venerdì 10 ottobre 2014

La resistenza di Terni —  Riccardo Chiari, Il Manifesto

Thyssen. La multinazionale tedesca abbandona il tavolo e licenzia 537 operai del siderurgico umbro. Immediato lo sciopero. Anche la città in corteo. I sindacati accusano la debole mediazione del governo sulla trattativa. Susanna Camusso: il premier è rimasto a guardare
In rispo­sta alle 537 pro­ce­dure di licen­zia­mento, fatte par­tire da Thys­sen Krupp subito dopo l’annunciato fal­li­mento di una trat­ta­tiva mai nata al mini­stero dello svi­luppo eco­no­mico, gli ope­rai dell’Ast entrano com­patti in scio­pero per l’intera gior­nata. Mezza Terni li accom­pa­gna in cor­teo lungo la città, dalla pre­fet­tura al pre­si­dio di massa sui binari della sta­zione per bloc­care il traf­fico fer­ro­via­rio, fino alla sede del Pd locale e a palazzo Spada, cuore della poli­tica ter­nana. Nel men­tre il governo non trova di meglio che accu­sare i sin­da­cati. Col­pe­voli anche loro, rei di aver fatto fal­lire «una media­zione che aveva pro­fon­da­mente cam­biato – parole testuali della mini­stra Fede­rica Guidi – il piano indu­striale di Ast».
Il cam­bia­mento era stato così costrut­tivo da essere stato boc­ciato con­giun­ta­mente da Fiom, Fim, Uilm, Ugl e Fismic. «Nel testo pro­po­sto dal governo – sin­te­tizza Mario Ghini della Uilm — non sono state accolte le nostre richie­ste, in par­ti­co­lare sul costo del lavoro e sul numero degli esu­beri. Inac­cet­ta­bile la clau­sola che pre­vede già da ora il licen­zia­mento dell’eventuale resi­duo esu­bero dopo i 24 mesi di Cigs. E anche sui volumi pro­dut­tivi e gli inve­sti­menti si è con­ti­nuato a far rife­ri­mento al piano del 17 luglio, che lo stesso governo aveva rite­nuto non condivisibile».
Anche la Cgil vuol rispon­dere nel merito alla pre­sunta «media­zione» del governo: «Una pro­ter­via mai vista prima, come quella dimo­strata da Thys­sen Krupp, ha impe­dito la ricerca di ogni solu­zione. D’altra parte, l’assenza nella pro­po­sta del governo di qual­siasi misura di poli­tica indu­striale, a par­tire dalla ridu­zione dei costi dell’energia, che aiu­tasse a sbloc­care la situa­zione, ha reso ste­rile la media­zione e ha por­tato all’inevitabile fal­li­mento». Esem­pli­fica Susanna Camusso: «Il vero limite dell’intervento del governo è quello di non aver svolto un ruolo che, inter­ve­nendo con le poli­ti­che indu­striali, per­met­tesse un punto di sin­tesi. Invece si è limi­tato a guardare».
Guarda e si dice «pre­oc­cu­pato» Mat­teo Renzi, che ora non sa che dire e la prende lar­ghis­sima: «Ci sono tre mesi davanti per discu­tere. Le parti sono ancora troppo lon­tane ma con­ti­nuiamo a lavo­rarci con Del­rio e Guidi». E con i forni fusori spenti e le pro­ce­dure di licen­zia­mento in corso, per met­tere a pro­prio agio i lavo­ra­tori. In realtà dalle parti del Pd l’unico ad azzar­dare una solu­zione è Gian­luca Rossi, capo­gruppo in com­mis­sione finanze a palazzo Madama. «Con­ti­nuo a rite­nere stra­te­gico un impe­gno con­giunto del governo e della com­mis­sione Ue, per garan­tire un’adeguata tran­si­zione fina­liz­zata al pas­sag­gio di pro­prietà di Ast, indi­pen­den­te­mente dalle dichia­ra­zioni in senso con­tra­rio fatte da essa stessa. Solo così potremo garan­tirle un futuro certo e ade­guati livelli occu­pa­zio­nali». Tra­du­zione: dob­biamo lavo­rare per togliere di mano Ast a Thys­sen Krupp. Magari per farla tor­nare nelle brac­cia più acco­glienti dei fin­lan­desi di Outo­kompu, che l’avevano com­prata ma l’hanno dovuta ren­dere ai tede­schi per­ché la Ue aveva san­zio­nato un «abuso da posi­zione dominante».
Su que­sto aspetto però c’è da regi­strare lo scet­ti­ci­smo di Marco Ben­ti­vo­gli della Fim Cisl, con­vinto che almeno fino al 2020 Thys­sen Krupp resterà a Terni. Men­tre Atti­lio Roma­nelli della Cgil locale dà voce alle spe­ranze di tanti lavo­ra­tori: «Quanto soste­nuto dall’azienda pre­oc­cupa, il loro piano non è stato accolto per­ché è distrut­tivo per la fab­brica. Da oggi comin­cia una nuova fase, che deve pre­ve­dere l’uscita di Ast dalla Thys­sen Krupp». Quanto agli ope­rai, le voci rac­colte sui binari con­fer­mano il gra­di­mento all’uscita della mul­ti­na­zio­nale: «Thys­sen Krupp non ha un inte­resse indu­striale sull’inox e gli acciai spe­ciali — ragiona ad esem­pio Ales­san­dro Ange­letti – quindi il governo dovrebbe impe­gnarsi a tro­vare acqui­renti. Ma se penso che ci hanno pre­sen­tato la mini­stra Guidi come esperta di poli­ti­che indu­striali, allora non si va lontano».
All’ora di cena i binari della sta­zione ven­gono libe­rati dai mani­fe­stanti, che con­ti­nuano la pro­te­sta alle por­ti­ne­rie dello sta­bi­li­mento. Lo scio­pero andrà avanti fino alle 14 di oggi. Ma sarà solo il primo di una serie di mobi­li­ta­zioni: «Fra gli obiet­tivi – anti­cipa Clau­dio Cipolla, segre­ta­rio della Fiom – c’è quello di arri­vare alla pre­si­denza del con­si­glio, orga­niz­zare uno scio­pero cit­ta­dino, e una ini­zia­tiva nazio­nale sulla siderurgia».

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