Altro
che discorsi programmatici, fumisterie, battute, bugie e senati di
salvezza giudiziaria : il Paese è in caduta libera, come ormai tutti i
dati evidenziano, come viviamo sulla nostra pelle: il Pil cala ancora,
la produzione industriale crolla, il debito cresce e la domanda
aggregata sprofonda mettendoci in mano i due nefasti tarocchi di
recessione e deflazione, mentre l’unica preoccupazione del governo è
quella di stare nei parametri, come se questo avesse un significato
economico e non fosse solo l’esoso prezzo da pagare all’unione
monetaria. “L’Italia è morta” si fa sapere da Mediobanca a meno che
Draghi non riesca a lanciare una bomba nucleare. “L’Italia sarà
costretta a uscire dall’euro” rintocca la Die Welt dopo l’uscita dei
drammatici dati Ocse.
Ma ogni azione volta alla ricostruzione del Paese dalle sue
fondamenta, come ormai è necessario, può cominciare solo dall’abbandono
della strada imboccata fin dall’inizio della crisi prima con la residua
futilità berlusconiana, poi con i governi di stretta osservanza Ue e
liberista. Il progetto Napolitano misto di feticismo europeista, di
liberismo economico e di tentazioni oligarchiche nascoste sotto il velo
della governabilità è completamente fallito. Attaccarsi a Renzi come fa
la classe dirigente, in un estremo tentativo di gattopardismo, per
conservare il proprio modello deviante, gli assi di potere, le nicchie
di rendita e l’umiliazione del lavoro non significa tenersi ancorati
all’ultima spiaggia, ma annegare..
Era sembrata una buona idea quella di salvare le elezioni europee
sostituendo il perdente ectoplasma Letta con il giovane saltapicchio
mediatico di Rignano: certo personaggio inconsistente appena spente le
telecamere e proprio per questo facile creta per Berlino che lo aveva
voluto e spinto. Ma la ripresa e la crescita ormai imminenti, come da
segreto di Fatima liberista, lo avrebbero tenuto sulla cresta
dell’onda dell’opinione pubblica e avrebbero reso più facile il compito
di trasformarci nella Magna Grecia. Ossia in una Grecia più grande,
fossilizzando il sistema politico con una legge elettorale
anticostituzionale, precarizzando definitivamente il lavoro, abbattendo
il welfare, svendendo le poche cose rimaste, dando in pasto alle
multinazionali i beni comuni. Bastava completare l’opera di ventennale
disgregazione dello stato sociale e del sistema dei diritti, facendo
finta di essere un innovatore, imbastendo qualche farsa come quella
degli 80 euro, cianciando tronfio su Twitter e nei talk show.
Non è andata così: le ricette erano sbagliate come persino l’Fmi oggi
riconosce, la moneta era sbagliata, l’Europa costruita dalle elite e
dalle lobby era sbagliata, gli interessi perseguiti non erano quelli del
Paese, ma di altri, un errore colossale svendere la sovranità a
organismi sostanzialmente di mercato come era nelle intenzioni dei
centri finanziari. Invece di gettare il peso del Paese nel cercare di
mutare il main stream del declino quando ancora si poteva, ci si è
assoggettati mani e piedi allo stesso per mancanza di vitalità politica,
stroncata dal berlusconismo e dall’anti berlusconismo come metadone
delle idee. Ora ci verrà detto che le cose vanno male perché non abbiamo
fatto abbastanza massacri, non abbiamo svenduto abbastanza il futuro e
la dignità. Ma l’unica maniera di uscirne è proprio quella di estirpare
alla radice il modello Napolitano, cominciando a denudare il guappo che
per ultimo nel tempo se ne è fatto interprete e maggiordomo. Prima di
essere denudati noi.
Nessun commento:
Posta un commento
Di la tua