimi due mesi, nei cosiddetti poteri forti. O, se preferite meno complottismo, nei salotti in cui si incrociano grossi imprenditori, banchieri e proprietari dei media. Categorie che peraltro in Italia sono intrecciatissime e complessivamente composte, a star larghi, da un centinaio di persone.
Un centinaio di persone che, sia chiaro, seppure con interessi simili non sempre hanno un’anima e una voce sola, né hanno sempre strategie chiarissime. Ricordo bene il sospetto e le divisioni con cui accolsero Berlusconi, vent’anni fa, dopo aver puntato tutto su Giorgio La Malfa o almeno Mariotto Segni. Poi quasi tutti si adeguarono, lo abbracciarono, marciarono con lui: fino a mollarlo bruscamente nel 2011, terrorizzati fra l’altro che dal berlusconismo si uscisse bruscamente con Vendola premier – questi erano i sondaggi, allora, e questo dicevano le primarie e le elezioni amministrative di quell’anno – e allora dal cappello spuntò Monti.
Dopo il flop di Monti (non solo elettorale), si sono attaccati a Enrico Letta, «ultima spiaggia», pure lui sgonfiatosi però in pochi mesi.
Poi, si sa, è seguito l’innamoramento per Renzi. Che univa al dinamismo e alla trasversale popolarità anche il vantaggio di provenire da un partito di sinistra, o almeno sedicente tale: e da sempre i nocchieri dell’economia sanno che solo un governo “di sinistra” può fare riforme di destra senza scatenare la piazza.
Di qui la soffocante unanimità con cui i media (quasi tutti ) hanno accolto ed esaltato Renzi nei primi sei mesi di governo. Un coro che ha un solo precedente, almeno nella mia memoria: il periodo della “solidarietà nazionale”, tra la fine dei ‘70 e l’inizio degli ‘80 (oddio, erano stati imbarazzanti anche i peana iniziali per il governo Monti, ma almeno lì, ogni tanto, lo bastonavano i berlusconiani offesi per lo spodestamento).
Negli ultimi due mesi, però, è successo qualcosa: già si annusava prima, l’editoriale del Corrierone ne è solo la conferma.
E’ successo, probabilmente, che il Salotto dei cento – per capirci – ha iniziato a incrinarsi. A dividersi. Tra chi ancora decisamente punta su Renzi: come ad esempio Marchionne; e chi invece pensa che il premier sia una bolla di blabla destinata a scoppiare lasciando ignoto e macerie, ma anche violenti conflitti sociali per loro tutt’altro che auspicabili.
Qui, a occhio, siamo.
Per questo credo che sia un po’ naif, con permesso, considerare oggi Renzi un eroe su cavallo bianco che sfida i poteri forti: semplicemente, una parte di questi ultimi teme, dopo aver puntato tanto su di lui, che non riesca a mettere in atto i loro propositi, che sia solo chiacchiere e distintivo, che produca solo disastri; quindi questa parte sogna la Troika, o qualcosa di simile. Mentre un’altra parte continua a “endorsarlo”, sperando che porti a termine senza troppe bizze ciò a cui loro puntano.
E tifare per l’una o per l’altra curva di questo salotto, credo, sarebbe ugualmente sciocco, per chi ha invece il dovere e l’urgenza di costruire progetti e possibilità diverse tanto da Renzi quanto dalla Troika. Perché, sia chiaro, il Salotto dei cento è certo influente ma non è una Spectre onnipotente né è il motore immobile dell’universo: come invece piace pensare a chi con questo alibi giustifica la propria rassegnazione.

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