Il sistema educativo cubano
è il migliore dell’area latinoamericana e dei Caraibi. Non lo afferma
qualche polveroso bollettino veterocomunista ma l’istituzione guida del
neoliberismo internazionale, la Banca mondiale. Secondo un recente rapporto dell’istituzione
in questione, Cuba possiede un corpo docente di alta qualità e presenta
parametri elevati, un forte talento accademico, retribuzioni adeguate
ed elevata autonomia professionale, al pari di Paesi rinomati in questo
senso a livello mondiale, come Finlandia, Singapore, Cina (in
particolare la regione di Shanghai), Corea, Svizzera, Paesi Bassi e
Canada.
Già in precedenza, peraltro, sempre il Banco mondiale
aveva sottolineato, in un altri suoi rapporti, il riconoscimento
internazionale attribuito a Cuba per i suoi successi nei campi
dell’educazione e della salute, ottenuti grazie a un sistema di servizi
pubblici che supera il livello presente nella maggiore parte dei Paesi
in via di sviluppo e in alcuni settori è comparabile a quello dei Paesi
sviluppati. E che fin dalla rivoluzione del 1959 è stato creato un
sistema che permette l’accesso universale alla salute e all’educazione.
Un modello che ha permesso a Cuba di raggiungere l’alfabetizzazione
generale, sradicare determinate malattie, garantire l’accesso all’acqua
potabile e la salute pubblica di base, con bassi livelli di mortalità
infantile e alta speranza di vita, con un costante miglioramento degli
indicatori sociali dal 1960 al 1980 e un ulteriore miglioramento dei
tassi di mortalità infantile e speranza di vita negli anni Novanta. La
Banca mondiale osservava come le prestazioni dei servizi sociali a Cuba
siano fra le migliori del mondo in via di sviluppo,
come documentato del resto da fonti di varie organizzazioni
internazionali come l’Organizzazione mondiale della salute, il Programma
delle Nazioni Unite per lo sviluppo e altre agenzie delle Nazioni
Unite.
Non male, specie per un Paese sottoposto da oltre cinquanta anni a un
blocco economico e a continui attentati e atti di terrorismo da parte
della massima potenza mondiale. Non è del resto casuale che metodologie,
expertise e risorse umane cubane siano attivamente presenti in
tutta l’America Latina e in tutto il mondo, nel settore in questione
come in altri, specie la sanità. Va d’altronde considerato come il Paese
dedichi all’insegnamento il 13% del proprio bilancio nazionale. Si pensi che in Italia, nel 2008, la percentuale dedicata al tema raggiungeva il 4,6%, mentre in anni più recenti la spesa è stata ulteriormente tagliata, come notato dalla stessa Unione europea.
Nonostante
i vacui blablabla di Renzi, non inferiore da questo punto di vista ai
suoi predecessori, la situazione permane estremamente deplorevole anzi
si aggrava ogni giorno di più, da tutti i punti di vista: dall’edilizia scolastica al precariato dei docenti,
dagli strumenti didattici a disposizione alla dispersione scolastica. E
non bastano certo i più o meno oxoniani anglicismi del nostro governo a
colmare lacune sostanziali.
Vero è peraltro che in una società come la nostra, la paideia, l’educazione dei giovani, non è in mano alla scuola, ma molto di più, a una televisione di pessima qualità e a social media
dove si trova di tutto e il suo contrario. Senza contare i miti che
vanno per la maggiore nell’immaginario collettivo anche giovanile e i
valori di riferimento che sono più che altro denaro, violenza e
individualismo sfrenato. In molti casi i modelli educativi e di vita
sono rappresentati dai capi della criminalità, Belluscone docet.
Del
tutto relativo, pertanto, si rivela il concetto di Paese in via di
sviluppo e di Paese sviluppato. Potremmo dire, che grazie ai tagli di
spesa imposti dall’Unione europea e alle fallimentari e liquidatorie
politiche perseguite da una classe politica di semianalfabeti, da
Gelmini in poi, il nostro Paese si stia decisamente avviando verso il
sottosviluppo, mentre Cuba si conferma un Paese di sviluppo le cui success stories indicano a molti altri Paesi quale deve essere la via da seguire.
Per non parlare dell’impegno di Cuba sul fronte della salute,
non solo per sé ma per tutto il pianeta. Mentre da noi alcuni blaterano
in modo insensato di chiusura delle frontiere per bloccare i virus,
Cuba, raccogliendo il plauso delle Nazioni Unite, ha inviato 165 medici e infermieri in Africa per combattere il virus dell’Ebola.
Potremmo
proporre un cambiamento, sia pure temporaneo, trasferendo l’attuale
ministro dell’educazione cubano nel nostro governo e inviando la
Giannini a imparare qualcosa all’Avana. Più difficile risulterebbe lo
scambio fra Renzi e Raul, si teme fortemente che il nostro, dopo qualche
giorno di chiacchiere a vuoto, sarebbe destituito e mandato a tagliare
la canna da zucchero a tempo indeterminato. E senza gelato, beninteso.
Ma visto che ci siamo potremmo mandare a Cuba in rieducazione
grandissima parte della nostra classe politica e imprenditoriale.
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